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L’ecomafia made in Cosa nostra

L'ecomafia made in Cosa nostra

Per la camorra, la ‘ndrangheta e Cosa nostra il business della “monnezza” è oro. Le mafie agiscono di concerto nel settore. L’imprenditoria mafiosa, di tutti i sodalizi mafiosi, ha trovato nel business dei rifiuti il naturale sviluppo di uno dei settori tradizionali del proprio modo di fare affari: il movimento terra e le cave.

Ma andiamo alla cronaca di oggi riportando quello che pubblica la testata AntimafiaDuemila.

I Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico coadiuvati da personale Comando Provinciale Carabinieri di Palermo e del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza di Palermo a seguito di attività tecnico ispettiva svolta su delega della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo (Proc. Aggiunto Dott. INGROIA Antonio, Sost. Proc. Dott.ssa PICOZZI Annamaria e Sost. Proc. Dott. DEL BENE Francesco) hanno rinvenuto una discarica abusiva di vaste dimensioni all’interno dell’area del cantiere della ditta EU.TE.CO. s.r.l. sita in via Chirone, nel quartiere palermitano di Partanna Mondello.

In particolare, lo scavo eseguito dai Vigili del Fuoco, ha permesso di rinvenire due siti dove era stata interrata una grande quantità di rifiuti speciali di vario tipo, dalle terre e rocce da scavo, a materiali plastici da imballaggi, a batterie al piombo esauste, oli minerali esausti.
Inoltre il personale dell’A.R.P.A. ha eseguito numerose campionature del terreno in quanto c’è il forte sospetto che il terreno possa essere stato contaminato da olio PCB. Quest’ultimo rifiuto speciale pericoloso altamente inquinante è parte integrante di alcuni trasformatori-condensatori elettrici rinvenuti durante le operazioni di scavo.
Dai preliminari accertamenti eseguiti, si ritiene che i rifiuti rinvenuti siano da ricondurre alle attività imprenditoriali della EU.TE.CO. s.r.l., ditta che nel corso degli ultimi anni si era aggiudicata numerosi appalti per la manutenzione degli impianti e delle linee elettriche pubbliche nella provincia di Palermo.
I rifiuti sono stati interrati in un terrapieno, la cui realizzazione ha determinato anche un cambiamento morfologico del sito sopraelevandolo di 3 metri circa rispetto al piano di campagna, ed in una buca profonda circa 4 metri, il cui piano era stato ricoperto con circa 30 cm. di cemento.
La ditta EU.TE.CO: lo scorso 22 marzo è stata sottoposta a sequestro preventivo da parte della Direzione Distrettuale Antimafia, nell’ambito dell’operazione che ha portato all’arresto dell’architetto Giuseppe LIGA, di Amedeo SORVILLO e Agostino CAROLLO, questi ultimi due formalmente cointestatari della suddetta società.


Per questo motivo il reato contestato è l’abbandono di rifiuti speciali aggravato dall’articolo 7 per aver favorito l’associazione mafiosa.
L’architetto Giuseppe LIGA era stato arrestato con Amedeo SORVILLO e Agostino CAROLLO il 22 marzo scorso, per lui l’accusa era di associazione di stampo mafioso ed estorsione aggravata, mentre per il CAROLLO ed il SORVILLO di trasferimento fraudolento di valori aggravato, per essersi fittiziamente intestati la titolarità delle quote sociali della “Eu.Te.Co.” s.r.l., in modo da consentire al LIGA di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione.
Il Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri ha provveduto a sequestrare le aree interessate della discarica abusiva con i rifiuti rinvenuti, delimitando al contempo altre aree comprese all’interno del citato cantiere dove nei prossimi giorni proseguiranno le attività di scavo.

Ha ancora senso parlare di Ecomafia? C’è una relazione stretta, nel nostro Paese, tra analisi e denuncia dei fenomeni criminali, lotta alla mafia e aggressione illecita al territorio e alle risorse naturali. Questo legame c’è da tempo. Già nel 1991 Giovanni Falcone spiegava che il boss mafioso si stava evolvendo, stava raffinando i propri interessi e le proprie aree di condizionamento. Spiegava, infatti, che dai terreni tradizionali dell’imprenditoria mafiosa (gli inerti e le cave e poi il cemento e l’edilizia), le mafie si accingevano a entrare nel business degli appalti pubblici con ancora più efficacia, e in settori, come i rifiuti, allora ancora non sfruttati dai clan. Quello che avvenne subito dopo, con l’affermarsi del potere dei Casalesi e la loro capacità imprenditoriale sia sugli appalti e i cantieri dell’alta velocità ferroviaria sia sul traffico illecito di rifiuti speciali e tossici e nocivi, confermarono l’intuizione del magistrato. Negli anni 90 la questione rifiuti, in particolare industriali, divenne il terreno di crescita di una nuova forma di imprenditoria che nel suo sviluppo illegale o para legale vide i clan di camorra e ’ndrangheta diventare soggetti fondamentali.

