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La direttiva 2008/96/EU per interpretare il Road Safety Management

C’è un gran parlare tra gli esperti in strategie di miglioramento per la sicurezza stradale della recente direttiva europea sul Road Safety Management. Molte le occasioni, anche in sedi prestigiose, in cui la direttiva viene descritta come un documento destinato a stravolgere la politica della sicurezza stradale dei prossimi anni, a volte addirittura come uno strumento propedeutico e discriminatorio per l’allocazione di fondi e risorse europee da destinare al comparto del miglioramento delle infrastrutture viarie.

La direttiva 2008/96/EU per interpretare il Road Safety Management

Purtroppo, le direttive targate CE, il più delle volte, dopo un importante effetto mediatico, raramente esprimono in concreto tutte le loro buone intenzioni. Parlando di sicurezza stradale, questa evenienza si tradurrebbe nella perdita di una occasione irripetibile: la sistematicità delle azioni di controllo sulla qualità della sicurezza stradale delle infrastrutture viarie italiane.

Qualche allarme già c’è! Nel caso di specie sta accadendo qualcosa di veramente unico; alla direttiva si invocano effetti che non sono nel suo testo, che non ha e che non avrà. La direttiva in estrema sintesi chiede una cosa molto semplice: sulle strade della rete transeuropea (TEN-T Road) dal 2011 in poi ogni intervento infrastrutturale dovrà essere accompagnato da una verifica degli effetti sperati (impatti) in termini di sicurezza stradale. Sulle infrastrutture esistenti si auspica un controllo periodico dei livelli di sicurezza ed un monitoraggio degli incidenti stradali in rapporto ai flussi che impegnano la stessa infrastruttura.

Stiamo parlando quindi degli effetti del Road Safety Management che si dovranno produrre in nove anni su un sistema di circa 8’600 km di rete italiana. Attenzione poi perché questi 8’600 km sono essenzialmente rappresentati per gran parte da autostrade (7’092 km), da alcune superstrade (913 km) e da una ristrettissima porzione di statali ordinarie (596 km). Stiamo quindi parlando di infrastrutture “di qualità” che in termini di produzione di danno sociale per l’insicurezza stradale (morti, feriti e incidenti) contribuiscono solo marginalmente ai tristi contributi italiani in termini di vittime sulla strada.

In pratica per il nostro paese la direttiva produce effetti obbligatori su una piccola parte della rete viaria, e per di più su una rete che non è quella che esprime la maggiore insicurezza.

La Comunità Europea, proprio in tema di applicazione della direttiva, giudica il nostro paese tra quelli in cui già sono attivi strumenti di regolamentazione delle operazioni di controllo della sicurezza stradale. In Italia infatti sono già operative delle specifiche per l’esecuzione di analisi sia sull’infrastruttura che sui progetti;  resta “scoperto” solo il fronte delle Valutazioni di Impatto sulla sicurezza: i cosiddetti Road Safety Assessement. Ma tra quello che è puntualmenete normato e regolamentato e quello che realmente viene fatto il divario è, classicamente, abissale.

Nel 2001 l’allora Ministero dei Lavori Pubblici emanò una circolare (n. 3699/01 LLPP) con cui si raccomandava ai gestori di strade l’adozione di procedure di Analisi di Sicurezza Stradale da far effettuare a soggetti terzi indipendenti dal sistema di gestione, progettazione, manutenzione dell’infrastruttura, con cadenza periodica. A tal fine il Ministero aveva predisposto le linee guida per l’effettuazione di tali controlli (sia in fase di esercizio che in sede di pre‑apertura e valutazione dei progetti) corredati di casi di studio pilota svolti in Italia. L’Italia quindi godrebbe di una posizione ottimale per il recepimento della direttiva soprattutto in relazione al fatto che non sono necessari i temuti appesantimenti degli iter approvativi dei progetti infrastrutturali né tantomeno effetti di aumento di responsabilità a carico di gestori e progettisti. Ma su questi delicati aspetti torneremo a breve.

