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La crisi dei rifugiati siriani non riguarda l’Europa, basta gridare all’emergenza

Nei primi otto mesi dell’anno, oltre 381.000 persone hanno raggiunto l’Unione europea via mare. Di queste, 120.000 sono arrivate in Italia e 258.000 sono approdate sulle isole della Grecia, in nove casi su 10 fuggendo da paesi tormentati dai conflitti come Siria, Afghanistan, Iraq e Somalia o governati da regimi dispotici come l’Eritrea.

Dopo essere scampate agli orrori della guerra ed essere sopravvissute a viaggi pericolosi, per queste persone le difficoltà – come abbiamo ampiamente visto in questi giorni – non cessano una volta giunte in territorio europeo.

Sul portale del Corriere della Sera troverete il resoconto della riunione del Consiglio dei ministri degli Affari interni dell’Unione europea tenutasi il 14 settembre: l’ennesimo vertice di “emergenza” per trovare soluzioni coordinate e condivise in grado di affrontare la crisi dei rifugiati. L’ennesimo fallimento, secondo Amnesty International.

Ma si tratta davvero di una situazione di “emergenza”? I numeri giustificano la diffusione del panico, l’adozione di misure contraddittorie (e in alcuni casi del tutto illegali), le violazioni dei diritti umani e le scene degradanti, umilianti se non addirittura odiose viste e riviste in queste settimane all’interno dell’Unione europea?

Facciamo un po’ d’ordine, almeno per quanto riguarda la Siria (dell’Eritrea avevamo già scritto qui).

Il conflitto in Siria ha causato la morte di 220.000 persone e ha reso 12.800.000 persone fortemente dipendenti dall’assistenza umanitaria. Oltre il 50 per cento della popolazione siriana è ormai sfollata.

I rifugiati che hanno lasciato la Siria sono oltre quattro milioni. Il 95 per cento di essi si trova in soli cinque paesi: Libano (1.200.000, un quinto della popolazione totale del paese), Giordania (650.000, un decimo della popolazione totale del paese), Turchia (1.900.000), Egitto (132.375) e Iraq (249.463 – aggiungiamo che in questo paese negli ultimi 18 mesi si sono registrati oltre tre milioni di sfollati).

Se mettiamo a confronto le popolazioni, per sopportare lo stesso onere di accoglienza del Libano l’Italia dovrebbe ospitare 12 milioni di rifugiatiL’Unione europea, coi suoi 500 milioni di abitanti, dovrebbe accoglierne 100 milioni.

Dall’inizio della crisi siriana, il mondo ha messo a disposizione dei rifugiati siriani più vulnerabili (vedove, vittime di stupro e tortura, minori orfani, malati terminali) 104.410 posti per il reinsediamento, ossia solo il 2,6 per cento del totale dei rifugiati siriani presenti in Libano, Giordania, Turchia, Egitto e Iraq.

Detto che i paesi del Golfo (Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar ecc.) e altri paesi ricchi che ne avrebbero le possibilità (Corea del Sud, Giappone, Russia, Singapore ecc. hanno vergognosamente messo a disposizione zero posti per il reinsediamento, vediamo cosa è accaduto nei paesi dell’Unione europea.

La Germania si è impegnata a mettere a disposizione 35.000 posti per il reinsediamento, il 75 per cento di quelli promessi dall’intera Unione europea. Gli altri 27 paesi dell’Unione europea hanno messo a disposizione 8700 posti,l’equivalente dello 0,02 per cento dei rifugiati siriani presenti in Libano, Giordania, Turchia, Egitto e Iraq

Insomma, se a Budapest si grida all’emergenza, come dovrebbero chiamarla a Beirut?

Questo articolo è stato pubblicato qui

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