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La nuova Banca dei BRICS tra speranze e scetticismo

Le crisi economiche sono dolorose occasioni di rinnovamento, poiché costringono i soggetti coinvolti a cercare nuovi assetti e nuovi modelli cui fare riferimento per il futuro. Lo scorso 15 luglio la città di Fortaleza, in Brasile, è stata teatro di un evento che potrebbe avere ripercussioni profonde sul sistema economico internazionale, ridefinendone gli assetti e gli equilibri. Le economie emergenti appartenenti al cosiddetto gruppo dei BRICS (Brasile, Russia, Cina, India e Sud Africa) hanno dato vita alla NDB, una "Nuova Banca di sviluppo” a gestione comune, dotata di un capitale iniziale di 100 miliardi di dollari. La banca nasce con lo scopo di sostenere progetti di sviluppo infrastrutturali, disporre finanziamenti a livello internazionale e garantire supporto economico, in tempo di crisi, ai paesi in difficoltà, al fine di scongiurare la fuga di capitali verso altri hub finanziari.

La NDB si basa idealmente sul principio di parità tra i membri fondatori, ma la differenza di peso specifico tra l’economia leader del gruppo, la Cina, e la cenerentola sudafricana, ultima nella graduatoria del PIL, si esprime in un rapporto di 24 a 1. Di fatto, la struttura della neonata banca di sviluppo è il prodotto di un negoziato complesso e riflette gli rapporti di forza interni al gruppo dei cinque.

Il summit dell’annuncio è stato ospitato dal Brasile, la sede centrale è stata assegnata a Shanghai, fulcro economico della nuova Cina, mentre il Sud Africa accoglierà gli uffici di una base regionale. Il primo Presidente di turno sarà un indiano, affiancato da un Consiglio di Amministrazione presieduto dal Brasile e costituito dai ministri delle finanze dei cinque paesi fondatori; il Consiglio dei Governatori avrà invece guida russa. Le ambizioni economiche si intrecciano inevitabilmente con quelle politiche. Nel documento congiunto si ribadisce, infatti, il sostegno alle ambizioni di India e Brasile, che vorrebbero entrare a far parte del ristrettissimo club dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, dove già siedono Cina e Russia.

A cosa serviranno i 100 miliardi di dollari messi sul piatto della NDB? 50 miliardi costituiranno un fondo di garanzia, quel che rimane potrà essere utilizzato fin da subito per investimenti a breve e medio termine su progetti di sviluppo e per l’emissione di prestiti a lungo termine. Il capitale potrà anche servire a puntellare le economie dei paesi in crisi, nel caso si verifichino ulteriori emergenze sul fronte monetario. Ma, da un punto di vista più generale, la "potenza di fuoco" messa a disposizione della nuova banca darà la possibilità ai paesi del sud del mondo di emanciparsi dalle politiche imposte, per decenni, dalle organizzazioni economiche internazionali nate con la conferenza di Bretton Woods del 1944.

Il FMI e la Banca Mondiale, espressioni fondamentali del consensus economico e finanziario post-bellico, fondato sulla supremazia del dollaro come valuta di scambio internazionale, potrebbero essere ora affiancate da un terzo polo. Si tratterebbe di una novità importante, benché al momento sia difficile valutarne le conseguenze. È certo però che le istituzioni di Bretton Woods si sono dimostrate incapaci di prevedere la crisi del 2008 e di proporre soluzioni efficaci per il suo superamento; tali mancanze hanno generato un vuoto di credibilità che potrebbe essere riempito dalla nuova organizzazione finanziaria internazionale, in una fase cruciale che vede il volume degli scambi tra i paesi del sud del mondo superare, per la prima volta, quello tra nord e sud. La Banca di Sviluppo dei BRICS potrebbe attirare nuovi capitali e divenire un centro di aggregazione finanziario alternativo ai poli tradizionali. E in futuro, i paesi colpiti dalla crisi economica potrebbero decidere di rivolgersi alla NDB, piuttosto che adottare le ricette proposte dal FMI, circondate da sempre maggiore scetticismo. Questo, almeno, è l’auspicio dei fondatori.

