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L’epidemia e l’economia: serve liquidità

Ieri pomeriggio, a mercati aperti, la Federal Reserve ha tagliato i tassi d’interesse di mezzo punto percentuale, in reazione alla diffusione dell’epidemia di coronavirus, con una decisione di quelle che classicamente vengono invocate a gran voce dal mercato e che quando si materializzano cedono il passo ad angoscia e preoccupazione “perché allora la situazione è davvero grave”. Psicopatologie a parte, resta il quesito esistenziale: che fare, ora, in termini di stimolo all’economia?

La situazione attuale, in termini economici, è piuttosto chiaramente delineata: inutile perdere altro tempo a discutere se questo sia uno shock di offerta o di domanda. È entrambe le cose, perché uno shock consegue all’altro. Si è detto che la politica monetaria non serve negli shock di offerta ed è ovviamente così, in astratto. Ma la politica monetaria può servire a contrastare gli shock di domanda, anche se l’attuale appare peculiare.

La mossa della Fed è stata descritta da alcuni come la reazione panicata di fronte ad un mercato che ha una delle sue ricorrenti crisi di nervi. Tutto vero, è la storia degli ultimi vent’anni. Ma non scordiamo che i crolli di borsa producono shock negativi e restrizione delle condizioni finanziarie, anche attraverso l’aumento degli spread di credito. Quindi, anche se tutto vi pare assurdo e non vedete l’ora di risvegliarvi, la mossa della Fed ha comunque un suo senso, anche se di impatto reale probabilmente non elevato.

Il problema vero è che la politica monetaria ha pressoché esaurito la propria “spinta propulsiva”, fuori dagli Stati Uniti e forse anche lì. Anche ammettendo che mezzo punto o un punto in meno di tassi d’interesse non serve a curare epidemie o a riportare in esercizio ed integrità le catene di fornitura interrotte.

Tutti si attendono ora un passo dalla politica fiscale. Facile a dirsi, assai meno a farsi, perché la politica fiscale è una bestia complessa, con i suoi ritardi di impatto e perché il mondo già scoppia di debito soprattutto privato, creato in oltre dieci anni di politica monetaria lasca e credito facile. E soprattutto perché la politica fiscale è nazionale, non tutti hanno margini per attuarla e il rischio è sempre quello di muoversi in ordine sparso, con inevitabili effetti di spillover che beneficiano “l’estero” rispetto al “domestico”, anche se le epidemie non si fermano in dogana.

Sul che fare in questa assai difficile situazione, l’economista John Cochrane ha pubblicato uno dei suoi affascinanti post, che somigliano a flussi di coscienza o a pensieri a voce alta e trascrizione immediata. Si inizia con l’identificazione “del” problema:

Vedo enormi problemi finanziari. Fabbriche e negozi possono chiudere, ma l’orologio continua a ticchettare. Le aziende devono ancora ripagare i debiti, con nulla in entrata. Probabilmente devono anche pagare gli stipendi, altrimenti come fa la gente a comprare cibo? La gente deve pagare il mutuo, probabilmente senza reddito in entrata. Potrebbe esserci un’ondata di fallimenti, insolvenze, o semplicemente incapacità a pagare conti e bollette. Una chiusura economica anche di modesta durata, se non gestita, potrebbe essere una catastrofe finanziaria.

Allora si dovrebbe semplicemente lasciare che aziende e privati si indebitino oltre, attendendo che il Pil ritorni? Non esattamente, perché non tutta la produzione tornerebbe, a situazione normalizzata. E questo anche ipotizzando che nel frattempo non si verifichi una morìa di imprese, che taglierebbe capacità all’economia. In breve, il Pil perduto oggi non tornerà in pari misura, passata l’emergenza. Ed oggi siamo di fronte al rischio che persone ed imprese non abbiano liquidità con cui vivere.

