L’eclettismo, il talento e la creatività di Jean Cocteau
Sta per chiudere la mostra allestita alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia
E’ visibile fino al 16 settembre l’interessante esposizione Jean Cocteau. La Rivincita del giocoliere, la più esaustiva personale a lui dedicata, mai realizzata in Italia.
Curata da Kenneth E. Silver, esperto autorevole dell’artista ; Professor of fine Arts alla New York University, l’esposizione – attraverso una sorprendente varietà di lavori (oltre 150) che spaziano da disegni, che rappresentano il focus centrale, ad opere grafiche ; da gioielli ad arazzi, documenti storici, libri, riviste, fotografie, documentari e film da lui diretti – traccia lo sviluppo dell’estetica, unica e personalissima, di un artista poliedrico e ne ripercorre i momenti salienti di una carriera tumultuosa.
Un plauso va all’ideazione del percorso espositivo, che si snoda intorno a una serie di capitoli che toccano i principali temi al centro dell’opera di Jean Cocteau (d’ora in avanti JC) : L’Orfeo e il tema della poesia ; l’eros ; il classico nell’arte ; Venezia e il rapporto con Peggy Guggenheim (una mostra di JC inaugurò il 24 gennaio 1938 la sua nuova galleria londinese, Guggenheim Jeune) ; il design, che si esprime nella moda, ma soprattutto nel gioiello e nelle arti applicate (JC sostenne la produzione vetraria e a Murano collaborò con il maestro vetrario Egidio Costantini (Brindisi, 1912 – Venezia, 2007), scegliendo il titolo nel 1968 per la sua galleria d’arte in campo san Filippo e Giacomo : Fucina degli Angeli, aperta nel 1955.
Assai utili alcuni interventi video, visibili nel Web, da parte del curatore, che ha espresso chiaramente il suo pensiero : io penso che ciò che è nuovo e originale in questa interpretazione dell’opera di JC, è il prendere in considerazione la produzione dell’artista nel suo complesso e il guardare alla sua versatilità non come aspetto negativo, dilettantesco o dispersivo, ma piuttosto come segno di immensa creatività. Nel corso degli anni questo suo dedicarsi a troppi ambiti è diventato oggetto di critiche e accuse – è considerato, in genere, un artista circense, una persona abile, superficiale e persino fasulla, più che un artista serio “un clown brillante, un mago da baraccone, un dilettante e un impostore”, secondo il parere di Neal Oxenhandler (St. Louis, 1926 – Sarasota, 2011), autore del primo saggio in lingua inglese sul teatro di JC – ma è proprio questo eclettismo che qui si vuole abbracciare, senza evitare le questioni inquietanti che lo riguardano.
Quest’ampia panoramica presenta tutte le tecniche espressive da lui impiegate nel corso della carriera, comprese quelle della cultura Pop, la pubblicità, i lavori commerciali – nei quali sfrutta i tratti distintivi del suo disegno, come nel caso delle sctole di fiammiferi che riportano i segni zodiacali – la collaborazione con stilisti (ad esempio, con la stilista Elsa Schiaparelli crea l’orecchino a forma di occhio ; dalla Maison Cartier si fa realizzare la spada, su suo disegno, in oro e argento, con smeraldi, rubini, diamanti, avorio (in origine), onice e smalto, che sarà utilizzata il 20 ottobre 1955, quando gli verrà conferito il titolo di “Accademico di Francia”).
Per ciò che riguarda lo stile, JC è un disegnatore brillante, non ostante a volte sia definito un copista o non gli venga riconosciuto il merito della originalità. E invece è immensamente originale, usando, sin dagli inizi, stili diversi. I disegni sono a volte completati con l’uso del chiaroscuro ; a volte sono molto precisi e resi con un’unica linea ; a volte sono in stile cubista (e qui la scelta è da ricercare nell’ammirazione per l’amico e, talvolta, collaboratore, Pablo Picasso) ; a volte lo spazio è reso in maniera grossolana ; in altri casi le masse impresse sul foglio sono usate per creare delle forme.
Jean Maurice Eugène Clément Cocteau (Maisons-Lafitte, nei pressi di Parigi, 5 luglio 1889 – Milly-la-Foret, Ile-de-France, 11 ottobre 1963) era in anticipo sui tempi e credeva che il suo momento sarebbe arrivato nel futuro. E proprio nell’ultima stanza è proiettato il suo appello all’anno 2000 girato nel 1962 nella villa Santo Sospir a Saint-Jean-Cap-Ferrat, da lui stesso affrescata. E’ dedicato ai giovani del futuro, quelli che non lo hanno potuto conoscere in vita, ma che tuttavia potranno conoscere la sua arte.
