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La guerra di interpretazioni e la fine dell’informazione

“Non esistono fatti, ma solo interpretazioni”, disse il filosofo Friedrich Nietzsche. Un'espressione, la sua, non propriamente campata in aria se analizziamo la realtà mediatica moderna, dove prevale una guerra di interpretazioni che non tiene conto dei fatti. Dai talk show ai social network, passando per giornali e telegiornali, è tutto un marasma di opinioni divergenti, del tipo “so tutto io”, anche se chi esprime la sua opinione non conosce realmente i fatti.

La ricerca spasmodica dei like e dell’audience fa il resto, spingendo coloro che ne sono affamati a puntare sulla quantità piuttosto che sulla qualità. Si tende a pubblicare quante più notizie possibili senza approfondire i fatti, proponendo contenuti superficiali. La capacità di distinguere il vero dal falso, di accettare torti e ragioni è una virtù che è andata perdendosi man mano che è aumentata la necessità di allargare la platea di lettori e telespettatori.

La guerra fra Russia e Ucraina è solo l’ultimo esempio della schizofrenia che ruota intorno all'informazione. Tanti i personaggi che si esibiscono in interpretazioni ad personam senza conoscere i fatti, o manipolandoli a loro uso e consumo. Il conflitto russo-ucraino si è ridotto a una mera questione da tifo da stadio: c'è chi “tifa” Russia e c'è chi “tifa” Ucraina. In mezzo ci sono tanti morti su cui danzano i sapientoni della televisione e del web.

Da una parte ci sono i filo-russi che difendono Putin senza sapere che a Mosca gli oppositori politici vengono uccisi, i liberi pensatori vengono arrestati, i giornalisti invisi al regime vengono perseguitati. Non sanno o fingono di non sapere che l'esercito russo si sta macchiando di crimini di guerra, uccidendo civili e bombardando ospedali pediatrici, e sottovalutano la minaccia nucleare paventata dallo Zar di Mosca contro l'Occidente.

Dall'altra parte ci sono i filo-ucraini che forse ignorano le persecuzioni condotte dai miliziani di Kiev contro le minoranze russe. Gli eccidi e le fosse comuni a Dombass. Probabilmente non sanno che la Nato si è estesa fino alle porte di Mosca, portando con sé la bandiera dell'imperialismo americano. Una nazione disposta a difendere i diritti umani soltanto quando a violarli sono i suoi nemici, ma attaccando con falsi pretesti nazioni come Iraq e Afghanistan.

Quello che dovrebbe essere dettato dal buon senso, informarsi prima di parlare, nel circo mediatico italiano è diventato un optional. Nei talk show, in particolare, si assistono a dibattiti accesi, scontri verbali, ferma convinzione di possedere la verità assoluta. Lo avevamo visto con il Covid, ora lo vediamo pure con la guerra. Questo avviene anche sui social network, dove commenti indignati vengono spesso pubblicati senza alcuna conoscenza dei fatti.

Dovrebbe essere evidente a qualunque persona dotata di buon senso che la guerra di interpretazione scatenata dalla ribalta mediatica sta assassinando l’informazione. Legittimo, a questo punto, mettere in guardia contro il pericolo di sostituire i fatti con opinioni che sanno tanto di propaganda. Uno strumento che storicamente ha provocato lo scoppio di guerre mondiali e ha partorito regimi sanguinari che avremmo sperato di non vedere più.

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