Che fare, allora? In astratto, secondo Cochrane

Abbiamo bisogno di un dettagliato piano di gestione di una crisi finanziaria causata dalla pandemia, che blocchi fallimenti ed insolvenze dove possibile, senza mettere in crisi chi contava sul rimborso dei propri crediti, e che inondi il paese di soldi nei posti giusti, come farebbe un’assicurazione, ma in non troppi posti sbagliati. Si, avete sentito bene, bailout mirati con giudizio sono davvero l’unico modo per impedire ad aziende e persone di andare in fallimento, data l’assenza di assicurazione sulle pandemie.

Ovviamente, l’ipotesi di salvataggi ex post espone al rischio di azzardo morale:

Poi dovremo immaginare come impedire l’atroce azzardo morale che tali interventi producono. Le pandemie saranno una cosa regolare. I salvataggi ex post riducono ulteriormente l’incentivo a risparmi precauzionali ex ante. Con vigili del fuoco troppo bravi, la gente immagazzina benzina in cantina.

E riguardo alla politica monetaria, a che servirebbe?

Si potrebbe dire che un taglio dei tassi potrebbe fornire tale liquidità. Ma il livello del tasso ufficiale è problema molto piccolo per una azienda che necessita di un prestito per continuare a pagare mutuo o affitto, bollette, debiti, non ha assolutamente incassi, non può comprare forniture se ve ne fossero e la banca rifiuta (giustamente) di fare tali prestiti, a qualsiasi tasso. Quindi, sì, questa visione cupa argomenta a favore di un forte taglio dei tassi quando serie perturbazioni economiche colpiscono. Ma è una salva molto piccola rivolta al problema fondamentale.

Tiriamo le somme? Proviamo. Il problema centrale è la liquidità. Quindi, occorre tutto quello che serve per preservarla e ricostituirla in attesa che la situazione si normalizzi. Bollette, tasse, mutui: tutto va sospeso per i soggetti che vedono inaridire le proprie entrate. E quando la situazione tornerà alla normalità serviranno comunque rateazioni del pregresso dovuto. In più, serve allargare l’accesso a strumenti di sostituzione del reddito per i lavoratori, del tipo cassa integrazione straordinaria.

L’azzardo morale? C’è, ovviamente. Le aziende zombie esistono da tempo, in questo contesto globale di credito facile. Ora potrebbero moltiplicarsi. E in Italia, col suo debito pubblico enorme ed una economia strutturalmente boccheggiante, che accadrà? Rinviamo la risposta ma una cosa vorrei dire: la famosa ripresa a forma di V, che in Italia mai abbiamo visto in lustri, da noi prenderà la solita forma di L, e terremo in vita artificialmente aziende morte da molto tempo.

A questo punto, e non solo per evidenti considerazioni epidemiologiche, che pure dovrebbero essere prevalenti, meglio adottare strategie di contenimento rigidissime, per un periodo di tempo auspicabilmente ridotto. Inutili prese di posizione del tipo “apriamo i musei, siamo aperti per business, guardate che meraviglie abbiamo e produciamo, nessuno ci può fermare, siamo il tesoro del genere umano”.

Altrettanto ovviamente, questa strategia di contenimento serrato deve essere globale, o non sarà.

Per noi italiani è un sentiero strettissimo, tra salute ed economia, e non aiuta avere un dibattito pubblico ad alto tasso di beceraggine, da ogni angolo, tra “piani Marshall” e “ma gli altri non fanno i tamponi”, “ce l’hanno con noi italiani, facciamoci rispettare”. Ricordate che questo è il paese dove, due settimane fa, leggevamo di “sospendere Schengen” (la frase preferita dei nostri sovranisti scemi), a “aprite tutto, torniamo a vivere, basta con l’allarmismo”, da parte degli stessi scemi ma con truppe di rinforzo tra i meno contagiati dal populismo bacato.

Quando tutto sarà finito conteremo i danni, che non saranno lievi proprio perché il tessuto economico del paese era già lacerato in più punti. Di quello culturale, meglio tacere.

