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L’irresponsabilità politica porta la Grecia nel caos. L’Europa (dis)unita ed incoerente ora ha paura

 
In questi momenti dove la tragedia di una nazione si sta consumando sotto gli occhi di tutto il mondo, può sembrare la solita retorica prendere le parti del popolo greco, di tutta quella gente che oggi è chiamata a pagare in prima persona gli errori di una “Irresponsabilità Politica” che secondo me non è solo frutto di scelte scellerate di una classe politica vetusta. 
 
Le responsabilità indubbiamente vanno ricercate all’interno di una governance miope e probabilmente corrotta, che delle sorti reale del paese sicuramente non gliene fregava niente. Un enorme spreco di risorse finanziarie destinate a operazioni improduttive, o peggio ancora a coagulare intorno a sé il favore popolare che si è consumato sotto gli occhi di una Europa miope ed indifferente. Comportamenti interni ed esterni alquanto deleteri e disastrosi per le finanze pubbliche elleniche. Dato che non ci riteniamo appartenere a coloro che le notizie “le subiscono” ci poniamo delle domande visto che l’operazione di maquillage informativo di questi giorni ci sta solo presentando una Grecia alla prese con una drammatica situazione finanziaria, messa a soqquadro dalle manifestazioni di protesta della gente, dove purtroppo la rabbia dei manifestanti è sfociata in azioni di vera guerriglia urbana, causando la morte di tre cittadini ateniesi, senza mai accennare alle cause e relative responsabilità.

Vediamo se riusciamo a trovare il bandolo della matassa in una situazione così complicata, dove la miopia e l’indifferenza di una Europa Disunita pare non essere secondaria all’irresponsabilità politica e comportamentale della classe politica ellenica. Penso che tutti sappiano, senza essere grandi studiosi della composizione del prodotto interno lordo greco, che la Grecia non dispone di una vera struttura industriale, basando la sua economia sui servizi e l’agricoltura. La Grecia non costruisce autovetture, non produce nemmeno un motorino a pedali, deve approvvigionarsi attraverso le importazioni, che a differenza di qualche decennio fa non scontano più gli “antipatici dazi protettivi” in quanto nell’Europa, questi non sono più consentiti tra i vari patner, consentendo e favorendo una grande emorragia di liquidità verso gli stati del’Unione più industrializzati.

La sua grande risorsa è il turismo, che peraltro in questi ultimi anni, con l’avvento dell’euro e con il relativo aumento ingiustificato dei prezzi, lo ha reso meno competitivo, rispetto all’offerta di altri paese del Mediterraneo. La Grecia, nel contempo, ha portato avanti un processo di riammodernamento delle sue infrastrutture, peraltro sostenuta dai partner europei. Enormi opere di ingegneria civile hanno toccato un po’ quasi tutto il paese. Per alcuni aspetti alcune di queste opere sono state idealizzate e poi realizzate alla grande, vedi il nuovo aeroporto di Atene, oppure il grande ponte a ridosso di Patrasso che unisce l’Attica al Peloponneso, per finire alla realizzazione e completamento di autostrade. Lo stesso tenore di vita dei greci è cresciuto negli ultimi decenni ad un ritmo al di sopra della media europea. Non possiamo dimenticare qualche anno fa quando in sede di Parlamento Europeo si indicava la Grecia come stato da prendere a riferimento per la crescita del suo prodotto interno lordo (PIL). 

Alla Grecia furono assegnati i giochi olimpici, e non certo per doverosa riconoscenza, visto che nel 1996, in occasione del centenario delle nuove Olimpiadi, dove tutti davamo per scontato che i giochi si sarebbero svolti ad Atene, furono poi assegnati ad Atlanta. Questo nome, Atlanta, mi ricorda qualcosa che ha che fare con una nota bevanda. Nemmeno il buon Giove e la rabbia di Apollo e di Poseidone hanno nulla potuto contro i grandi interessi della finanza. Alla faccia dello spirito olimpico. Il processo di riammodernamento in virtù dei giochi olimpici partì già alla fine degli anni ottanta con picchi proprio tra il 1998 ed il 2004, fagocidando disponibilità finanziarie che la Grecia certamente non disponeva. 

