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La libertà di stampa

«Credo che esista ancora una libertà di stampa. La verità è che non esiste una stampa libera». Antonio Pennacchi, recente vincitore del premio "Strega".

La libertà di stampa

Tanti anni orsono il vostro reporter lavorava nel settore dei lavori pubblici. Era l’epoca della corruzione craxiana, quando il leader socialista aveva promosso la democratizzazione della tangente, estesa a tutti gli aspetti possibili ed immaginabili della vita pubblica. Le imprese avevano fior di funzionari addetti alle relazioni con le altre imprese; e, nei loro continui giochi fuori-scena, si decideva l’assegnazione della quasi totalità dei lavori. Gli ambiti erano diversi (quelli nazionali, quelli regionali e quelli locali; per la tipologia “A” di lavoro, per quella “B” e per quella “C”; e così via); ma tutti avevano in comune due cose, e precisamente le dazioni di denaro al politico di turno e la falsa competizione fra le imprese.

 

Perché non dovrebbe accadere qualcosa di simile fra le varie aziende editrici? E’ pensabile che le varie testate giornalistiche non si tengano in contatto fra di loro nell’ambito specifico di attività? Ed esistono o meno i giochi border line più o meno sporchi? Fatti come la vicenda Dino Boffo, sono fatti di ordinaria amministrazione? Gli editti bulgari sono vicende da dimenticare perché insignificanti?

Queste domande si accentuano su contesti locali, dove la libertà di informazione della Tele Vigata dei romanzi di Camilleri è una vera e propria chimera, il frutto della sfrenata fantasia dello scrittore siciliano. Nel dare la notizia del caso del professore Parmaliana di Terme Vigliatore in provincia di Messina e del suo suicidio a seguito delle iniziative di una Magistratura sventurata che avevano posto il bavaglio alla sua vox, un noto settimanale ha sciorinato le sentenze con cui era stato condannato a pagare rilevanti somme, statuite con metodo equitativo, a seguito di procedimenti per diffamazione. Sul caso Parmaliana è poi sceso un silenzio di tomba e nessuno giornale se ne è più occupato.

A tutti i livelli, la fantasia non manca agli uomini del potere, irritati da quella che Hirschman chiama vox : la loro reazione, almeno nel nostro Paese, è quella di farla tacere in ogni modo, questa fastidiosa vox. Un noto uomo politico ha recentemente sostenuto il suo buon diritto a contrastare l’informazione perché, a suo dire, i giornali fanno disinformazione. Forse qualcuno dovrebbe spiegargli che al cittadino non garba affatto che qualcuno gli dica quello che deve o non deve leggere perché sa benissimo distinguere il vero, dal meno vero e dal falso; e che si offende da morire se qualcuno mette in discussione la sua intelligenza.

Oggi abbiamo uno Stato sprecono ed indebitato fino al collo che eroga servizi da terzo mondo; abbiamo un sistema giudiziario che decide in tempi biblici e che, spesso e volentieri, condanna gli innocenti ed assolve i colpevoli; abbiamo un sistema di selezione della classe politica di tipo clientelare e corrotto; insomma, le nostre Istituzioni non funzionano. E la casta al potere non intende affatto sentirselo dire. Per questo nel nostro Paese, dove la libertà di stampa è prevista nella Costituzione, la stampa libera è in gravissimo pericolo, anzi è in via di estinzione. Un uomo di cultura come Antonio Pennacchi lo ha visto con la stessa naturalezza con cui si beve un bicchiere d’acqua. Gliene siamo grati. E, sino a che al vostro reporter sarà consentito, continuerà a scrivere su AgoraVox Italia.

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