Foto di Thomas Wolter da Pixabay 

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.233) 5 marzo 2020 16:29
    Damiano Mazzotti

    Qui si tratta una vera e propria psicopatologia mediatica internazionale. Bisogna che almeno una ventina di premi Nobel si riuniscano in un Meeting negli Stati Uniti per rassicurare tutti i governi e a tutti i cittadini del mondo via TV. Meglio siano presenti molti premi Nobel per l’Economia e la Medicina. Molti governanti non hanno la minima concezione del processo catastrofico mediatico che hanno avviato. Per approfondire:

    https://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/ldquo-globalizzazione-ha-costo-altissimo-ora-stiamo-228928.htm

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.233) 5 marzo 2020 17:27
    Damiano Mazzotti

    La pista del paziente tedesco asintomatico con il coronavirus come base di partenza del contagio europeo sembra sempre più probabile: https://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/altro-che-italiani-untori-primo-caso-europeo-coronavirus-potrebbe-228937.htm

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.233) 5 marzo 2020 17:54
    Damiano Mazzotti

    Appello di un virologo al massimo della sua esperienza professionale, anche internazionale:

    Un altro medico che sa fare il suo lavoro, e dunque non vedrete nei talk show né leggerete sui quotidiani. Il professor Giulio Tarro, MD, Ph.D, a capo della Divisione di Virologia e Presidente del Comitato Etico per l’Ospedale D. Cotugno per le Malattie Infettive, premiato nel 2018 come Miglior Virologo dell’anno. Ecco cosa dice del #CoronaVirus:

    "Il rischio rappresentato dal COVID-19 è sostanzialmente uguale a quello delle tante epidemie influenzali che si registrano ogni anno senza per questo provocare scalpore."

    Il vero nemico è questa fobia che qualcuno sta gonfiando di proposito, spingendo le masse al fanatismo scientista.

    Delucidazione in merito al coronavirus
    Giulio Filippo Tarro, Medico Ricercatore

    Care Mamme e cari Papà,

    la sintomatologia di questa sindrome respiratoria da coronavirus viene considerata moderata per la maggior parte dei casi come un semplice raffreddore, che può però approfondirsi a livello bronco polmonare e dare una polmonite "mite", secondo il centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie, dichiarazione effettuata a fine febbraio dopo l’osservazione di circa 90mila casi.

    Il rischio rappresentato dal COVID-19 è sostanzialmente uguale a quello delle tante epidemie influenzali che si registrano ogni anno senza per questo provocare scalpore.

    Veramente, nel 1973, quando scoppiò il colera a Napoli, al di là di qualche folkloristica “barricata”, notai soprattutto confusione che avveniva in una città certamente preoccupata, ma che non vedeva l’attuale arrembaggio dei supermercati da parte di persone che, evidentemente, temono di dover morire di fame.

    Panico generalizzato invece nel 1978 durante la malattia che colpì per lo più i bambini tra uno e due anni di vita affetti da bronchiolite, anche per sciagurate diagnosi e terapie, che cominciò a trasformarsi sui giornali in una epidemia di male oscuro che terrorizzò la popolazione finchè io scoprii il virus respiratorio sinciziale che la provocava.

    Adesso facciamo un esempio.

    Ogni anno muoiono in Italia circa diecimila persone (per lo più anziane o affette da qualche patologia pregressa) per virus influenzale.

    La cosa non fa notizia, soprattutto perché queste morti sono disseminate in tutto il territorio nazionale.

    Immaginiamo ora che tutte le persone a rischio vengano ricoverate in un paio di posti, magari circondati da giornalisti alla ricerca di qualche scoop. La conseguente “epidemia di influenza che può causare la morte” spingerà innumerevoli persone (ogni anno sono colpiti da sindrome influenzale circa sei milioni di Italiani) a pretendere analisi ed una assistenza impossibile ad ottenere.

    Intanto dobbiamo staccare la spina ad una “informazione” ansiogena e ipocritamente intrisa di appelli a “non farsi prendere dal panico”.

