La seconda vita dei nostri abiti
Il 74% degli italiani si dichiara interessato alla moda sostenibile, senza alcuna differenza tra le diverse generazioni. Al contempo, l’impatto della moda in termini di inquinamento è ancora sottovalutato: soltanto l’11% lo considera uno dei settori più inquinanti.
Interessante è però Il mercato degli abiti di “seconda mano” che risulta in sensibile crescita. Usato, riusato, riparato, riciclato, la sensibilità ai temi dell’ambiente e la ricerca del risparmio spingono sempre più gli italiani a dare una seconda vita agli abiti. Sono alcuni dei dati dell’indagine “Second hand, first choice?“ di IPSOS per Confesercenti, che ha indagato il fenomeno del second hand e il concetto di moda sostenibile in Italia.
Il concetto di moda circolare, che il 31% degli intervistati dichiara di conoscere, è associato principalmente ai suoi aspetti più fattivi e creativi di recupero, riadattamento e riciclo. Infatti, il fashion – benché coinvolga principalmente leve emozionali e si connetta con l’autostima e il desiderio di autorappresentazione delle persone – ha in sé anche una natura concreta e tangibile: la moda si tocca, si sperimenta, si vive. È fondamentale quindi che le campagne di comunicazione raccontino progetti reali, per non rappresentare un potenziale boomerang.
Un’azione che coinvolge direttamente i consumatori è quella della vendita dei propri capi usati. Il mercato del second hand, in particolare, comprende sia la vendita sia lo scambio e, secondo il sondaggio Ipsos, ha come attore principale la GenZ (la generazione dei nativi digitali, nati tra il 1997 e il 2012), al primo posto tra le generazioni per percentuale di acquirenti, 26%, e di venditori (10%). Inoltre, dall’indagine emerge che il 29% degli intervistati dichiara di essere attivo nella vendita dei propri capi di abbigliamento, mentre una percentuale più alta (47%) si dedica esclusivamente all’acquisto. La maggior parte degli acquisti riguarda abbigliamento generico (72%) e borse (27%) e per il 63% riguarda marchi non di lusso, rispetto ai marchi di lusso (37%). I negozi fisici, i mercatini e le fiere rimangono i canali di acquisto preferiti (79%), rispetto agli acquisti online (39%) e alle piattaforme come Vinted (31%). Il primo motivo che fa protendere all’acquisto di un indumento second hand è il risparmio economico (69%), mentre, ciò che maggiormente blocca è un pregiudizio sull’igiene (55%). Senza trascurare il fatto che non di rado chi vende il proprio usato ha la necessità di liberarsi da oggetti che non si usano più per fare spazio e ordine.
Anche le riparazioni guadagnano terreno: il 34% del campione nell’ultimo anno ha portato sempre (8%) o spesso (26%) i propri capi di abbigliamento a riparare invece di comprarli nuovi, mentre il 52% lo ha fatto qualche volta (35%) o raramente (17%): solo il 14% afferma di non averlo fatto mai. Una tendenza confermata dal ritorno delle sartorie, che tornano ad aumentare, con un incremento di oltre il 4% tra il 2014 ed il 2024. Una crescita guidata soprattutto dagli imprenditori stranieri (+52%). Tra le nuove abitudini dei consumatori, si afferma sempre di più anche la ricerca di capi prodotti con materiali riciclati: il 24% afferma di averli acquistati sempre o spesso, il 55% qualche volta o raramente nell’ultimo anno.
Al boom dell’usato si contrappone però l’andamento negativo delle vendite di fine stagione. In occasione dei saldi estivi, nella maggior parte delle regioni italiane, il 61,9% delle piccole imprese della distribuzione moda ha registrato vendite inferiori rispetto allo scorso anno, mentre solo il 27,9% segnala una performance stabile e appena il 10,2% in crescita.
In generale, il sondaggio mostra un fruitore del second hand interessato a evitare sprechi (54%), desideroso di dare nuova vita e storia ai propri abiti (46%) e a guadagnare dalla vendita di un capo usato (28%). Un consumatore che, però, non sa ancora dove comprare second hand (21%), incerto sulle sue scelte (20%) e preoccupato per il fitting del capo usato (19%). Insomma, il second hand per gli italiani non è più una seconda scelta, si vanno superando i pregiudizi e le diffidenze verso gli abiti (e, in generale, un po’ verso tutti gli oggetti) di seconda mano e si è fieri della scelta di dare una seconda vita ai nostri capi d’abbigliamento. Una scelta che diventa anzi smart e da rivendicare.
Qui per scaricare il rapporto IPSOS: https://www.ipsos.com/sites/default/files/ct/news/documents/2024-07/Second%20Hand%20first%20choice_presentation%20speech_final%201%20%282%29.pdf.
Lasciare un commento
Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina
Se non sei registrato puoi farlo qui
Sostieni la Fondazione AgoraVox