Il recepimento della Direttiva. Per quanto concerne l’attuazione dei controlli di sicurezza è necessaria una revisione delle linee guida italiane già esistenti in senso più europeista, rivolgendosi in particolare ai seguenti temi: 

  1. Una integrazione delle linee guida con la specifica delle attività di valutazione di impatto sulla sicurezza stradale.
  2. Una precisa specifica dei requisiti di indipendenza degli Auditor (i controllori della sicurezza), con una conseguente espressione dei cosiddetti vincoli di incompatibilità.
  3. Una definizione della tipologia (funzionale o strategica) delle infrastrutture (in esercizio o in fase di progettazione) da sottoporre a controlli di sicurezza
  4. L’istituzione di un organismo ministeriale che si occupi della formazione e mantenimento dell’albo dei soggetti abilitati alla esecuzione dei controlli e della verifica annuale del mantenimento dei requisiti e l’istituzione (in seno allo stesso organismo) di una scuola di formazione e/o un ente di certificazione di scuole/corsi di formazione per la figura di Controllore della Sicurezza Stradale (Road Safety Auditor)

Questo processo di revisione dovrà svilupparsi entro la fine del 2011 e sarebbe auspicabile si sviluppasse con una intensa e qualificata attività tecnico amministrativa all’interno del Ministero in regime di assoluta indipendenza rispetto ai cosiddetti portatori di interessi. Una procedura adottata anche in Europa, la stessa direttiva è infatti frutto della concertazione tra soggetti portatori di interessi (spesso contrapposti), i quali hanno avuto varie occasioni di confronto per poi pervenire alla formulazione di un testo condiviso e approvato in commissione e dal parlamento. I passaggi dell’azione di recepimento in Italia potrebbero seguire un modello simile reso più snello dal fatto che trattasi di un recepimento che potrà basarsi sull’esistenza di procedure già attive in Italia e già patrimonio delle procedure promosse dallo stesso Ministero.

Una commissione formata da personale esperto, strutturato nel Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, potrà ascoltare in più audizioni le istanze dei vari soggetti interessati al recepimento della direttiva europea; attraverso la valutazione e condivisione di tali istanze pervenire quindi ad un atto di recepimento che realizzi quanto proposto nell’elencazione dei temi appena esposti.

In questo modo si avranno importanti ed innovativi effetti quali ad esempio:

a. La condivisione preventiva degli scenari applicativi degli effetti della direttiva ai differenti livelli di applicazione ed interesse (gestori; progettisti; pubblica amministrazione; sistema di formazione di base, universitaria e non; formazione specialistica degli Auditor, …)
b. La formulazione di un testo e di procedure di attuazione per il recepimento che contempli istanze di operatori e gestori e definisca nelle linee generali e, con i dovuti approfondimenti, procedure applicative relative ai controlli di sicurezza
c. La definizione di protocolli di verifica dei requisiti di indipendenza dei soggetti abilitati alla effettuazione dei controlli di sicurezza
d. La valutazione sul campo di eventuali effetti normativi e amministrativi per le procedure di controllo (es: oggi non esiste un capitolato speciale che definisca con chiarezza i contenuti e la tipologia di attività che formano un Road Safety Inspection)
e. In ultimo la produzione di un decreto di recepimento della direttiva corredato di procedure operative a costo zero per lo Stato in quanto la partecipazione alle attività di audizione e/o ad eventuali tavoli di lavoro istituiti dalla commissione ministeriale dovrebbe svolgersi a titolo gratuito per tutti i soggetti interessati che non siano dipendenti del Ministero.

Un modello organizzativo che permette lo svolgimento del processo di recepimento attraverso la chiara definizione degli interessi di ciascuno; un modello in cui lo Stato, attraverso i propri organismi tecnici, assume il ruolo di garanzia del corretto e armonico bilanciamento di tali interessi nel quadro, ben definito, degli scopi della direttiva.

