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L’ecofascismo: una sfida (intellettualmente) seria?

Il Guardian dedica un articolo all’ecofascismo ed alle alternative possibili per salvare il pianeta dalla catastrofe ambientale senza dover per questo sospendere democrazia e diritti civili. 


 L’ecofascismo contemporaneo, così come inteso nel dibattito anglosassone, si basa sull’assunto secondo il quale la democrazia sarebbe intrinsecamente incapace di approvare e di far rispettare quelle misure che sarebbero necessarie per salvare il pianeta dall’esaurimento delle risorse o dalla catastrofe ambientale.

Secondo questa corrente marginale dell'ambientalismo il pianeta può al contrario essere salvato soltanto da una serie di governi autoritari in grado di imporre ed applicare misure drastiche quali per esempio controllo delle nascite, messa al bando dei combustibili fossili, dei mezzi di trasporto privati e del trasporto aereo, smantellamento dei grandi centri urbani, abolizione del commercio internazionale. La gravità della situazione, in ogni caso, giustificherebbe secondo gli ecofascisti qualsiasi mezzo: secondo alcuni sarebbe necessaria l'instaurazione forzata di un sistema sociale basato sui villaggi e sulle piccole comunità rurali (alla Pol Pot), secondo altri sarebbe sufficiente una dittatura in grado di promuovere quel mix di rieducazione forzata e di super-innovazione tecnologica in grado di tener sotto controllo i rischi.

Benché l'ecofascismo sia un movimento marginale, e benché la galassia dell'ecologismo sia in gran parte profondamente antifascista e libertaria (basti pensare che il principale movimento che affronta in maniera strutturale la questione si chiama "Movimento per la Decrescita Felice"), la sfida intellettuale posta da queste posizioni estreme è interessante.

La risposta dello stesso editorialista del Guardian, inoltre, è inadeguata: secondo lui, la speranza starebbe nella diminuzione spontanea dei consumi "facilitata" dall'abolizione della pubblicità (tra l'altro atto illiberale, per quanto magari auspicabile o creativo - vengono citati gli ad-busters). Anche la risposta dei governi appare inadeguata: misure estremamente ridotte ed inapplicabili, la mannaia della riduzione di emissioni utilizzata soprattutto per tarpare la crescita ed il diritto al miglioramento delle (pessime) condizioni di vita dei paesi ex coloniali.

Per quanto mi riguarda, l'ecofascismo è ed è destinato a rimanere una sfida intellettuale ed un paradosso filosofico (ed un'ottima ma pericolosa traccia per un tema in classe) piuttosto che una minaccia reale: se esiste una cosa per la quale la gente è disposta ad accettare una dittatura che gli chiede di peggiorare le proprie condizioni materiali, questa non è sicuramente l'ambiente (nemmeno se la posta in gioco è il destino del pianeta: più probabile la rimozione del problema). Ma il vento può cambiare; e per allora, sarà il caso di aver trovato (ciascuno nel proprio piccolo) una risposta convincente a questo bel paradosso.

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