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La psicologa e la "depressione collettiva"

 
SECONDA VISITA
 
Dopo la prima visita con la psicologa, mi preoccupai, non tanto per il trattamento individuale che mi prescrisse ma per la sua bellezza mediterranea, la quale mi creò un terribile disagio; non riuscii ad aprirmi come avrei voluto.
 
Entrai nel suo studio salutandola con rispetto ma mi sentivo come un essere paragonabile a Totò nelle vesti di Don Pasquale nel film “Il monaco di Monza”, vi ricordate? O ancora peggio al rag. Fantozzi.
 
Ma subito, dopo strambi convenevoli, la Dottoressa mi rassicurò dicendomi che aveva studiato il mio caso con calma perchè lo riteneva molto importante non solo per me ma per l’intera società. Al che sentii la metamorfosi… le mie orecchie trasformarsi come quelle di un elefante e cominciai a capire che il mio era un caso nazionalpopolare. Mi sentii per un attimo Pippo Baudo. Mi rinfrancai, al pensiero che il mio non era un caso isolato. Che genio, pensai, questa psicologa e non la vedevo più come prima ma con un espressione molto interessante di freudiana memoria o come Margherita Hack, la famosa scienziata astrofisica.
 
Lei continuava a parlare sollecitata dalle mie adeguate domande, a tal punto che il psicologo sembravo io. E da Freud passava alla Hack per poi andare a finire in argomenti molto attuali, come la globalizzazione che riteneva un imperialismo senza regole e con una finanza parassitaria tanto da portarci al fallimento. Capii allora, si trattasse di una pseudocomunista marxista perchè argomentò anche sull’ipocrisia dei politici, del servilismo dei media nonché della mancata coscienza reale degli uomini per una parità di diritti e dignità per tutti.
 
Alla fine, mi diceva, che col decadimento della politica, si rischia di causare una depressione collettiva quindi un accrescimento del qualunquismo, delle mafie e della corruzione, dando scarsa profondità ai veri problemi della collettività.
 
Tu, continuava, non soffri della detta sindrome patologica, perchè agisci secondo i tuoi ideali e secondo una tua personale forma mentis. Il fatto quindi di agire con serietà o di reagire a volte con ironia alle notizie e ai problemi dell’uomo fa parte di chi non è disposto ad accettare le ingiustizie del mondo e di chi non si rassegna alle conquiste per una società migliore.

 
Tu, mi diceva, stai bene! Continua il tuo percorso severo al momento giusto e ironico quando ritieni opportuno. Al che mi accomiatò.
 
Quando ci vediamo, dottoressa, borbottavo… Quando vuole, mi diceva, ma fuori, magari al bar; ma se per caso avesse bisogno di me, mi venga a trovare quando vuole.
 
Ero indeciso se invitarla a cena o ad iscriversi al partito ma per il solo gusto di sentirla parlare. Le sue argomentazioni erano state così immense che neanche un politico di grandi conoscenze mi era stato mai così suadente. La salutai cordialmente: “Ciao compagna dottoressa” - mi rispondeva con un sorriso.
 
Finalmente sapevo di non essere un caso patologico ma quando arrivavo a casa nel vedere la posta, trovavo un messaggio su Facebook, relativo al mio articolo sul primo incontro con la psicologa, dove fra l’altro diceva: “Possiamo guardare al mondo come se lui fosse là, e noi di qua, dietro uno spesso vetro, una sorta di osservatore immune che guarda un acquario (e cosi faceva Einstein) oppure rompere il vetro, che è immaginario, e scoprire che siamo ciò che osserviamo, siamo dentro l’acquario, siamo l’acquario stesso, ne determiniamo le forme ed il ritmo (e cosi faceva Wheeler e tutta la fisica contemporanea). “Siamo il lettore ed il narrare, e la storia stessa"...non può guarire niente se non l’accetti così come è, né te stesso, né un altro, né il mondo. La televisione l’ho buttata via 10 anni fa, preferisco guardare dentro gli essere umani. Buona ricerca, allora...come dice Neo, cieco, in Matrix "se tu potessi vedere... è tutta luce!"
 
Al messaggio piuttosto filosofico di Carla niente da dire anzi, il problema è che io non riesco a sopportare le ingiustizie che si perpetrano a danno dei più deboli, dei derelitti e di quella parte dell’umanità che viene al mondo, senza mai averlo chiesto, solo per soffrire e non posso vivere come un cieco e impotente.

Sono convinto anch’io di quello che dice Carla ma se ognuno di noi si alzasse la mattina con un po’ di spirito altruistico, potrebbe apportare soltanto dei benefici a tutti. E potremmo riempirci gli occhi di come è bello il mondo, i bambini, le mani della gente... e poi anche di quello che si può migliorare...
 
Non ho ancora capito, fra Carla e la dottoressa, chi è più brava come psicologa… quasi quasi mi prenoto un’altra visita. Certo fra la Hack, Freud, Einstein e Marx mi si sono annebbiate le idee peggio di prima… meglio me ne vado in Sardegna in qualche festa… paesana, prima che mi cadano i capelli e poi dovrò fare un mutuo per il trapianto oppure cominciare ad usare la coppola.
 

Commenti all'articolo

  • Di Ursula (---.---.---.137) 9 novembre 2009 12:23

    Bellissimo articolo......complimenti.... condivido in pieno ! te lo commento con questo link 
    http://parallele.forumcommunity.net/?t=11295424
     " ...........I problemi sono così grandi che l’ambasciatore americano a Roma, Ronald Spogli, ha avvertito del rischio di un diminuito ruolo internazionale dell’Italia e di difficoltà nel rapporto con Washington. ’’Devono tagliare l’edera cresciuta intorno a questo fantastico albero vecchio di 2.500 anni che minaccia di ucciderlo’’, ha detto Spogli al quotidiano. Ma l’impressione che emerge è che ’’il malessere nasca dalle poche speranze di tagliare quell’edera e questo rende gli italiani tristi e arrabbiati’’, osserva il ’New York Times’. Una rabbia di cui si è fatto portavoce nei mesi scorsi Beppe Grillo con il suo grido ’Basta’ rivolto a tutte le forze politiche e al ’sistema’ e che ha trovato uno sfogo nei bestseller dell’anno, ’La Casta’ e ’Gomorra’, scrive il giornale. Che poi dedica qualche riga ai due protagonisti del panorama politico italiano, Romano Prodi e Silvio Berlusconi, cui gli italiani non sembrano attribuire quella capacità di cambiare necessaria in questo momento.

    In un contesto del genere, non stupisce quindi che ’’il 70% degli italiani tra i 20 e i 30 anni vivano ancora a casa, condannando la giovinezza ad un’estesa e improduttiva adolescenza, mentre molti delle menti più brillanti, come i poveri di un secolo fa, lasciano l’Italia’’, commenta il giornale che dedica un intero paragrafo del suo reportage al problema generazionale.........."

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