A chi ha partecipato alla lunga procedura per la formulazione e l’adozione della direttiva, del resto, questo modo di approcciare è ben noto; lo stesso lavoro di composizione e modifica della direttiva si è svolto attraverso l’incontro di vari gruppi di interesse (es: l’ETSC; l’ERF; la stessa TMS Consultancy, ed altre compagini attive, a livello europeo, nel settore di riferimento delle analisi di sicurezza e più in generale della sicurezza stradale) che hanno portato contributi alla stesura della prima bozza. Tale documento ha poi subito un lungo e complesso iter procedurale che ha recepito le istanze politiche dei vari paesi membri della Comunità Europea fino all’adozione del testo finale.

Breve commento al testo della direttiva. La direttiva europea 2008/96/CE, parte da un principio di base: La gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali offre un ampio margine di miglioramento, che deve essere sfruttato. Riconoscendo che sul fronte del miglioramento dei veicoli i progressi hanno raggiunto un sufficiente grado di maturità. Gli esperti analisti, infatti, riconoscono che il trend di diminuzione dei morti accompagnato ad un trend di aumento dei feriti sia espressione di un miglioramento delle capacità di limitazione dei danni dei veicoli e di una rinnovata ed incisiva azione di informazione controllo e repressione dei comportamenti a rischio. La strada quindi resta ancora il territorio in cui sfruttare significativi margini di miglioramento.

E’ noto che Bruxelles e Strasburgo possono legiferare su ciò che è proprietà condivisa dei paesi membri se non nel rispetto della sovranità di ciascun governo nazionale. Per questa ragione, in perfetto stile europeista, la direttiva indirizza lasciando liberta d’azione, traccia un quadro generale su cui ogni governo nazionale muoverà le sue scelte, le pubblicizzerà e soprattutto entro il 19 dicembre 2011, vi si adeguerà. La direttiva è quindi un quadro generale che compendia le esigenze di varie lobbies verso l’applicazione di una strategia unitaria di controllo e valutazione della sicurezza stradale, esclusiva, sul piano della funzionalità delle rete stradale trans‑europea. Non devono così lasciare sorprese delle locuzioni di carattere generale o affermazioni in cui si sottolinea l’invito ad adottare la direttiva come codice di buona  prassi e su base volontaria per quella parte di rete in cui la comunità europea non ha potestà. Il fatto che, in questi specifici ambiti, la legislazione europea manchi del sapore coercitivo e pesantemente burocratizzato cui siamo abituati noi italiani, è proprio espressione dello spirito di rispetto della sovranità nazionale oltre che utile strumento atto a mantenere gli effetti della direttiva in considerazione dei differenti ordinamenti giuridici dei paesi membri.

Per il nostro paese quindi è opportuno guardare alla direttiva come occasione per meglio utilizzare i suoi effetti di sponda. La direttiva è un codice di buona prassi per altre infrastrutture cofinanziate dalla Comunità, il suo recepimento potrà molto di più se seguirà una procedura concertativa aperta.

Sul piano del management, una corretta applicazione della direttiva avrà conseguenze serie e determinanti; essa infatti impegnerà tutti i gestori ad un monitoraggio degli effetti che le scelte di management avranno in termini di benefici (si auspica) sulla rete; una rivoluzione culturale nel meccanismo di management della sicurezza stradale imperniata su due cardini: 

  1. Attivazione di procedure sistematiche di controllo dell’infrastruttura effettuate da organismi indipendenti in ogni momento di vita dell’infrastruttura (pianificazione con road safety assessment, progettazione con road safety audit, esercizio con road safety inspecting)
  2. Attivazione e mantenimento, da parte dello Stato, di un meccanismo di qualificazione dei soggetti abilitati all’esercizio dei controlli di sicurezza. Questi tecnici dovranno essere soggetti non coinvolti (indipendenti) nel processo di progettazione e gestione dell’infrastruttura controllata. Si sancisce quindi il principio di indipendenza tra controllore e controllato. 

l’attività di controllo della sicurezza stradale accompagnerà l’infrastruttura in ogni momento della sua vita, dalla fase di pianificazione sino all’esercizio. Interesserà la rilevazione, acquisizione e trattamento dei dati relativi ad incidenti.