La posta in gioco è la governance globale dell’economia e, sul breve termine, il ridimensionamento del raggio d’azione delle istituzioni fino ad oggi dominanti. La partita si gioca in un momento cruciale della stagione; su un altro campo continua infatti il confronto per riformare il sistema delle quote interne al FMI. Al moment i BRICS rappresentano il 24% dell’economia mondiale, ma detengono solamente il 10% delle quote di voto. Nonostante alcune resistenze, i BRICS sembrerebbero destinati a rafforzare il proprio potere decisionale all’interno dell’organismo. La nascita della NDB potrebbe però determinare uno spostamento del baricentro dell’economia internazionale tale da relativizzare l’importanza delle trattative in corso.

Ma in ballo, se possibile, c’è qualcosa di ancora più importante: la supremazia del dollaro americano come valuta di riferimento a livello internazionale. Se è vero che l’Euro non è riuscito, in oltre dieci anni, a scalfire in modo significativo il potere del biglietto verde, è altrettanto vero che lo Yuan cinese si prepara da tempo a sferrare la sua offensiva. E la Nuova Banca di Sviluppo potrebbe diventare la sua trincea.

Come ci ricorda Les Echos nelle sue pagine finanziarie, esiste sempre uno scarto temporale tra il momento in cui una potenza acquisisce una posizione di leadership a livello economico e quello in cui riesce ad affermare la propria supremazia anche sul fronte monetario. L’economia degli Stati Uniti ha superato quella inglese nel 1872 ma ci sono voluti altri 73 anni e gli accordi di Bretton Woods per riuscire ad imporre la leadership del dollaro. Secondo gli esperti ci vorranno almeno altri 15 anni perché il PIL cinese superi quello americano ma, in previsione dell’inevitabile, molte banche asiatiche hanno cominciato ad aumentare le loro riserve di Yuan. Per ora si tratta di spostamenti poco più che simbolici, dal momento che la valuta cinese non rappresenta che l’1% delle riserve mondiali (e pesa negativamente l’elevata politicizzazione della valuta, deprezzata per favorire le esportazioni e il mercato interno), ma oggi i cambiamenti avvengono più velocemente rispetto a 100 anni fa.

Di certo la Nuova Banca di Sviluppo, al di là delle dichiarazioni formali, privilegerà l’uso dello Yuan e contribuirà a rafforzarne il ruolo, soprattutto a livello regionale. Il dollaro, al contrario, avrà un peso marginale nelle operazioni condotte dalla banca.

Resta ora da vedere se il nuovo soggetto creato dai BRICS avrà la capacità di operare efficacemente. I cinque dovranno dimostrare di poter superare le loro differenze e di saper gestire gli inevitabili disaccordi, se non vorranno far naufragare il progetto o ridurlo ad una mero contenitore di buoni propositi. Il problema maggiore è rappresentato dalla disparità di dimensioni tra l’economia cinese e quella dei suoi partner, con il PIL della prima superiore alla somma dei prodotti interni degli altri quattro. La posizione dominante del gigante asiatico rischia di rendere ogni tentativo di coordinamento estremamente macchinoso e di generare frizioni con i partner dell’iniziativa. Già in passato, in più di un’occasione, Russia, India, Brasile e Sud Africa hanno manifestato irritazione per le politiche monetarie ed economiche messe in campo da Pechino, soprattutto in riferimento alla svalutazione della valuta cinese. E non mancano, anche oggi, dispute commerciali tra i diversi membri del gruppo.

In definitiva, come spiega molto bene un articolo di Scroll.in, i BRICS al momento hanno poco in comune, sia sul fronte politico che su quello economico. Li attende una sfida complessa: consolidare una piattaforma operativa comune, a partire dal documento che ha sancito la nascita della Nuova Banca di Sviluppo. Dovranno dimostrare che i tempi sono effettivamente maturi per un riequilibrio dell’economia mondiale, tra un nord in difficoltà ed un sud in costante crescita.

 

Foto:  Global Panorama, Flickr

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.68) 24 luglio 2014 13:22

    Il fmi nacque per ridurre gli scompensi import export e mantenere un livello di benessere tr tutti. Poi siccome ci circolano palate di danari è divenuto il braccio armato della troika e della globalizzazione dello sfruttamento del lavoro. Ovviamente dove circola denaro non ci sono stinchi di santo ma dopo quello che hanno combinato fmi e banca mondiale in sud est asiatico ed ora in Europa (per non parlare dell’ ordine mondiale di corrotti parassiti miliardari) ben venga un terzo polo.


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