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“La Filosofia Maschia” la combatte un blog - Educare alle differenze#8

Continuano le nostre interviste in vista di “Educare alle differenze” ha per protagonisti Fiammetta Mariani e Lorenzo Gasparrini del blog “La Filosofia maschia”.

Con loro cerchiamo di indagare in che modo le donne sono escluse dal sistema didattico italiano, in particolare dallo studio della filosofia, dove si contano molti nomi di illustri studiose nemmeno citati nei manuali. Cercando di capire come si può cambiare questo modo di insegnare e di apprendere.

educare

Come nasce il vostro blog? Come si è evoluto nel tempo?

Lorenzo: Nasce dal fatto che volevamo entrambi fare qualcosa per la disciplina che amiamo e farlo a scuola, dove è più maltrattata che altrove. E farlo secondo l’antisessismo che ci piace. Pubblichiamo quello che aiuta a immaginare e creare una scuola migliore riguardo le questioni di genere, cercando di accumulare informazioni utili a chi ci legge, che sono privati, insegnanti, associazioni con i nostri stessi interessi.

Perchè la filosofia è maschia? E’ più maschia di altre discipline?

Fiammetta: La filosofia è maschia perché siamo nel XXI secolo e non è più accettabile che nei libri di testo dei licei, nei manuali di storia della filosofia non si menzionino ordinariamente le donne, le filosofe, che hanno contribuito allo sviluppo speculativo e al pensiero stesso. Il punto centrale resta capire come mai, nella didattica generale le filosofe restano marginali, menzionate come “minori” – rispetto a chi?, sarebbe da chiedersi – o nei casi più fortunati nominate come oggetto della narrazione, del pensiero. Mai come soggette.

Lorenzo: il nome del nostro blog è ironico, come l’immagine di Hannah Arendt con i baffoni pop. E la filosofia è “maschia” perché così la raccontano i manuali nelle scuole: priva di donne, e sostanzialmente priva di argomenti legati al corpo, alle emozioni, ai sentimenti, a tutto ciò che aiuterebbe a pensare criticamente il rapporto con l’altro – genere, sesso, quello che vuoi. Insomma, un falso.

Fiammetta: Non è più sostenibile questa assenza, questo rifiuto nel considerare quanto e come le filosofe abbiano contribuito allo sviluppo filosofico con un approccio diverso ed altro rispetto al pensiero maschile tradizionale, facendo della filosofia una disciplina spesso più pratica, più politica, ponendo l’accento sul valore dell’esperienza e delle relazioni e slegando lo studio di questa disciplina dal solo esercizio astrattivo e dalle dissertazioni sull’Universale.

Quali sono le grandi escluse dalla filosofia insegnata e studiata a scuola?

Fiammetta: Moltissime, si potrebbero fare decine di esempi; figure importanti come Didone, le Pitagoriche, Ipazia, Eloisa, Ildegarda di Bingen e molte altre che stiamo cercando di nominare in rete, sul nostro blog e con fatica portando nelle scuole. Tutte donne che spesso non sono mai state neanche insignite del titolo di “filosofe” solo perché non ci hanno lasciato scritti o perché non si sono occupate in maniera squisitamente tradizionale del “sapere filosofico”.

Lorenzo: c’è solo l’imbarazzo della scelta, non ha senso fare nomi perché sono tantissimi. Abbiamo finora parlato di Ipazia, Elisabetta del Palatinato, le Preziose, ma sono solo esempi. Nei manuali le donne compaiono – se compaiono – solo dopo il secondo dopoguerra: è ridicolo.

ipazia

Riuscite a comunicare una filosofia diversa attraverso il vostro blog?

Fiammetta: Attraverso il blog tentiamo un approccio divulgativo, per non esperti del settore. Cerchiamo di incuriosire i/le lettori/lettrici anche sfatando miti, cliché e luoghi comuni su talune personaggi e le loro storie. Il ruolo che ci siamo assegnat* è stato quello di narratori/trici e nello stesso tempo sperimentatori/trici di nuovi modelli narranti. Questo condito da un approccio di genere; un’attenzione particolare la dedichiamo alla sfera della sessualità e delle relazioni, e a quanto queste abbiano influito nel pensiero e nelle vite di filosofe e filosofi.

