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La condizione delle donne straniere in Italia

In occasione del 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, Stranieriincampania si interroga su quale sia la situazione delle donne straniere che vivono in Italia. 

Per comprendere meglio la situazione vi proponiamo una serie di dati raccolti da fonti diverse che ci restituiscono una fotografia delle comunità straniere nel Paese. Infatti, la percentuale di donne presenti in una determinata comunità varia enormemente a seconda del paese di provenienza. Prima di affrontare il tema della violenza cerchiamo di capire quante sono le donne straniere in Italia, perché decidono di partire e di cosa si occupano.

Le donne straniere in Italia

Secondo l’ultimo Dossier statistico Idos la componente femminile dell’immigrazione italiana è sempre più consistente. I dati sulle persone straniere residenti in Italia confermano che le donne rappresentano il 52% del totale – più di 2.672.000 persone – ovvero l’8,6% della popolazione femminile complessiva. Tra le straniere residenti in Italia, il 58% proviene da paesi europei (oltre un terzo ha la cittadinanza di un paese Ue), 15% in più rispetto agli uomini stranieri. Il 17,6%, invece, proviene da paesi asiatici. Solo il 15,8% proviene invece da paesi del continente africano, rispetto al 27,3% degli uomini.

Presenza femminili nelle comunità

Tra le collettività più numerose, la percentuale delle donne si attesta al 57% del totale tra i cittadini romeni, al 48,1% tra quelli albanesi, al 45,9% tra i marocchini, al 79% tra gli ucraini, al 49% tra i cinesi, al 66,1% tra i moldavi e al 73,3% tra i polacchi. Vi sono alcune comunità più ridotte in cui la presenza femminile è preponderante (superiore all’80%), come nel caso della Bielorussia (81%), Federazione Russa (81,7%), Uzbekistan (83,4%), Indonesia (82,5%), Kazakhistan (83,3%), Repubblica Ceca (83,4%), Lettonia (85,1%), Estonia (85,2%) e Thailandia (90%).

Perché vengono in Italia

Per quanto riguarda le motivazioni che spingono le donne straniere a migrare in Italia, i permessi di soggiorno rilasciati mostrano che il 66,1% si ricongiunge a familiari già presenti nel Paese; il 5,1% entra con un permesso di soggiorno per lavoro; il 10,8% per motivi di studio e il 10% è presente in Italia per motivi umanitari. Secondo i dati proposti dall’ultimo Dossier Idos, nonostante il ricongiungimento familiare sia preponderante tra le motivazioni, è da sottolineare come sia in aumento la percentuale di donne non comunitarie che arrivano in Italia da nubili (65%), quindi con un progetto migratorio che ruota intorno alla persona stessa.

Migrazioni di genere​

Tra i vari fattori che spingono uomini e donne a migrare forzatamente dal proprio Paese d’origine per chiedere asilo in un altro, ve ne sono alcune che purtroppo affliggono in modo specifico le donne, come ad esempio le violenze sessuali, le mutilazioni genitali e i matrimoni forzati. Resta, dunque, fondamentale in tale questione la necessità di prestare massima attenzione alle potenziali vittime di tratta, presenti tra chi richiede il riconoscimento della protezione internazionale, e di organizzare quanto prima tutte le misure atte a proteggere le vittime, anche attraverso l’adozione del Piano Nazionale contro la tratta previsto dal Decreto Legislativo n. 24/14.​​​

I numeri della violenza

Secondo i dati Eures solo l’anno scorso nel nostro Paese sono state uccise ben 142 donne in delitti collegabili a un femminicidio. Il numero più alto mai censito da quando si effettuano le rilevazioni di questo tipo. Le donne straniere rappresentano il 24,4% delle vittime di femminicidio. A rendere questi dati ancora più drammatici il fatto che ad aumentare nel 2018 sono stati soprattutto i femminicidi commessi in ambito familiare e affettivo con un +6,3% rispetto all’anno precedente. Nel dossier si sottolinea inoltre che “gelosia e possesso” sono ancora i moventi principali dietro i delitti (32,8%), mentre più marginali le liti e i dissapori.

Le donne straniere sono anch’esse fortemente esposte alla violenza di genere: il 31,3% dichiara di aver subito violenza fisica e sessuale nel corso della vita, dato questo omogeneo con il 31,5% delle donne italiane. La violenza perpetrata dal partner inizia già nel paese di origine (68,5% dei casi) anche se il 20% dichiara di aver subito violenza nel contesto di relazioni nate in Italia. Nel caso in cui la violenza venga esercitata da un uomo diverso dal partner, nel 63,9% dei casi questa viene esercitata in Italia. Da evidenziare anche che il 17,1% delle donne straniere denuncia le violenze vissute (rispetto all’11,4% delle donne italiane); frequente risulta essere anche la scelta di rivolgersi a centri anti-violenza e ad altri servizi dedicati alle donne, ove disponibili sul territorio di residenza

 

 

Secondo l’articolo “L’immigrazione in Italia: il ruolo delle donne migranti”, pubblicato sul sito superabile.it dell’INAIL, sono diverse le categorie, che possono essere utilizzate, per analizzare lo stato dei diritti delle donne immigrate:

● Le donne che fin a partire dagli anni Settanta del secolo scorso migrano, spesso da sole, per motivi di lavoro, in special modo come collaboratrici domestiche e più di recente come “badanti”, addette al lavoro di cura nelle famiglie italiane.
● Le donne che giungono in Italia per ricongiungersi alle proprie famiglie, soprattutto dal Nord Africa o dall’Asia, in seguito ad un flusso migratorio maschile, che si è consolidato dagli anni Novanta in poi.
Soprattutto in questa compagine femminile, si realizza un alto tasso di inattività lavorativa, in quanto il ruolo della donna migrante è relegato a quello di donna-moglie e madre, migrante al seguito di un congiunto maschio.
● Infine, le donne rifugiate e richiedenti asilo, il cui numero è aumentato fortemente a seguito dell’instabilità politica in Medio Oriente e in Africa, per molte delle quali l’Italia rappresenta spesso una zona di transito verso altri paesi Ue, più che la destinazione finale.

 

Precauzioni e tutele

Oltre al già citato Decreto Legislativo n. 24/14, un ulteriore strumento adottato per la tutela delle donne immigrate è rappresentato dalla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza nei confronti delle donne e alla violenza domestica (Convenzione di Instanbul), la quale è stata ratificata dall’Italia con la Legge 27 giugno 2013, n. 77, che si sofferma nello specifico su gravi forme di violenza, tra cui la violenza domestica, le molestie sessuali, lo stupro, il matrimonio forzato, i delitti commessi in nome del cosiddetto “onore” e le mutilazioni genitali femminili. Il Testo Unico sull’Immigrazione è stato così arricchito nel 2013 con un nuovo articolo (il 18 bis), con il quale si introduceva un nuovo tipo di permesso di soggiorno, ossia per motivi umanitari alle vittime straniere di violenza domestica, rinforzando in tal modo, la tutela delle vittime prive di permesso regolare. Dopo le modifiche introdotte dal Decreto Sicurezza del 4/10/2018, il permesso di soggiorno rilasciato a norma del presente articolo reca la dicitura “casi speciali” essendo stati abrogati i motivi umanitari.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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