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L’assai umana resa dei conti nel Pd+s

Fisiologici riti di un'organizzazione umana in cui periodicamente si misurano i rapporti di forza. La parte interessante accadrà dal 26 settembre

Visto che siamo ancora nei dintorni di Ferragosto e nelle nostre lande regna uno strano cazzeggio, alimentato dal giorno del giudizio del 25 settembre e incurante delle nubi (di gas) che si addensano sopra l’Europa, oggi vorrei (ma non troppo) commentare lo psicodramma delle liste elettorali del Partito democratico, che pare aver trovato composizione nella tarda serata di ieri.

Prima obiezione dei lettori: ma che ti frega, se non sei iscritto o elettore del Pd? Un’obiezione sciocchina come questa stagione balneare, direi. L’attrattività di un partito, agli occhi di un soggetto dotato di diritti tra cui l’elettorato attivo, deriva anche dai suoi candidati e dalla loro distanza “valoriale” (uh, che termine orrendo).

In tutta franchezza, non so se si sia compiuto un “regolamento di conti”. Se così fosse, non ci troverei nulla di esecrabile: i partiti sono organizzazioni umane, come tali soggette a trattative e rapporti di forza. Ma questa considerazione non inficia, anzi rafforza, quanto scritto sopra: valutare se un partito si allontana o avvicina al sistema di valori di un elettore. O, detto in termini “mercatisti”, se posso comprare il suo prodotto.

Mi pare che entro il Pd sia andata in onda la resa dei conti verso una corrente che in passato era vicina a Matteo Renzi. Così come in passato è accaduto qualcosa di analogo, a ruoli invertiti. Ovviamente, e proprio per questo motivo, sarebbe da stupidino dire che questa corrente è una quinta colonna; ma l’ho già letto, quindi passiamo oltre.

VERSO SINISTRA

La domanda successiva è: nel Partito democratico è in corso uno spostamento a sinistra dell’asse politico? Mi pare innegabile. La cosa non mi suscita scandalo. Quello che mi infastidisce, piuttosto, è vedere il gran lavorio di soggetti ormai esterni a quel partito, oggi dotati di consenso marginale, che malgrado ciò sono sovrarappresentati sui media e che spingono per un takeover del Pd dal lato sinistro.

Ma anche questo è lecito, dopo tutto. Una piccola nota per i doppiopesisti: anche i fuoriusciti hanno lasciato dentro il partitone i loro “collaborazionisti”. Ma immagino che lì si tratti di “scelte individuali” e “idealità”. Il giorno in cui riusciremo a guardare alle dinamiche umane con occhi meno coinvolti…smetteremo di essere umani. E altrettanto umana è la Schadenfreude di chi, da semplice elettore o commentatore esterno, gode per lo sdegno dei trombati, rimproverandoli di bieco opportunismo nel passato.

Tornando all’attuale rotta del Pd, forse si vuol pescare nel mare magnum dell’astensionismo, ritenendo che quel mare sia a sinistra. Il Pd è un grande irrisolto e incompiuto, e come tale deve passare attraverso numerose fasi di tiro alla fune e rovesciamento delle élite pro tempore. L’importante sarebbe di evitare di leggere ancora, a decenni di distanza, riferimenti alla Bad Godesberg dei socialdemocratici tedeschi, che sono la prova della deformità provinciale del dibattito pubblico di questo paese. Anche perché, parlando del Pd, da Bad Godesberg a Bad Company il passo rischia di essere non lungo.

E ALLA FINE FRANCESCHINI RESTA AL MIBAC

In quanto incompiuto e irrisolto, il Pd dovrà quindi passare attraverso necessarie fasi di resa dei conti tra le correnti e le “macro-aree” che lo compongono. Una volta ridimensionata, fisiologicamente, l’area che impropriamente definiremmo “renziana”, resta quella che altrettanto impropriamente potrebbe definirsi “democristiana”, che per sintesi potrebbe essere ricondotta a Dario Franceschini. Soggetto di grande abilità tattica, come i suoi avi politici, tende ad essere ancorato al ministero dei Beni Culturali.

Gary Lineker diceva che “il calcio è quel gioco dove ventidue uomini rincorrono un pallone, e alla fine vince la Germania“. Qui la variante sarebbe: la politica partitica italiana è “quel gioco dove la destra vince, finisce sugli scogli con precisione svizzera, il Pd torna al governo e alla fine Franceschini torna ministro alla Cultura”.

Tutto questo per dirvi che, da buon democristiano, Franceschini può serenamente coesistere con un’ala egemonica di sinistra, nel Pd che torna Pds e viene riverniciato rosso fuoco con squillo di trombe sulla lotta al liberismo nel paese del socialismo surreale.

A parte ciò, dura è la vita dei partiti genericamente progressisti. Da sempre, ma in Italia di più: se sei “riformista”, vieni attaccato in quanto schiavo dei padroni. Se poi fingi di essere riformista ma hai solo il culo confortevolmente posato sul sistema, è anche peggio.

Tutto ciò premesso, sempre della serie “cazzeggio di un’estate anomala, che prelude a grossi guai”, valuteremo il risultato elettorale di questo Pd sterzato a sinistra verso il rebranding in Pds. Se andrà “bene”, cioè se perderà con onore, sarà occasione per spingere ai margini tutti i “liberali” e “mercatisti” che lo hanno infestato negli ultimi lustri. Qualsiasi cosa ciò significhi.

ASPETTANDO IL 26 SETTEMBRE

Del resto, anche se è diventato il centro del sistema politico, nessuno al Nazareno scorda la regola aurea: “nessun nemico a sinistra”. Poi magari serve capire dove sono i confini esterni della sinistra, e come impiccarsi al senso di colpa per un eventuale mancato dialogo con qualche simbolo di campesinos e nord-coreani riverniciati che fumano sigari cubani, ma ci sarà tempo.

E se invece il Pd+s sperimentale e desideroso di ricongiungersi “a valle” con l’altra costola del progressismo, il M5S, si schiantasse, e pure male, alle elezioni? In quel caso, il dibattito psicanalitico sulle cause della non-vittoria sarebbe certamente più godibile, per un osservatore esterno. Perché i neo-egemoni di sinistra faticherebbero a ripulire il residuo campo “centrista”.

A dirla tutta, potrebbero dire che “non si è vinto proprio per timidezza della spinta riformatrice, causata dalla presenza di soggetti centristi nelle nostre fila”, e tentare la pulizia finale. Per variazione beffarda su questo tema, verranno incolpati i poveri soprammobili arruolati a mo’ di foglia di fico, bollati come “respingenti delle nostre idee di sinistra”. Altre costanti universali dell’azione umana associata, inutile stupirsi.

Come dite? Sto facendo ancora l’antropologo-entomologo? E che altro dovrei fare, a Ferragosto? Forse smettere di dormire per il prezzo di gas ed elettricità e la devastazione economica che avremo entro poche settimane?

Questo articolo è stato pubblicato qui

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