La direttiva infatti finalmente sancisce che la classifica dei livelli di sicurezza di una infrastruttura viaria non può riferirsi al numero di eventi (incidenti, morti, feriti) per chilometro ma bensì deve riferirsi allo stesso numero di eventi per unità di flusso (veic/h, veickm, …) che impegna l’infrastruttura; non sono infatti i chilometri di strada a morire in un incidente ma persone, persone che su quella strada transitano che quella strada utilizzano.

L’applicazione della direttiva avrà quindi una conseguenza immediata: la classifica delle strade più pericolose d’Italia vedrà dei clamorosi ribaltamenti. (es: la Tangenziale di Napoli perderà il primato di strada a pagamento più pericolosa di Italia quando il numero dei morti allorché rapportarsi ai 21 km si rapporterà ai 270’000 veicoli che, in media, vi transitano ogni giorno senza essere coinvolti in incidenti).

Nel dettaglio la direttiva definisce procedure precise per l’effettuazione dei controlli di sicurezza e stabilisce indicazioni sulle valutazioni di impatto sulla sicurezza stradale da effettuare congiuntamente a scelte progettuali e di management della rete viaria. Queste valutazioni diventano un elemento propedeutico all’approvazione della scelta infrastrutturale; la vera innovazione sta nel fatto che i risultati di queste valutazioni di sicurezza non saranno dei paletti per le scelte di management, il gestore potrà anche non rettificare la scelta progettuale o di management a patto di giustificare tale scelta in apposito allegato alla relazione di progetto. Non deve sorprendere questa posizione, essa ha radici ben piantate nell’origine anglosassone delle procedure di Road Safety Audit, radici che affondano in una cultura della responsabilità legata all’agire e non solo al rispetto di un codice normativo. In questo assunto ci sarà, forse, la difficoltà maggiore nell’applicazione della procedura corretta di controllo per paesi di matrice più mediterranea dell’UE dove complessa risulterà la gestione dei meccanismi di scelta e codifica (sic!) dei profili di responsabilità dei gestori e dei controllori. Ancor di più si dovrà evitare il rischio di svilire in complessi meccanismi il processo di verifica e mantenimento dei requisiti di indipendenza per i controllori, gli Auditor, ossia i soggetti abilitati alla effettuazione dei controlli promossi e auspicati dalla direttiva europea, un errore nella selezione di tali processi di formazione e verifica di questi nuovi ruoli professionali potrà svilire la qualità dei tecnici italiani limitandone l’operatività in Europa e anche nella stessa Italia.

Discorsi complessi sui quali però c’è un tempo di riflessione, la direttiva infatti produrrà i suoi primi effetti dal 19 dicembre del 2011 e dal 19 dicembre 2013 il controlli di sicurezza stradale potranno essere svolti solo da soggetti certificati, la cui certificazione sia di livello europeo.

In otto anni di attività ho seguito analisi su circa 9’000 km di rete stradale italiana (autostrade, statali, provinciali) e analisi su circa 200 siti (intersezioni, scuole, ambiti urbani, …). L’idea che mi sono fatto per l’Italia:

- per la scarsa qualità dei dati il gestore non ha una esatta conoscenza delle localizzazioni degli scenari a rischio e quindi chiede analisi generali non dettagliate che non produco effetti concreti di miglioramento della rete viaria

- la strategia e i programmi di attuazione del Piano Nazionale della Sicurezza Stradale hanno privilegiato azioni e modelli esportabili ad altre realtà piuttosto che specifici e diretti interventi di adeguamento e miglioramento della rete infrastrutturale, ma di tale esportabilità non c’è traccia

Lo scenario extranazionale è invece differente: l’auditor è chiamato ad analizzare casi specifici che riguardano singoli scenari stradali per i quali i livelli di incidentalità sono elevati oppure per i quali lo stesso gestore teme possano generarsi incidenti di particolare gravità. Gestori esperti chiedono auditor esperti;  è il primo movimento del meccanismo virtuoso che potrà essere avviato dalla direttiva.