E’ difficile pensare a una figura altrettanto talentuosa – suonava anche strumenti come il pianoforte e la batteria – e capace di raggiungere risultati così diversi. Penso – conclude Kenneth Silver – che questa vivacità è parte della mostra e sono certo che il pubblico scoprirà che si tratta di un artista accogliente e sorprendentemente contemporaneo.
Godibilissima mi è apparsa la sezione dedicata al cinema. Bellissimi i manifesti originali delle pellicole, alcuni in grande formato, mentre in una saletta seminascosta ci si può accomodare su dei puff per ammirare in versione originale, con sottotitoli inglesi, il suo film più noto, La Belle et la Bete (1945), che inaugurò nel 1946 il neonato Festival di Cannes e che si ispira a una fiaba di Jeanne-Marie Leprince de Beaumont (1711 – 1780).
Infine, molto presenti i disegni di argomento erotico, a volte ironici, di una persona che non ha posto barriere tra la sua dimensione artistica e la vita privata, anche se, nonostante la sua omosessualità fosse nota, JC si è sempre astenuto dal dichiararla apertamente in pubblico : forse i tempi del “Coming out” non erano ancora maturi.
Il catalogo illustrato, che accompagna la mostra contiene un saggio ciascuno di Kenneth Silver e di Blake Oetting, assistente curatoriale alla Peggy Guggenheim Collection (Orfeo due, e più volte : i riverberi queer di JC) ed è edito da Marsilio Arte. Silver spiega nel suo testo che il titolo della mostra è un richiamo all’abilità di JC di riuscire ad attraversare gli ambiti più disparati con uno sguardo trasversale, capace di cogliere e mettere in relazione l’estetica e la storia.
Last but not least. La sera prima della chiusura, domenica 15, dalle 19.30 alle 23, la Collezione Peggy Guggenheim presenta la seconda edizione di Avvenimento, inaugurata nel 2023, grazie al quale il museo diventa spazio di contaminazione tra discipline artistiche differenti.
Questa seconda edizione, sottointitolata Ho amato un sogno?, ideata dal curatore indipendente veneziano Edoardo Lazzari, si ispira alla poetica di JC.
Ho amato un sogno? è una frase ricorrente dell’eclettico artista francese, scelta tanto per la sua ambiguità, quanto per essere indicativa delle ossessioni che accompagnano JC durante la sua intera esistenza.
L’erotico e la sessualità, l’onirico e il fantastico, il visibile e l’invisibile, temi centrali della sua poetica, faranno da sfondo agli interventi performativi presentati per Avvenimento . Nel corso della serata, un continuo dialogo interdisciplinare tra molteplici forme artistiche animerà gli spazi museali e il giardino delle sculture, con l’intento di esplorare i confini tra realtà e fantasia, autobiografia e racconto immaginario, esperienza e desiderio.
Le performance selezionate, alcune delle quali saranno la restituzione finale di laboratori di scrittura, poesia e coro condotti durante i mesi estivi, coinvolgeranno il pubblico in un'esperienza immersiva e partecipata, tra visioni oniriche e momenti di presa di coscienza del reale.
La serata è a ingresso libero, su prenotazione obbligatoria, fino a esaurimento posti. Per maggiori informazioni: guggenheim-venice.it
Ecco il programma delle Performance.
Cu*mmia*1 di Danila Gambettola (danzatrice, performer e ricercatrice) in collaborazione con Ulisse Schiavo (musicista e performer).
Il nuovo Orfeo di Allison Grimaldi Donahue (scrittrice e artista) *la performance è la restituzione di un laboratorio di scrittura poetica plurilingue che si è tenuto alla Collezione Peggy Guggenheim a giugno ’24.
La Voix humaine di Gabriele Rendina Cattani (artista e performer)
Femenine di Gianmaria Borzillo (danzatore, performer e regista) con Max-ine Simonetto (artista e artigiana queer)
Hot Bodies Choir di Gérald Kurdian (artista, performer, musicista) è una performance che coinvolge persone queer, trans, non binarie e gender fluid che hanno partecipato a un laboratorio di cinque giorni di scrittura collettiva e canto corale condotto da Gérald Kurdian alla Collezione Peggy Guggenheim. I testi unici, polifonici e indisciplinati costituiscono le basi della partitura corale arrangiata musicalmente da Kurdian, nata dallo scambio di esperienze e idee, e ispirata a manifesti queer, femministi, sex-positive e decoloniali.
À la Recherche du temps perdu di Est Coulon (artista e performer) .
Giusto il tempo di riordinare gli spazi adibiti alle mostre a tempo determinato ed ecco che dal 12 ottobre al 3 marzo 2025 la Collezione Peggy Guggenheim presenta Marina Apollonio.Oltre il cerchio , prima personale mai realizzata in Italia dedicata a Marina Apollonio (Trieste,12 novembre 1940), tra le maggiori esponenti dell’Arte Optical e Cinetica internazionale, sostenuta e collezionata da Peggy Guggenheim.
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