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La fede nel razzismo, dopo l’omicidio George Floyd

L’omicidio di George Floyd ha innescato estese e imponenti manifestazioni di protesta che stanno sconvolgendo gli Stati Uniti, anche per i numerosi eccessi che sono sotto gli occhi di tutti. 

È onestamente impossibile affermare che il criminale comportamento dei poliziotti di Minneapolis sia stato un episodio isolato, così come lo è negare che la minoranza afroamericana soffra di un pesante e comprovato stigma sociale. Che ha radici in un passato di schiavitù che, a sua volta, fu giustificata anche con la Bibbia, a partire dalla maledizione su Cam.

Proprio la Bibbia è stata platealmente esibita dal presidente Donald Trump davanti alla chiesa episcopaliana di san Giovanni, subito dopo aver dato il via libera all’uso di gas lacrimogeni per reprimere la protesta pacifica che gli ostacolava la visita. Le sue azioni, però, sono tutto fuorché incoerenti. Stando a un’analisi del politologo e pastore battista Ryan Burge, basata sui dati raccolti nel 2018 da YouGov, i fondamentalisti bianchi (che interpretano il testo sacro alla lettera e che formano il nocciolo duro dell’elettorato repubblicano) rappresentano il gruppo religioso maggiormente convinto che «i problemi razziali sono, negli Usa, situazioni rare e isolate».

Il gruppo più scettico non è però rappresentato dai protestanti neri. Altre due categorie sono infatti ancora più convinte di loro in merito all’estesa diffusione del razzismo: gli atei e gli agnostici. Che si contraddistinguono anche per la quasi totale assenza di risentimento razziale e per lo scarso sostegno all’affermazione che «i poliziotti Usa sparano più spesso ai neri perché sono più violenti dei bianchi».
Può destare sorpresa che vi sia più consapevolezza antirazzista tra gli atei e gli agnostici che tra gli stessi neri protestanti, che pure hanno ben presente il gigantesco esempio di Martin Luther King (pastore battista a sua volta, non dimentichiamolo): forse qualcuno di loro considera la presidenza Obama come la felice conclusione della lunga marcia per i diritti civili. I diritti non devono però mai essere considerati garantiti una volta per tutte – a maggior ragione quando li hai conquistati sulla carta, ma nella vita reale tante cose continuano ad andar male come prima.

Tuttavia, a ben vedere, l’exploit di atei e agnostici non dovrebbe rappresentare una sorpresa assoluta. In fondo è attestato in tutto il mondo: secondo la World Values Survey, periodicamente condotta in numerose nazioni, risultano più bendisposti dei credenti verso i vicini, specialmente quando sono omosessuali, ragazze madri, stranieri. Così come sono più spesso contrari alla pena di morte, all’uso della tortura e al ricorso alle armi.
Secondo il filosofo e teologo cattolico Rémi Brague, intervistato da Avvenire, «l’ateismo ha fallito, ed è dunque condannato a scomparire», perché perderebbe il fiato «quando si tratta di dire perché l’esistenza degli uomini è un bene». Ho l’impressione che la religione ne perda parecchio di più non provando nemmeno a spiegarci perché così tanti razzisti sono uomini di provata fede.

Il vantaggio dei non credenti è che prestano minore attenzione a tutte le formazioni sociali intermedie che la specie umana ha saputo inventarsi: famiglie, clan, tribù, etnie, comunità, nazioni. La maggior parte di loro non è campanilista e non ha una mentalità da gregge o da branco. Pensando di più con la propria testa, si fanno meno condizionare da ogni potenziale motivo di attrito con chiunque altro, perché non sono stati precocemente esposti ad ambienti nei quali si rimarca, in continuazione, che chi non fa parte del gruppo ha uno status molto “diverso” da chi ne fa parte.

L’unico svantaggio è che la loro impostazione non aiuta a far raggiungere una massa critica rilevante alle organizzazioni che li rappresentano. Ma – sebbene le religioni proselitiste non lo possano concepire – si tratta di una questione non esattamente centrale per le sorti del pianeta. Ogni essere umano è diverso dall’altro, ma l’umanità è una sola: per comprenderlo bisogna essere nello stesso tempo individualisti e cosmopoliti. Per il pianeta, l’esistenza di tanti atei e agnostici è dunque un bene: dati alla mano, sarebbe un luogo di gran lunga peggiore, senza di loro.

Raffaele Carcano

Foto: White House/Wikimedia

Questo articolo è stato pubblicato qui

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