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La mia storia di "non-madre" precaria

Se una donna ha un figlio dopo i 35 anni, nella maggior parte dei casi è dovuto alla precarietà, ma c’è anche chi accusa questa generazione di egoismo e dice che la precarietà è solo una scusa.

Pubblichiamo la testimonianza di una lettrice del blog, Anna, una “non-madre” di 31 anni

 

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“Mi chiamo Anna, ho 31 anni, quasi 32, e non ho figli. Sono fidanzata da molto tempo con un ragazzo emiliano che, per lavoro e per amore, si è trasferito qui in Sardegna. Ci sposeremo nel 2015 e non prima per evitare di gravare sulle nostre famiglie, con l’obiettivo di pagare il matrimonio (ristrettissimo) da soli.

Io non lavoro, o meglio, lavoro come freelance. Essere freelance nel mio caso vuol dire che lavoro un mese sì e tre mesi no, quindi con i soldi di quel mese di lavoro devo riuscire a mantenermi per un’intera stagione.

Siamo grandi e vaccinati, come direbbero le nostre nonne, e sicuramente pronti ad avere un figlio ma purtroppo non ce lo possiamo permettere, ergo non lo programmiamo. Ho amiche e conoscenti della mia età che, nonostante la mancanza di lavoro, hanno deciso comunque di ascoltare il loro orologio biologico e di mettere al mondo un essere umano. Non giudico la loro scelta, ma non la condivido. E non mi bastano le solite frasi fatte di chi dice "un figlio ti riempie la vita, in qualche modo lo camperemo", perché un bambino ha necessità di tutto: amore, senza dubbio, ma anche latte in polvere, pannolini, cremine per gli arrossamenti, omogeneizzati, vestitini e mille altre cose. Se non posso permettermi di soddisfare le sue esigenze come posso pensare di avere un figlio?

Cinicamente mi viene da pensare che spesso l’egoismo femminile di quelle donne che vogliono essere madri ad ogni costo annebbi la loro ragione. Poi sono le stesse che chiedono a gran voce aiuti comunali perché non riescono a dare da mangiare ai lor figli e lamentano ogni tipo di mancanza.

Ma non sarebbe stato più onesto pensarci prima? Un bambino non è un giocattolo, è un essere umano che ha dei diritti (anche quello alla felicità!) e delle necessità che non possono essere delegate ad altri se non ai genitori che, volontariamente, hanno deciso di farlo nascere.

Non c’è cosa che più desideriamo al mondo! Vorremmo un figlio, ma non possiamo. Speriamo, in un futuro prossimo, di potere trasformare in realtà questo nostro sogno. Lo speriamo davvero.”

Vuoi raccontarci la tua storia? SCRIVICI

a cura di Marco Nurra

 

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