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La forza dell’italianità

Provare a guardare le cose da un’altra prospettiva è il compito più importante di chi tenta di fare impresa, perché da sempre e, forse oggi più che mai, il compito di chi si trova per caso, per fortuna o per scelta a svolgere l’attività di imprenditore è quello di anticipare il futuro, un sostantivo che spesso negli anni passati è stato un sinonimo di paura: la crisi, i problemi atavici del nostro sistema Paese, ci hanno abituato a qualificare il presente come pessimo e il domani come peggiore, in una girandola negativa che ha spinto, in molti casi giustamente, la fiducia del paese in se stesso ai minimi di sempre; molte volte si è ribadito che per la prima volta nella storia della Repubblica le prospettiva future apparivano peggiori di quelle passate…

Eppure in questo lungo inverno della speranza ci sono state anche molte piccole e singole iniziative che, a volte per disperazione, altre per fortuna, per rabbia e per coraggio hanno conseguito successi inaspettati. Se è vero che sul campo abbiamo lasciato migliaia di aziende e di posti di lavoro, possiamo dire di aver acquisito nuove consapevolezze, molte relative allo spreco infinito di risorse nella res pubblica, allo scollamento della politica dal mondo reale, all’atteggiamento tutto italiano di ipotecare per le prossime generazioni il benessere (finto) della passata generazione, a scapito del malessere (reale) dei figli e ormai anche delle madri e dei padri. Abbiamo dimostrato che molti uomini e donne, seppur non assistiti da uno Stato fatto diventare patrigno, si sono ingegnati, reinventati e nel solo 2014 hanno ridato respiro a questa nazione, facendo volare l’export e il brand Italia; abbiamo, nonostante le infinite ruberie, gli scandali e le oppressioni fiscali, trovato soluzioni per continuare a fare le cose in Italia, farle bene e renderle desiderabili al mondo, restando ai primi tre posti in 946 comparti a livello globale. Insomma, se guardiamo ad oggi qualche respiro profondo di sollievo possiamo tirarlo, ma breve perché comunque non ci è permesso dimenticare i tanti ritardi e gap che il Paese ancora vive e sopporta e che soprattutto in questo periodo si stanno manifestando con quella disaffezione alla politica che i dati anche dell’affluenza alle ultime elezioni regionali e comunali testimoniano.

Mi piacerebbe avere una ricetta per la soluzione di questi problemi, ma non sono un bravo chef: a volte al massimo posso riuscire in qualche impresa e quando mi capita capisco che a farla riuscire sono la rabbia nata dalle cose che non vanno e la caparbietà di essere il primo e fondamentale motore, insieme ad un modo laterale di vedere il mondo che qualche volta anche tra le macerie mi ha fatto sognare la ricostruzione. Come dovremmo fare oggi con EXPO, forse non è riuscita o non riuscirà come avevamo sperato, ma resta una grande ed unica opportunità per parlare del meglio del nostro Paese, rappresentato in quel luogo e non solo perché il nostro stivale nella sua intera lunghezza offre ancora oggi al mondo stupore e meraviglia, in primis per l’eccezionale modo che abbiamo di inventare il futuro e poi perché nonostante i nostri infiniti problemi continuiamo a restare un eccezionale serbatoio di innovazione, design, artigianato, industria e tanta “ITALIANITA’”.

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