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La manovra finanziaria e la questione morale

La manovra non ha convinto i mercati, la borsa continua ad andare giù. I differenziali dei nostri titoli con quelli tedeschi continuano a salire. Ci sono stati segnali di ripresa ma sono aggiustamenti tecnici e non indici di cambiamento di rotta. Ma chi o che cosa non ha convinto gli investitori? Non hanno convinto le disposizioni finanziarie ed economiche, il governo che l’ha emanate o addirittura tutta la classe dirigente del nostro Paese?

Un Presidente del Consiglio invischiato in mille indagini eppure lasciato sul suo trono, un ministro dell’economia collegato a soggetti sotto indagine per affari poco chiari e cosi anche uno dei maggiori esponenti dell’opposizione; non sono fattori propriamente rassicuranti per i mercati. E del resto da Papa a Penati, da Tedesco a Milanese, i fatti criminosi che investano la politica sono all’ordine del giorno. E non è questione degli ultimi giorni, delle ultime settimane è da tempo che si procede in questo senso.

E allora quale affidabilità può avere una classe dirigente investita da una questione morale senza precedenti?

E questo è un primo dato certo ma in sufficiente a spiegare un attacco cosi massiccio della speculazione, ad un’economia che è pur sempre la terza in Europa. Il nostro Paese ha specifiche responsabilità che non sono solo il debito pubblico o la mancata crescita.

La nostra debolezza specifica è l’assenza della politica frutto della questione morale.

Dunque una crisi morale determina ed alimenta l’attacco speculativo contro il nostro Paese ma ciò che rende la crisi irreversibile agli occhi degli investitori è che essa non può essere circoscritta a singoli fatti criminosi o episodi corruttivi o a singoli fatti di disinteresse rispetto all’interesse pubblico. Non sono i singoli fatti quelli che chiariscono la natura, e la portata della questione morale nel nostro Paese.

C’è un virus che ha infettato i partiti e questo virus si chiama affarismo, imperniato sulla costruzione delle condizioni per agevolare gli affari per la cricca e della sua impunità.

Quando la gestione della cosa pubblica è solo l’occasione per costruire un reticolo di facilitazioni e di impunita per le cricche affaristiche o della casta, quale spazio può trovare la politica?

Quando affari ed impunita vengono tradotte in norme e in un’attività parlamentare, l’affare e la deroga alle regole si fa legge, allora l’interesse personale privato entra nella politica per farla fuori.

Non c’è politica quando i parlamentari impegnati nella difesa dei loro privilegi e della loro impunita,si allontanano dalla gente e dai loro problemi.

L’interesse privato taglia fuori l’interesse pubblico e determinando un vuoto pesante della politica che investe governo, maggioranza ed opposizione non colmato neppure dall’attività di supplenza di Napolitano rispetto al Governo.

E se la politica è assente e la classe dirigente inaffidabile, vuol dire che non c’è volontà o capacità di governare, e volontà o capacità di fare l’opposizione. E tutto ciò rende debole il Paese e lo espone ad attacchi speculativi.

E allora elezioni subito, è questa l’unica speranza per un Paese che sta andando a rotoli. Se la politica è assente e l’intera classe politica è inaffidabile, occorre subito recuperare la prima e rilegittimare la seconda.  Nuovo sangue, nuova linfa nel circuito politico se vogliamo sopravvivere.

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