Che tipo di visione del mondo vorreste far passare?

Lorenzo: un mondo dove tutti i generi sono presenti, vivi e non oppressi; dove si può debellare la violenza di genere e i poteri patriarcali ancora così pesanti da sopportare per tutti – che se ne accorgano o no.

In cosa consistono i percorsi di genere filosofici?

Fiammetta: Consistono nel raccontare proprio delle storie in modo nuovo; poniamo l’accento sulle vite – spesso intrecciate – di filosofe e filosofi, pensando i nostri laboratori su misura per classi e insegnanti, basandoci sulle loro necessità. Una delle poche figure femminili di spicco nella filosofia studiata nelle scuole, ad esempio, è Hanna Arendt. Questa filosofa viene frequentemente inserita nei programmi delle quinte liceo, raramente viene posto l’accento sulla sua vita, le sue relazioni, in un’ottica di genere. Si tende, infatti, ad affrontare il pensiero della Arendt se non in stretta correlazione – o peggio come riflesso – a quello di Heidegger oppure di Jaspers. Nessuno pone l’accento su Arendt in quanto soggetto-unicum del pensiero del XX secolo che ha addirittura avuto profondo ascendente sulle idee ed il pensiero di Gunter Anders. Questo è l’approccio con cui lavoriamo e come ci poniamo interrogativi sul pensiero delle filosofe.

L’acquisizione di una prospettiva di genere nello studio della filosofia potrebbe minacciare concretamente l’egemonia maschile, non solo nei libri? In che modo?

Fiammetta: Non credo si tratti di minacciare alcunché, né di egemonia a nostro avviso; semmai il problema è il retaggio della cultura scolastica in Italia. Il sistema didattico in sé, prima dei contenuti della didattica. Per noi la sfida è tentare di costruire un nuovo orizzonte filosofico, didattico e pedagogico che preveda un significativo aumento della presenza delle filosofe nei programmi, e nei manuali, che sia però in grado di farsi carico di COME i contenuti vengono raccontati. I manuali di filosofia utilizzano una narrazione “tradizionale”, noiosa perché incentrata all’impersonalità del racconto del pensiero. Questo, per concedere maggiore spazio allo studio del pensiero medesimo. Ma questo approccio si rivela disamorante ed improduttivo. C’è bisogno di dare spazio a buone pratiche di racconto; buone storie di vita e di relazioni, occupandosi del pensiero filosofico al fine di superare tradizioni e dicotomie.

Lorenzo: liberando il pensiero critico, scatenandolo contro la base patriarcale che condiziona il pensiero di tutti. Ripensare concetti ovvi e dati per scontati è necessario per smontare le costruzioni culturali che servono a mantenere in vita un odioso potere condizionante, per tutti i generi sessuali.

Perché partecipate a “Educare alle differenze”? Cosa sperate di realizzare a partire da queste due giornate nazionali?

Fiammetta: Partecipiamo perché ci sentiamo esattamente al centro di un nuovo ripensamento del sistema educativo, che sia orientato alle differenze nel pensiero filosofico. In primis, speriamo di confrontarci e di conoscere nuove realtà. C’è bisogno di parlarsi; spesso i problemi dell’insegnamento della filosofia sono gli stessi che presentano le cosiddette scienze dure. Poca attenzione al contributo femminile, e resistenza al cambiamento di passo.

Lorenzo: perché serve che tutti questi sforzi si conoscano e facciano rete, potenziandosi a vicenda, raccontando storie diverse dalla vigente narrazione monogenere, presentandosi ovunque sul territorio e fornendo informazioni e indicazioni a tutti gli attori sociali interessati e interessabili.

 

Laura & Enrica

Questo articolo è stato pubblicato qui

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