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La coesione territoriale e le infrastrutture al Sud, il caso emblematico di Crotone

Storie di Sud, profondo Sud. Quella che che vogliamo proporre è la fotografia di una piccola (ancora per poco) provincia calabrese: Crotone.

Da quando si è insediato il Governo Monti abbiamo un Ministro per la Coesione Territoriale. Per chi non lo conoscesse, si chiama Fabrizio Barca, e qualche settimana fa l'Espresso dava come possibile addirittura la possibilità che fosse lui a guidare il centrosinistra alle prossime elezioni.

Per ora Barca si limita a fare conferenze in giro per il Sud, e a fare dichiarazioni. Tipo: "Se è vero che l’Italia ha urgente bisogno di elaborare una strategia nazionale per rilanciare la crescita, tale strategia non può che partire per le zone deboli". Sul sito del Ministero si trova traccia di un progetto chiamato Verso Mezzogiorno, definito un viaggio nelle aree ad alta vitalità industriale per connettere tra loro i punti nei quali si è annidato e ha resistito un Sud operoso, attivo, concreto, fatto di persone che lavorano nell’interesse della comunità e contrastano le mafie con le loro buone azioni.

Questo quello che il Ministro, o chi per lui, scrive sul sito e sui principali social network.

Ma, evidentemente, la Coesione Territoriale non riguarda città come Crotone.

Barca, e il Governo, continuano nella politica di abbandono di un'area dove la crisi è presente da almeno 20 anni, ma adesso la situazione si fa davvero pesante. Tra i vari problemi vogliamo concentrarci, appunto in tema di "coesione territoriale", sulla situazione dei trasporti.

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Ministro Fabrizio Barca

A Crotone hanno smantellato la ferrovia. Non esiste più nemmeno il treno per arrivare a Roma. Il cittadino crotonese che volesse raggiungere la capitale d'Italia dovrebbe sobbarcarsi un viaggio non dissimile da quelli conosciuti dagli emigranti degli inizi del 900, come dimostrato da questo servizio di Servizio pubblico del 22 dicembre 2011.

L'unica arteria stradale che collega la città al resto del mondo è la statale 106 jonica, simpaticamente ribattezzata, la "Strada della morte": 491 chilometri, che cominciano a Reggio Calabria e terminano nel porto di Taranto, con il più alto tasso di mortalità per chilometro in Italia. Un record.

L'unica infrastruttura operante è l'aeroporto. Che ora, giustamente, vogliono chiudere.

La sorte dello scalo di Crotone è ormai appesa ad un filo molto sottile, il personale dello scalo è entrato in agitazione, senza che questa comprometta l'operatività dei voli. Apparentemente le scelte del Governo sono quelle di ridurre la spesa pubblica anche sugli aeroporti, quando la cosidetta spesa si riferisce alla riduzione dei servizi Aeroportuali quali Polizia, Finanza, Dogana, Vigili Del Fuoco. Ma di fatto questi tagli non verranno a diminuire visto che verranno solo ricollocati ma non certo eliminati. Non solo, Crotone non ha forze di polizia che operano in modo dedicato in aeroporto, pertanto nessun costo dedicato alla sola infrastruttura. L'aeroporto S. Anna ha mostrato negli ultimi 3 anni solo incrementi positivi di traffico, riducendo nell'ultimo anno le proprie perdite, senza raggiungere la soglia dei 500 mila passeggeri, mentre gli scali salvi da questa manovra, che vede la soglia di salvezza al di sopra di 500 mila passeggeri, continuano a registrare perdite di bilancio di gran lunga superiori. Nonostante tutto questo, sembra che il taglio vada a penalizzare chi ha le possibilità di raggiungere il pareggio di bilancio nei prossimi 3 anni a discapito di coloro i quali continuano a perdere nonostante abbiano superato in alcuni casi anche i 2 milioni di passeggeri. A pagare sarà come al solito la città di Crotone, che perderà anche l'aeroporto, come se non bastasse.

Per avere un'idea della situazione descritta, ecco il servizio tratto dalla trasmissione di Michele Santoro, citato nell'articolo. Chissà che non lo veda anche il Ministro Barca, e non decida di dire, o fare, qualcosa.

da Servizio pubblico

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