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Asta Bce: le banche chiedono 489 miliardi. La bomba di liquidità di Draghi

All’asta di liquidità a tre anni della Bce, le banche chiedono l’importo monstre di 489 miliardi di euro, dopo “calde” sollecitazioni delle autorità monetarie nazionali.

Per gli amanti delle tecnicalità, circa 257 miliardi dell’importo totale derivano da “riciclaggio”, o meglio reimpiego su differente scadenza, dei fondi da operazioni di rifinanziamento con la Bce di altre scadenze, quindi possiamo affermare che c’è un incremento effettivo di impieghi di 232 miliardi di euro all’incirca.

Le banche pagano questi fondi l’1 per cento su base annua, e potranno utilizzarli per farci del carry trade, cioè comprare titoli che rendono più del costo del finanziamento, oppure per rifinanziare il proprio debito. Riguardo la situazione delle banche italiane, pensiamo che la prima ipotesi resti piuttosto improbabile, nel senso che è difficile che le nostre banche corrano a comprarsi Btp, per evitare forme di autointossicazione come quella che è derivata dallo stress test della EBA, e relativo stigma.

Molto più interessante l’ipotesi di rifinanziamento di proprio debito in scadenza. Secondo la Reuters, quattordici banche italiane hanno collocato proprio debito, valendosi della garanzia dello stato, per un importo di 38,4 miliardi di euro. Ma noi enfatizzeremmo il verbo “collocare”.

Infatti, in base ad una disposizione del Tesoro (cioè di Mario Monti), le nostre banche possono tenere sui propri libri le nuove obbligazioni emesse (cioè non venderle a investitori e risparmiatori), e girarle immediatamente alla Bce, nell’operazione a tre anni. In pratica, le banche hanno “collocato” su se stesse questa carta, successivamente usata come garanzia presso la Bce. Di fatto, è come se la Bce avesse prestato ai sovrani.

Che significa ciò? Che la Bce, con questa operazione e quella successiva, che si terrà a gennaio, di fatto ha risolto alle banche il problema del finanziamento per il 2012. Le banche emetteranno propria carta senior, garantita dallo stato, prenderanno i soldi della Bce, e con questi soldi potranno fare ciò che preferiscono. Azzarderemmo che potrebbero ricomprarsi il proprio debito subordinato, che quota a prezzi molto depressi, e farci una bella plusvalenza, da mettere a bilancio.

Secondo alcune simulazioni, le banche avrebbero una cedola media sul proprio debito pari al 4,5 per cento. Indebitandosi con se stesse ad un costo effettivo dell’1 per cento (visto che quella carta non viene venduta fuori dalla banca ma portata subito in Bce), lo sconto è del 3,5 per cento sul costo del proprio debito. Si tratta, è bene ribadirlo, di un sussidio alle banche, pari per l’appunto al 3,5 per cento.

Con questa operazione la Bce ha messo in sicurezza il settore bancario, di fatto, agendo da prestatore di ultima istanza, anche se non secondo i dettami classici di Walter Bagehot (“presta liberamente, contro collaterale di buona qualità, a tasso penalizzante“). Il settore bancario dovrà ora preoccuparsi di ricapitalizzare secondo i dettami dell’EBA, entro il prossimo giugno. A meno che la furiosa pressione di alcuni paesi, tra cui il nostro, determini una diluizione temporale della ricapitalizzazione. Lo vedremo.

E vissero tutti felici e contenti, quindi? Non proprio: la recessione c’è, e si aggraverà di molto a inizio 2012. Il costo del finanziamento sovrano per l’Italia resta troppo elevato ed incompatibile con la nostra (de)crescita. Ma per oggi possiamo esser lieti. Del doman vi è qualche certezza, e non è piacevole.

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