Numerose poi sono stati gli interventi statali nell’ambito del sociale atti a favorire i ceti più deboli, anche se la stragrande maggioranza di queste iniziative erano poste in essere per una spasmodica ricerca di consenso elettorale, il più delle volte con la tacita consapevolezza di non poter poi coprirne le spese. La Grecia, come abbiamo visto, in questi ultimi decenni ha fatto uso di ingenti masse di denaro, non di bruscolini, ma di miliardi di lire prima e di miliardi di euro poi, che secondo il mio modesto avviso non potevano sfuggire al controllo o quanto meno alla curiosità morbosa delle banche centrali degli stati europei. La maggior parte delle infrastrutture sono state realizzate da imprese europee, dove ritengo che i relativi appalti erano sotto gli occhi di tutti gli attenti osservatori. Allora com’è che oggi ci si accorge del suo debito pubblico, e che i dati rassegnati dal governo greco precedentemente in carica, erano “sbagliati”? Oggi l’economia non è più a livello territoriale, oggi parliamo e viviamo un’economia globalizzata, dove uno starnuto della Nuova Zelanda viene recepito anche dagli esquimesi. Mi chiedo pertanto, com’è stato possibile consentire ad un partner europeo di arrivare al punto di non ritorno, senza che gli altri cominciassero ad alzare le necessarie barricate e pretendere immediatamente i necessari correttivi? Qual’è la logica politica e finanziaria di questo atteggiamento? E poi, in questi ultimi mesi, perché hanno fatto incancrenire la situazione, irritando e demotivando i mercati finanziari, con un tira e molla sugli aiuti da destinare al governo greco? Aiuti poi rivelatisi, dopo solo 48 ore, inadeguati, visto che in questi ultimi giorni tutte le borse sono in “drammatico” calo. E poi, che aiuto è prestare dei soldi per poter far fronte agli impegni finanziari in corso, quando su questi incombe un tasso d’interesse del 5%? E’ pura follia allo stato brado. Come potrà un’economia dissestata, dove ai lavoratori si chiedono sacrifici in termini di riduzione dei salari e stipendi, eliminazione delle tredicesime e quattordicesime, blocco dei salari, innalzamento dell’età pensionabile a 65 anni, ecc. ecc. di onorare il pagamento di interessi così esosi, peraltro non riscontrabili in nessun altro paese europeo, fatta eccezione per alcuni Buoni Poliennali del Tesoro Italiani con scadenze postume al 2030 ? Ciò provocherà una drastica riduzione dei consumi interni, con la chiusura di numerosi esercizi commerciali e conseguente riduzione del popolo lavorativo. Allora che sta succedendo a quest’Europa? Possibile che non riesca a trovare soluzioni concrete per fronteggiare una crisi come quella greca?

Io per alcuni versi sono in parte ottimista, non perché creda nella capacità dei nostri governanti oramai pilotati dai grandi interessi della finanza e dell’industria mondiale, quanto per la paura che oggi il popolo greco sta incutendo all’Europa intera. Un popolo che, persi i propri freni inibitori, per aver constatato di essere stato profondamente tradito, cerca di riappropriarsi della propria dignità, attraverso grandi movimenti di piazza che per la loro dimensione e durezza fanno paura. E fanno paura soprattutto in quanto contagiosi verso tutte quelle fasce di popolazioni che oggi in Europa vivono nella precarietà e soprattutto nell’indifferenza politica e sociale. E’ questo oggi che fa paura all’Europa. Della Grecia, dei suoi dissesti importa poco, in quanto i sistemi per addossare alla gente questi costi sono oramai più che collaudati, solo che oggi fa paura “la gente incazzata”. Non dimentichiamo i fatti tragici di qualche anno fa quando ad Atene venne ucciso un manifestante dalla polizia, dove i disordini ebbero un immediata eco in Francia. Ci troviamo di fronte ad una bivio molto importante per il futuro politico e sociale del vecchio continente.

E’ una grossa ghiotta opportunità per la gente d’ Europa, in quanto deve prima di tutto capire che non può estraniarsi dalla politica, dando una delega in bianco ai propri politici, ma partecipare attivamente attraverso la verifica ed il controllo dei programmi per i quali sono stati scelti ed eletti, e poi finalmente chiedere, esigere e pretendere nuove regole dove chi sbaglia deve pagare, dove la continua dilagante immunità ed omertà politica, spacciata spesso per la più ipocrita considerazione che si possa fare a danno della povera gente che è la sventolata quanto infausta “solidarietà umana” che pare esistere solo nell’ambito della classe politica. La solidarietà umana non va riconosciuta a coloro che hanno solo saputo arricchirsi grazie alla loro carica politica, quando vengono presi con le dita nella marmellata, ma a tutta quella gente che non riesce ad arrivare a fine mese, a tutti quei pensionati i cui tagli alla sanità ed ai servizi sociali stanno sempre più emarginando in un isolamento spaventoso. A questa gente va la mia solidarietà, a quell’altra gentaglia, invece, va il mio grande auspicio di vederli quanto meno fuori dal palcoscenico della politica.

Auguri Grecia, Auguri Europa.

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