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La fiducia nello sterco del diavolo (il denaro) e nei suoi guardiani

La fiducia nello sterco del diavolo (il denaro) e nei suoi guardiani

Fabrizio Galimberti ha scritto un libro che si intitola "L’economia spiegata a un figlio".
 
In un capitolo intitolato "le quattro rivoluzioni" affronta e descrive la prima di queste: la rivoluzione finanziaria.
 
In particolare e dopo avere esplorato e spiegato il concetto di "circolante" in rapporto alle transazioni economiche, fa un breve escursus storico sui fatti che lentamente portarono la finanza dentro l’economia facendone uno degli elementi di sviluppo.
 
Il primo riferimento a cui si rifà è quello della creazione della banca "Palmstruck":
 

Nella Svezia del XVII secolo la valuta, ricca di rame ma povera d’oro era anche rappresentata da lastre di rame pesanti fino a 15 chili. Johan Palmstruck ricevette dal Re di Svezia l’assenso a fondare una banca per alleviare la circolazione monetaria, stampando banconote che potessero essere rappresentative anche della moneta metallica sottostante.

All’inizio le cose andarono bene ma successivamente il Banco incominciò ad emettere più “moneta di carta” di quanto fosse permesso dalle riserve metalliche (oro, argento e rame) e la banca fallì.

fonte:http://icebergfinanza.splinder.com

 
La custodia degli averi e del denaro è una prassi antichissima, i Sumeri e i Babilonesi lo facevano fare dai sacerdoti del tempio.
 
I Greci li chiamavano "trapeziti", dal termine "trapeza", il banco dietro il quale esercitavano la loro attività di cambiavalute, riscossori di tasse e prestatori di moneta. I romani argentari.
 
Nel Medioevo comparvero le lettere di credito, che oltre che risolvere un problema di sicurezza,sancivano una sorta di rapporto "fiduciario" tra garante, debitore e terzo.
E’, però, a decorrere dal 600 che questo sistema in modo massiccio si andò affermando con l’istituzione della prima e vera banca d’emissione: la Banca d’Inghilterra.
 
Questo istituto fu il primo a violare la regola seconda la quale le banconote dovevano essere garantite dall’oro e dall’argento presente nei propri forzieri. Regola con la quale le banche private avevano operato.
 
Quando la banca d’Inghilterra fu istituita il suo capitale fu creato grazie a investitori privati, questo capitale in gran parte fu prestato al re tramite un’obbligazione della durata di 11 anni ad un tasso dell’11% .
 
In questo modo oro e moneta furono immessi sul mercato, spesi per finanziare guerre, costruire navi e pagare soldati. In qualche modo questo moltiplicatore lubrificò le leve economiche dando adido alla percezione che la moneta, in quanto tale, non aveva un valore intrinseco ma che questo risiedeva da qualche altra parte.
 
Fermiamo qui il contributo storico dato da Garimberti, che ho riassunto, e veniamo all’oggi.
 
Il lubrificante economico finanziario, oggi, vive una vita propria che sembra disgiunta da qualsiasi relazione con l’economia del manufatto o del servizio prodotto per la comunità o il mercato. Nonostante le crisi sistemiche a cui assistiamo da tempo, sembra difficile rinunciare all’idea di produrre soldi e quindi ricchezza con strumenti che non devono passare dalle forche caudine dell’economia reale.
 
Di questa cosa è permeato il mondo di "quelli che contano" nell’economia. Se prendete una qualsiasi famiglia "capitalista" potrete osservare come la galassia delle società che costituiscono l’oggetto dei loro interessi attraversa trasversalmente aree di business sia di tipo industriale, che di servizio, che finanziario.
 
Il peso di quest’ultimo elemento, e le logiche che lo sottendono, ha sparigliato il modo in cui si pensa al come produrre valore e secondo quali tempi.
 
La leva finanziaria come elemento di ricerca di un tasso di profitto elevato da conseguire nel più breve tempo possibile è oggi l’elemento destabilizzante del sistema economico capitalista.
 
In parte (preponderante) perché si fonda su quell’imponderabile "fiducia" che se nell’invenzione della lettera di credito poteva avere un suo referente "tangibile" nell’impresa del soggetto a cui si prestava fiducia, oggi muove su meccanismi che hanno la pretesa di essere altro rispetto ai soggetti che si muovono, relazionano, producono e vivono nella società.
 
Se un tempo il "capitalista" manifatturiero aveva poco interesse alle sorti del suo "produttore" schiacciandone le condizioni di vita pur avendolo davanti nell’immagine concreta della sua condizione, immaginate cosa può accadere nella testa di uno che muove i propri interessi e la propria percezione del reale guardando un monitor in cui si contrattano "valori" futuri di materie prime che ancora devono essere "prodotte".
 
O di gente che tratta il valore di un’obbligazione statale in funzione del rischio paese.
Però tutto questo sistema, che produce manufatti e servizi, "garanzie" e prestiti così come obbligazioni e valori futuri su cui giocare, si fonda secondo lor signori su un elemento psicologico imponderabile come è quello della fiducia.
 
E’ pensabile che la "fiducia" non sia la sintesi della somma di milioni di vite concretamente spese nella fatica di vivere tutti i giorni? Che non sia agganciata alle loro condizioni materiali che si producono?
 
In questo percorso tortuoso la moneta ha perso la sua identità e la sua funzione antica, se non lo avesse fatto non ci sarebbero stati i cambiamenti epocali che ci fanno compagnia da circa 400 anni. E’ diventata altro e in questo diventare altro c’è quell’elemento destabilizzante del sistema con cui ci confronteremo nei prossimi anni. Verrebbe da pensare che laddove non è riuscita ancora la razionalità del vecchio Marx a convincere gli uomini a cercare altre strade su come organizzarsi collettivamente ci riesca la fine di un mondo virtuale come è quello finanziario.

 
contributi e fonti:
http://www.fondionline.it/indicecms... 

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