L’assenza di Giorgia Meloni è la metafora di in governo assente dalla realtà
La scomparsa dai radar mediatici di Giorgia Meloni in questi ultimi giorni di agosto ha permesso a molti di porsi una domanda: L'Italia senza Giorgia Meloni al governo andrebbe peggio o resterebbe la stessa nazione che da anni di trascina problemi che nessuno è in grado di risolvere? La sanità, la scuola, il lavoro, l'imprenditoria funzionerebbero peggio se la puffa mannara dovesse fare le valigie e tornare alla Garbetella? Noi crediamo proprio di no.
Con Giorgia al governo, in due anni, non è cambiato nulla. Lasciamo perdere le statistiche dell'Istat che oltre agli zero virgola non vanno e vengono fatti passare dalla premier come un grande successo del suo governo. Il punto è che non siamo messi meglio dei due anni passati. Prima c'era un certo Mario Draghi che un certo prestigio in campo internazionale ce lo dava, adesso abbiamo una presidente del Consiglio trattata come fosse l'ultima ruota del carro, semplice esecutrice degli ordini di Usa e Unione Europea. Una post-fascista che ha messo in soffitta le rivendicazioni sovraniste e Il “Draghi” di oggi è Raffaele Fitto, e ho detto tutto, avrebbe commentato Peppino De Filippo.
Solo un esaltato poteva credere che Meloni facesse la differenza con il passato. Anche se dobbiamo ammetterlo, una differenza con il passato esiste ed è che questi al governo non hanno idee. Sono confusi. Dicono perle di incredibile ignoranza, come il Lollobrigida pensiero sui poveri che mangiano meglio dei ricchi e che ferma i treni come si fermano i taxi. O a Sangiuliano che non sa che Galielo Galilei nacque dopo Cristofono Colombo.
Quelle poche idee che hanno sono l'autoreferenzialità che prende forma nei decreti che aboliscono gli abusi d'ufficio, che limitano le intercettazioni ambientali, che picchiano i manifestanti che protestano per la guerra in Palestina, che buttano fuori da stampa e televisione giornalisti, scrittori e conduttori che non piacciono. E quando un alleato ha un progetto poco poco civile, come Forza Italia sullo ius scholae, gli tagliano le mani: non se ne farà niente, cadrebbe il governo, e Antonio Tajani non è certo Pietro Nenni pronto a rompere con la Democrazia cristiana.
La destra meloniana sta fallendo su tutti i fronti, interni ed esterni. Ha convinto perfino Matteo Renzi a schierarsi a sinistra, delude gli eredi di Berlusconi, ha perso la scommessa su Marine Le Pen e su un'Europa nazionalista, si è fatta emarginare da Bruxelles, si è inimicata von der Leyer. Giorgia Meloni innervosisce il dibattito pubblico e non capisce che il Paese ne può più di chiacchierare da bar, perché la crisi morde, la disoccupazione resta e combatte con noi, la aziende sono in affanno, le famiglie sono in difficoltà, i poveri sono alla frutta e all'amaro. Ma di tutto questo Meloni sembra disinteressarsene, perché lei pensa solo al premierato perché dalla poltrona di Palazzo Chigi non vorrebbe più schiodare. Ma la sua assenza mediatica è la stessa assenza nella vita reale. Sicché, la sparizione di Giorgia Meloni è la giusta metafora di una premier che c'è o non c'è è la stessa cosa.
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