Le vicende dei traffici internazionali e delle navi dei veleni sono una dimostrazione ulteriore di come l’imprenditoria inquinata dei colletti bianchi e le mafie si intersechino e agiscano in modo del tutto congiunto. Ma è negli ultimi anni che il sistema criminale e quello imprenditoriale inquinato e settori deviati della pubblica amministrazione diventano sistema. L’evidenza di quello che è successo negli ultimi anni in Campania e di quello che sta succedendo in questi giorni in Sicilia racconta una storia di inquinamento di pezzi anche ampi della politica e della pubblica amministrazione da parte di settori collegabili alle mafie o ad ambienti a esse contigui. Ormai il settore ambientale (la “monnezza” in particolare) è diventato una delle voci di bilancio più importanti (per alcune aree la più importante). Il termine “ecomafie” di fatto è riduttivo. Le mafie, nel loro insieme, hanno individuato nel settore ambientale un business a cui non sono disposte a rinunciare, ancora più interessante e lucroso degli appalti in opere pubbliche (anch’esse connesse al tema urbanistico, ambientale). Quindi non esiste “mafia” ed “ecomafia”. Il fenomeno è lo stesso, i personaggi sono gli stessi, il business è l’unico obiettivo. Il latitante Bernardo Provenzano, poco prima della sua cattura, parlava chiaramente di investire nel business ambientale. Matteo Messina Denaro, con il tentativo addirittura di entrare nel settore dell’eolico e quindi delle energie rinnovabili, ha dimostrato che un boss che si occupa principalmente di droga, estorsioni, traffico di armi, è perfettamente in grado di capire l’importanza di entrare nel grande giro di affari che rappresenta il settore ambientale nel suo insieme. Sporcando, con il suo interessamento, anche un settore strategico e fondamentale come la produzione di energia da fonti rinnovabili.

Quello che i pm di Palermo coordinati dal procuratore aggiunto Antonio Ingroia stanno svelando scavando nell’intreccio di affari e interessi collegati in qualche modo all’architetto Liga dimostrano che anche Cosa nostra, finora ampiamente sottovalutata, è ben presente e attiva nel settore delle cosiddette Ecomafie. E non è difficile, anche alla luce della recente operazione che ha svelato il collegamento fra Casalaesi e Cosa nostra per la gestione del mercato ortofrutticolo, che il legame fra le varie mafie c’è, la collaborazione è in atto e si fanno affari insieme, con spregiudicatezza e, questo un dato davvero allarmante, con naturalezza. E la ‘ndrangheta? Anche lei sarebbe ben presente all’interno di questa joint venture.

L’avvio di nuovi accertamenti al Comune di Fondi (Latina), e’ stato chiesto dalla deputata del Pdl, Angela Napoli, in una interrogazione ai ministri dell’Interno e della Giustizia che fa seguito all’operazione di ieri della Dia sulla gestione del mercato ortofrutticolo attuato
da un cartello di clan della camorra, della mafia e della ‘ndrangheta. ”Gia’ il 6 luglio 2009 – ha sostenuto la Napoli – e’ stata condotta un’operazione, con 17 arresti, frutto di un inchiesta relativa alla Citta’ di Fondi dalla quale era emerso che la ’ndrangheta era diventata padrona nell’agro pontino: dalla gestione del mercato ortofrutticolo di Fondi al controllo di importanti lavori pubblici nella provincia di Latina. Dall’inchiesta erano emerse responsabilita’ anche di amministratori locali, funzionari comunali e persino del capo della Polizia municipale. Gli uomini della ‘ndrangheta coinvolti in quella operazione appartengono alla nota cosca Tripodo di Sambatello di Reggio Calabria”. ”All’alba di ieri – prosegue la parlamentare – sempre la Dia di Roma e la squadra mobile di Caserta, hanno arrestato 67 persone appartenenti ai vertici del clan Casalesi e della cosca mafiosa dei Santapaola-Ercolano di Catania. L’operazione di ieri e’ scaturita dall’inchiesta che ha svelato il controllo del trasporto ortofrutticolo attuato da un cartello di clan della camorra, della mafia e della ‘ndrangheta”.
Nonostante la nuova operazione che ha coinvolto il Mof di Fondi, uno dei mercati ortofrutticoli piu’ importanti d’Europa, prosegue la parlamentare, ”alcuni politici locali, pur applaudendo all’intervento delle forze dell’ordine, continuano a definire ‘illazione’ la presenza della ‘ndrangheta al Mof. Le precedenti attivita’ d’accesso al Comune di Fondi avevano dato risultanze oggetto di pluri-interventi nella Commissione parlamentare antimafia, che tuttavia per note scelte del Consiglio comunale, non hanno comportato alcuno scioglimento per infiltrazioni mafiose. Sicuramente, sia la stessa minimizzazione che viene lanciata sulla pervasivita’ e potenzialita’ della ’ndrangheta sul Mof di Fondi, quanto le risultanze della stessa nuova inchiesta giudiziaria, evidenzia la presenza di ’fiancheggiatori’ che dovrebbero essere perseguiti”. (Ansa)
Dall’inchiesta a cui fa riferimento l’Onorevoli Napoli è emerso anche un’altro dato. Che a partecipare all’affare c’erano alcune figure collegate direttamente alla figura del super latitante Matteo Messina Denaro. Questo fa emergere, se ce ne fosse stato bisogno, uno scenario davvero inquietante. Ovvero che Cosa nostra non è affatto in fase di ritirata, ma anche attraverso il suo personaggio più di spicco ha ripreso a fare “politica”. Una politica di alleanze spregiudicate con le altre mafie non più concorrenti ma socie in affari.

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