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L’egemonia tedesca e la violenza del mercato

Intervista a Bruno Amoroso, docente emerito dell’Università di Roskilde, Danimarca, Presidente del Centro Studi Federico Caffè e Co-direttore della rivista Interculture (Marzabotto).

La Grecia fallisce, l’Italia barcolla, la Germania minaccia l’abbandono. Com’è la situazione dell’Europa, oggi?

- La domanda contiene gran parte delle risposte richieste. Assistiamo impotenti al fallimento degli obiettivi del processo di cooperazione europea – cooperazione economica finalizzata alla coesione sociale, economica e territoriale e co-sviluppo con i paesi e le altre aree mondiali in un quadro di rapporti pacifici tra stati – e alla ripresa di conflitti interstatali che riportano al clima degli anni Venti e Trenta che dette origine alla seconda guerra civile europea. Oggi come allora si va affermando con la violenza del mercato e della finanza un'egemonia tedesca sull’Europa che, grazie alla forza acquisita con i meccanismi del mercato unico e della politica agricola comunitaria invade lo spazio economico e politico degli altri stati nazionali. È la Germania, oggi come allora, che nomina governi quisling negli stati europei con la complicità delle istituzioni nazionali – come è avvenuto in Italia sia ai tempi del Re con la nomina di Mussolini sia oggi ai tempi di Napolitano con quella di Monti – e con la trasformazione del Parlamento in un’“aula sorda e grigia” priva di opposizione.

Cos’è che tiene insieme i 27 Paesi della Comunità europea?

- Quello che avrebbe dovuto tenere insieme i 27 paesi europei era un progetto comune di pace e cooperazione. Ma prima con la guerra fredda e poi con la globalizzazione e le sue politiche neoliberiste, l’adesione all’UE è stata promossa con pratiche di corruzione politica e mercantile, indirizzando le scelte degli stati nazionali con i vantaggi economici promessi o con i rischi di esclusione che ne potevano derivare. Che le politiche redistributive (fondi strutturali e simili) siano state usate in questa direzione, e quindi comprando il consenso alle politiche neoliberiste e militari dei gruppi dirigenti e intellettuali europei, appare oggi evidente. I mostri che questo ha generato, come la rinascita di un revanscismo tedesco pieno di disprezzo verso i popoli dell’Europa del sud e del Mediterraneo, sono l’aspetto inquietante di quanto sta avvenendo nella generale disattenzione.

Ancora una volta l’Italia diviene, grazie a un governo nominato su indicazione della Germania e dei gruppi di potere finanziario, parte dell’Asse tedesco-italiano rendendosi partecipe oltre che alla distruzione della propria economia a un'azione di rapina verso gli altri paesi del sud e del Mediterraneo nell’illusione di conquistare propri spazi vitali a sud e a est. Al contrario la Germania e le altre potenze economiche occidentali continuano ad applicare verso l’Italia politiche che, come sottolineava l’economista Riccardo Parboni, mirano a tenere il paese in condizioni di poter nuotare a pelo d’acqua in modo che non affoghi ma senza consentirgli un ruolo economico autonomo.

Che ruolo hanno (e quali rischi recano) gli emergenti estremismi politici, sia di destra sia di sinistra (come ad esempio quello ungherese)?

- Hanno il ruolo di sfruttare la rabbia e la reazione sociale che non trova altre forme di rappresentanza e di sostegno politico e sono quindi destinate a sfociare inevitabilmente verso forme di nazionalismo aggressivo così come è sempre avvenuto e con esiti imprevedibili. La storia insegna, in Europa come altrove, che politiche antisociali come quelle che si stanno introducendo non colpiscono tanto i ceti più poveri, da sempre abituati a sopravvivere ai margini e fuori dei sistemi istituzionali di reddito e protezione sociale, ma i ceti medi. E la tragedia viene dal fatto che questi ceti sociali reagiscono all’impoverimento non con la solidarietà e l’opposizione sociale, ma attivando meccanismi egoistici di autodifesa che frammentano il tessuto sociale del paese e la solidarietà verso altri popoli. A questo danno risposta forze di destra e il governo Monti che in alleanza con la Germania isola la Grecia, la Spagna e gli altri paesi colpiti dalla crisi e pigia sul pedale del razzismo (i fannulloni, le cicale) e delle avventure militari.

L’Europa sanziona l’Italia per il suo comportamento irrispettoso dei diritti umani nei confronti degli immigrati. Perché?