    E questo, soprattutto, per permettere alle strutture sanitarie interventi mirati. Quali questi debbano essere non mi permetto qui di suggerirli in quanto, nonostante lo sfascio del Sistema Sanitario Nazionale, abbiamo ancora in Italia ottimi esperti. L’importante è che siano lasciati in grado di lavorare.

    Bisogna considerare che oltre il 99% delle persone che vengono contagiati dalla malattia guariscono ed i loro anticorpi neutralizzano il virus e possono pertanto essere utilizzati per i contagiati più gravi.
    Come prevenzione si suggerisce quanto già conosciamo per raffreddore ed influenza: frequente ed approfondito lavaggio delle mani e del viso, coprirsi con il gomito da tosse e starnuti, anche con mascherine ad hoc, stare a casa se ammalati, richiedendo l’immediato intervento sanitario se intervengono difficoltà respiratorie.

    Le prospettive a questo punto dipendono dal comportamento epidemiologico tipo prima SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome), esaurendosi e rimanendo una zoonosi nella provincia di origine oppure dando luogo ad epidemie sporadiche come la MERS (Middle East Respiratory Syndrome) e l’influenza aviaria relativamente per pochi individui ovvero, infine, diventando una virosi respiratoria umana stagionale come nel caso dell’ultimo virus influenzale della suina 2009 o degli altri coronavirus regionali meno aggressivi.

    Da medico virologo una ultima considerazione:

    Oggi l’ansia di una intera popolazione si sta concentrando su come tenersi alla larga da questo maledetto virus. Nessuno o quasi riflette che noi, in ogni momento, siamo immersi in un ambiente saturo di innumerevoli virus, germi e altri agenti potenzialmente patogeni.

    E in questi giorni, quasi nessuno ci dice che se non ci ammaliamo è grazie al nostro sistema immunitario il quale può essere compromesso, - oltre che da una inadeguata alimentazione e da uno sbagliato stile di vita - dallo stress, che può nascere anche dallo stare in spasmodica attenzione di ogni “notizia” sul Coronavirus regalataci dal web e TV.

    Non vorrei quindi che questa psicosi di massa faccia più danni dell’ormai famigerato Covid-19. Care mamme e cari papà confido nel vostro buon senso e nel vostro amore per i figli.

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.233) 5 marzo 2020 20:03
    Damiano Mazzotti

    Può avere senso fermare l’economia e la scuola quando non si fermava nemmeno in tempo di guerra col rischio di far fallire molte aziende per sempre? Davvero non esiste il modo di educare a vivere con il rischio inevitabile di ogni vita? Mai si è pensato di limitare la circolazione stradale per limitare gli inevitabili morti. Possiamo rischiare di bloccare anche l’economia stagionale estiva? Io direi di no: https://www.liberoquotidiano.it/news/italia/20657537/coronavirus_l_infettivo logo_massimo_galli_avverte_non_c_e_prova_che_il_caldo_diminuisca_i_con tagi_.html

  • Di Guido (---.---.---.121) 6 marzo 2020 12:42

    C’è una similitudine con Hitler nel bunker che manovra divisioni corazzate inesistenti

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.233) 8 marzo 2020 09:32
    Damiano Mazzotti

    Il caso scozzese dell’epidemia del 1968-1970, il problema dell’epidemia del nuovo coronavirus è che purtroppo non è diluita nel tempo e ha creato un picco di contagi che è difficile da gestire negli ospedali (è molto più contagiosa). Ma chi si ammala oggi potrebbe essere più protetto il prossimo autunno se apparirà una forma di Covid-19 più aggressiva e grave: https://vaccinarsi.blogspot.com/2009/12/la-pandemia-influenzale-del-1968-70-due.html

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.233) 8 marzo 2020 09:34
    Damiano Mazzotti

    Breve sintesi storica delle principali epidemie influenzali: https://www.epicentro.iss.it/passi/...

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