Un approccio differente che è originato da una posizione di partenza differente, l’Europa a 15 ha attivato già da tempo programmi di sicurezza stradale, lo stato delle infrastrutture (soprattutto extraurbane e urbane) è sensibilmente migliore, in termini di dotazioni di sicurezza e in termini di sistema di gestione, sul piano della formazione progetti europei (es. EuroAudits) hanno già definito meccanismi di qualificazione degli auditor. In Europa la domanda di controlli si concentra su scenari specifici di carenza strutturale o presunta di sicurezza stradale, dall’altra parte è notevole la richiesta di attività di formazione sul campo rivolta a gestori e operatori ed erogata da personale altamente qualificato che quotidianamente ed esclusivamente esercita l’attività di Road Safety Auditor.

In Italia sul piano infrastrutturale ampie sono le porzioni della rete viaria in condizioni di grave carenza, prive di dispositivi e accorgimenti per la sicurezza degli utenti. Il gestore si trova così ad operare in condizioni di criticità diffusa e impossibilitato ad attuare una selezione prioritaria di casi specifici da sottoporre a metodi classici e approfonditi di Road Safety Inspecting; si preferisce una analisi che individui i problemi nella loro generalità e soprattutto definisca soluzioni riciclabili utilizzabili in più casi simili.

Conclusioni. L’occasione del recepimento della direttiva 2008/96/CE offre la possibilità al nostro paese di capitalizzare risorse professionali per la sicurezza stradale; organizzare e indirizzare l’attività degli esperti in sicurezza stradale e quella dei gestori verso il miglioramento della sicurezza stradale. Ciò potrà avvenire mettendo a sistema gli interessi dei vari soggetti coinvolti nel management e controllo della sicurezza delle infrastrutture viarie. Lo Stato ha l’occasione, con un impegno diretto ed esclusivo delle proprie strutture tecniche, di compendiare tali interessi e trarre da una produttiva competizione, un notevole beneficio. Un beneficio che si può concretizzare nella definizione di procedure di controllo e certificazione del ruolo imparziale e indipendente dei controllori e nella riedizione delle linee guida per le procedure di analisi della sicurezza stradale in cui oltre agli adeguamenti necessari al recepimento della direttiva si risolvano anche aspetti relativi ad esempio: alla tipologia di prodotti da ottenere a seguito delle azioni di controllo; ai meccanismi di qualificazione e verifica delle competenze degli analisti (auditor); ai profili di responsabilità dei gestori nell’adozione o non adozione motivata delle indicazioni derivanti dalle analisi di sicurezza.

Non ultimo sarà interessante esplorare aspetti relativi al coinvolgimento di differenti categorie di utenza nell’azione di Inspecting. In questo un recente esperienza sta aprendo interessanti prospettive nell’utilizzo di sistemi telematici basati sull’uso di smartphone per la rapida gestione di emergenze di diretto impatto per la sicurezza stradale rilevate sulle infrastrutture. Il progetto iRoadSafety, realizza una piattaforma unica per la sicurezza stradale attraverso la quale l’utente può disporre di servizi di segnalazione automatica di incidente stradale e attivazione di soccorsi, di informazioni sui livelli di sicurezza stradale relativi alla strada che sta percorrendo, di segnalazioni in tempo reale dei livelli di traffico e di eventuali incidenti. Lo stesso utente, e in particolare alcuni utenti privilegiati, (forze di polizia, professionisti della strada, autisti, cantonieri, personale di controllo, …) possono inviare segnalazioni di emergenza e/o segnalazioni relative a situazioni temporanee o permanenti di disfunzioni del sistema viario con effetti per la sicurezza stradale, tali informazioni posso avere contenuti testuali e/o multimediali ed essere automaticamente georeferenziate attraverso la localizzazione della periferica in fase di invio. Il database è accessibile tramite web o canale mobile per effettuare verifiche sulle segnalazioni e sul livello di attuazione per la soluzione del problema segnalato. L’idea parte dal convincimento che una utenza partecipata delle scelte e delle condizioni di sicurezza stradale della rete possa essere impiegata quale elemento chiave della azione di monitoraggio e inoltre consentire all’utenza di vedere i meccanismi di scelta del gestore in funzione delle ridotte risorse economiche; consente la condivisione di strategie e l’innalzamento dei livelli di soddisfazione dell’utenza.

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