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 Home page > Attualità > Economia > La “ricetta Draghi” e lo stato del travaso di debito

La “ricetta Draghi” e lo stato del travaso di debito

Ricordate l’ormai famoso editoriale di Mario Draghi sul Financial Times, all’inizio dell’incubo pandemico globale? Cosa è accaduto, da allora, rispetto ai precetti suggeriti dall’ex presidente della Bce, e cosa potrebbe accadere o non accadere?

Il punto centrale di Draghi era questo:

La perdita di reddito subita dal settore privato, ed il debito raccolto per colmare la differenza, devono alla fine essere assorbiti, in tutto o in parte, dai bilanci degli stati. Livelli di debito pubblico molto più elevati diverranno una caratteristica permanente delle nostre economie e saranno accompagnati da cancellazione di debito privato.

Come sta andando? Per ora direi che siamo nella fase di rigonfiamento del debito privato, a parte limitate sovvenzioni pubbliche a fondo perduto. Ma arriveremo, e come, a quella del “travaso” da debito privato a debito pubblico, preconizzata da Draghi? E come? E che accadrà ai debiti pubblici?

Oggi, ad esempio, il tema è tornato di stretta attualità con i commenti del Segretario Generale dell’Ocse, Angel Gurria, che ha parlato del debito come “piombo nelle ali” di una ripresa che, quando arriverà, difficilmente sarà a forma di V. Il tutto partendo da uno stock di debito globale già storicamente molto elevato. “Penso sarà più a forma di U. La chiave di tutto sarà accorciare la parte bassa della U”.

Altri problemi sorgeranno poi dalla accentuazione della deglobalizzazione in atto, con fenomeni di reshoring, cioè di rimpatrio di segmenti d produzione. Tale movimento sarà spinto dalla necessità di evitare contraccolpi protezionistici.

Ma torniamo al debito. Che potrebbe accadere, in giro per il mondo? Intanto, che ci aspettiamo che il debito privato migri a debito pubblico piuttosto rapidamente, perché molte aziende semplicemente non saranno in grado di ripagare il debito, e faranno scattare la garanzia pubblica dove prevista e fornita.

Prendiamo il caso italiano. Un elevato volume di garanzie pubbliche fornite nella disperata speranza che non debbano essere attivate. Ma se accadesse? Nei casi di imprese di maggiori dimensioni, il primo riflesso sarà quello mettere il piede pubblico nel capitale privato, magari nascondendosi dietro alte e solenni formule del tipo “stato imprenditore”. E qui poco da dire se non il vaticinio “un giorno, tutte queste macerie saranno vostre”, rivolto ai contribuenti italiani.

Per le imprese di dimensioni minori, si può prevedere trasformazione del credito in sovvenzione pubblica. Molte chiuderanno comunque, altre verrano infiltrate dalla criminalità organizzata, che ha imponenti capitali da riciclare. Ovviamente, questo discorso vale anche per le imprese di dimensioni maggiori, che tuttavia sono maggiormente sotto i riflettori e quindi potrebbero essere più difficili da “scalare”.

A parte queste considerazioni, resta il tema di fondo: esplosione di debito, privato e pubblico. Che fare? Sarà un problema solo italiano? Ovviamente no, anche se noi abbiamo una elevata probabilità di essere travolti per primi dal debito, magari dopo una futile resistenza a colpi di imposte patrimoniali. Per non parlare della più che probabile lacerazione del tessuto sociale, vedi alla voce criminalità organizzata come nuovo welfare ed illegalità di massa come ultimo tentativo di sussistenza.

Il post si conclude qui perché non ho risposte né soluzioni ma volevo solo illustrare uno scenario più che probabile. Posso eventualmente immaginare forti pressioni e torsioni sulle banche centrali per “accomodare” tale debito senza causare disordini monetari o più propriamente caos. Quello che sorgerebbe in ipotesi di cancellazione esplicita del debito da parte delle banche centrali. Perché le finzioni contano, e in materia monetaria contano moltissimo. Oppure una esplosione inflazionistica che annichilisca il valore reale del debito. La storia dirà.

Foto: PxHere

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