- L’Europa duplica anche in questo campo in modo passivo l’ipocrisia delle forme di diritto internazionale e dei diritti umani che ha contribuito a scrivere. Le tragedie sociali dell’emigrazione sono il risultato del “successo” delle politiche di integrazione europea verso l’Africa e il Mediterraneo che sono servite a deprivare questi paesi della possibilità di far crescere i propri sistemi produttivi e a drenarli dei propri capitali e delle proprie ricchezze naturali. Le critiche all’Italia servono ad oscurare comportamenti analoghi e ben più rigidi e inumani seguiti negli altri paesi europei dove i processi di respingimento e di espulsione avvengono in forme e in un clima che divergono da quelli italiani solo per la maggiore rigidità e efficienza.



Ogni tanto si sente ripetere che l’Europa dovrebbe darsi una politica comune riguardo all’immigrazione. Sembrerebbe sensato; perché finora non se ne è fatto niente?

- Perché l’obiettivo vero perseguito dall’Europa – dietro il polverone delle politiche euro-mediterranee verso le quali ci dobbiamo confessare tutti complici anche chi come me non ha risparmiato critiche ma ha tuttavia partecipato, contribuendo quindi a legittimarle – non è mai stato quello di creare le basi economiche e sociali per bloccare l’emigrazione favorendo processi di crescita economica per renderle autonome e sostenibili ma, al contrario, condizionarle per accrescerne la dipendenza come dimostra l’andamento dello scambio tra Europa e Paesi mediterranei nel corso di mezzo secolo.

Il problema dell’emigrazione è stato concepito come un problema di sicurezza e di controllo delle frontiere scaricando anche i costi di queste funzioni a paesi come l’Italia, Spagna, ecc. Perché i paesi dell`Europa del sud non sono riusciti ad imporre all’UE politiche comuni per l`emigrazione è dovuto alla tradizionale debolezza di questi paesi nel far valere le loro posizioni in modo coordinato all’interno dell’UE. La responsabilità dell’Italia è forte in questo quadro perché ha sempre scelto, come fa oggi con la crisi finanziaria, di allearsi con la Germania e la Francia contro i paesi del sud nella speranza di partecipare al dividendo delle crisi e delle guerre.

Adesso non più soltanto la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, ma anche la Banca centrale europea e gli accordi bilaterali franco-tedeschi dettano l’agenda economica ai Paesi dell’Unione. Quale rischio per la politica?

- Sì, è vero e ciò è possibile perché i gruppi potenti della finanza internazionale hanno in questi ultimi venti anni esteso il loro controllo dalle istituzioni dell’economia a quelle politiche degli Stati. La politica e le sue istituzioni hanno semplicemente cessato di esistere e sono divenute società di servizio per la finanza internazionale.

Si è spesso sperato che un’Europa coesa potesse costituire una valida alternativa, anche e soprattutto culturale, ai modelli americano e cinese e che potesse costituire un modello e perfino un traino su temi fondamentali come quello dei diritti umani e dell’ecologia. Un’illusione, o una legittima ambizione?

- Il Modello Europa ha creato una nuova forma istituzionale che non trova confronti nel mondo: un potere unico in mano a una finanza speculativa e mafiosa che mediante la Banca Centrale europea e le sue prefetture nazionali – le cosiddette banche centrali nazionali – ha preso in mano il governo degli Stati e dell’Unione. Questo rende la situazione particolarmente grave, impedisce risposte nazionali ed affida le uniche risposte possibili a forme incontrollate e quindi facilmente manipolabili di conflitto sociale ed a risposte nazionalistiche. È insomma la strategia di destabilizzazione selettiva della quale vediamo l’applicazione con la “primavera araba” di Obama, che oggi viene applicata all’Europa, con un'arroganza che porta a sottovalutarne gli effetti perché può anche sfuggire di mano come avvenne col nazismo, il fascismo ecc., affermatisi anche grazie all'appoggio dei liberali.

Di quando in quando qualche politico cavalca l’onda del malcontento popolare proponendo l’uscita dall’Europa. Cos’hanno da guadagnare oggi i cittadini europei (e italiani in particolare) dalla permanenza dello Stato nell’Unione?

- L’UE è oggi la camicia di forza dalla quale bisogna uscire rapidamente per ricostituire insieme ai paesi dell’Europa del sud un processo federale di riavvio dell’unità europea su criteri di cooperazione policentrica tra grandi aree europee e mondiali.

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