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La nuova guida clientelare per italioti votanti

Vedere Renzi illustrare la “buona scuola” alla lavagna con i gessetti colorati è stato illuminante. Lo sciupatello è tanto ardito quanto egocentrico. L’impresa era disperata, e lui è riuscito a renderla anche ridicola. Era un po’ come se la buonanima dell’avvocato Agnelli si fosse messo alla lavagna ad esporre le sinuose linee della Duna.

La tornata elettorale del 31 maggio muoverà più di venti milioni di elettori e Matteo gradirebbe non perder voti. E qui la genialiata! Il nostro, di sua sponte, decide di fare un video nei panni di un maestrino saccente nel quale spiega una pessima riforma della scuola a una massa di deficienti. Che ideona! Ci avrà riflettuto sopra un venti secondi buoni mentre giocava a “Candy Crush” o ad “Accoppa il Civati!” E così si sciorinano cifre buttate a caso e la cultura umanistica diventa, per esigenza di sintesi e tanta ignoranza, “umanista”!

La minchiata è ovviamente tutta farina del suo sacco; un qualsiasi “spin doctor” si sarebbe suicidato dopo aver dato una dritta del genere a Renzi, a meno che non fosse stato perniciosamente assoldato da D’Alema.

Insomma, dal richiamo dell’antirabbica saltato per Grillo alle canzoni di Razzi, dalle felpe incatramate di Salvini, passando per le dichiarazioni Alfano sino ai video di Renzi, possiamo serenamente giungere ad una scorante ed ineluttabile conclusione: siamo rappresentati da cerebrolesi a piede libero inspiegabilmente giunti al potere. Nei palazzi del potere è sempre la giornata mondiale del lobotomizzato.

E tutti questi soggetti ce li ritroveremo anche nelle amministrazioni locali.

Saranno loro a rappresentarci sia a livello nazionale che regionale. Non c’è che dire, una botta di culo senza precedenti!

In Italia, dopo la Dc e il Psi e dopo il Berlusconismo, abbiamo allegramente inaugurato la stagione politica degli scemi del villaggio. Oggi il peggio non ci insegue più, no! orgogliosamente e a testa alta ci precede… e non certo di un’incollatura!

Ma Matteo Renzi ha anche un’altra freccia nella faretra in plastica masticabile del suo arco a ventose della Chicco. E questa arma letale siamo noi; o meglio, noi intesi come corpo elettorale.

L’Italia non è mai stato un paese elettoralmente credibile. Noi siamo rimasti intimamente latifondisti e tendiamo a considerare il voto come una moneta di scambio e non come la libera espressione di un diritto fondamentale. Così ci troviamo spesso a predicar bene e a razzolar male.

In fondo nel segreto dell’urna chi ci vede? E se l’amico dell’amico dell’aspirante sindaco, governatore o consigliere palazzinaro inquisiti per corruzione o associazione a delinquere, ci promette un permesso per parcheggiare nelle strisce per gli invalidi, un contratto precario trimestrale nell’ufficio postale del paesino o il condono per la villetta a mare, perché non dargli il voto? In fondo il motto nazionale, come scriveva Longanesi, è: “Ho famiglia”. 

Da tempo immemore i conti non sono mai tornati. Il partito della pagnotta è stato da sempre la forza trasversale e incolore più influente del paese. Che ora si chiami Pd è solo un temporaneo e deleterio accidente.

Durante il berlusconismo – ad esempio – nessuno aveva l’ardire di dichiarare in giro di votare il cavaliere; non si trovava un palese elettore di Berlusconi neanche lasciando “mazzette esca” fuori dai Circoli delle Libertà, eppure il suo circo delle oscenità vinceva puntualmente le elezioni, anche aiutato da una legge elettorale truffa ora perfezionata a puntino da Renzi.

In definitiva, l’unica vera eccezione elettorale degli ultimi trent’anni è consistita nel Movimento 5 stelle, forza emersa esclusivamente grazie a una desolante assenza di alternative, e puntualmente minata dall’interno dai suoi stessi fondatori. Ma anche questa curiosa e pittoresca novità è stata presto emarginata da un sistema che fa del continuo “ungere” la sua più efficace e costosissima peculiarità.

A Renzi dunque interessano poco le schede del Pd strappate, e ancor meno la perdita dell’ elettorato tradizionale della sinistra, da sempre perdente oltretutto.

Certo, rinunciare ad esempio ai voti degli insegnanti  (anche se questo dato sarà tutto da verificare) lo amareggia, il ducetto alla finicchiona tende per natura a gradire più l’unanimità che la maggioranza, ma di certo saprà accontentarsi. Ora ha dalla sua parte la vera forza politica italiana, quella clientelare. Quella maggioranza silenziosa, ctonia e tradizionalmente crumira che in pubblico grida in piazza ma che nell’urna intasca la pagnotta.

 

Immagine: Giusepe La Micela

Questo articolo è stato pubblicato qui

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