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L’alternativa di Vendola e Bersani

Vendola e Bersani, si sono incontrati, per costruire una alternativa alla destra. Il punto di partenza non è dei più felici.

Un‘alternativa non è una decisione verticistica, ma una costruzione della base. Il PD e SEL non sono Vendola e Bersani ma gli iscritti a questi partiti. Un’alternativa non si connota per le sue posizioni di contrasto, per i suoi avversari, ma per i suoi valori, le sue strategie, i suoi programmi, le sue proposte. Un’alternativa non può prescindere dalla storia, fatta dagli uomini e dalle azioni politiche, dei partiti che la costruiscono.

In questa storia, c’è un punto di discrimine non facilmente superabile, l’appoggio al governo Monti e il voto favorevole alle sue riforme, alle sue leggi. Il PD ha sostenuto, sostiene e sosterrà, questo Governo, Sel non lo ha sostenuto, non lo sostiene e non lo sosterrà.

Più in generale, l’appoggio al governo Monti, rappresenta il suicidio della politica, la sua resa alla tecnocrazia, la sfiducia del partito nelle sue competenze. Ma se un partito non ha fiducia in se stesso, nelle sue capacita di superare la crisi, può chiedere poi fiducia ai suoi elettori?

E’ vero c’è l’emergenza finanziaria. Prima il Paese e poi il partito, dice Bersani. Ma quali le ragioni per le quali il Paese si salva con i tecnici, e non si salva con i partiti? E se il Paese si salva con i tecnici, quali le ragioni per cui il PD non ha condizionato il suo voto all’equità? Il fatto è che molti dirigenti del maggiore partito della sinistra, da Veltroni a Letta a Fioroni, considerano il governo Monti, non una medicina necessaria ma amara, ma una medicina necessaria e gradita.

Il voto favorevole alle riforme, alle leggi del governo Monti, rappresenta un punto di non ritorno, per un partito di sinistra. La riforma delle pensioni, l’abrogazione dell’art 18, sono scelte di estrema destra, sacrifici inutili che non ci allontanano dalla crisi, ma segnano un ritorno indietro, l’annientamento di anni di lotta della sinistra. E allora quale alleanza è possibile tra partiti che, su questi temi di fondo, hanno posizioni contrarie?

E’ vero nella "carta degli intenti” Bersani parla di centralità del lavoro, ma la posizione del PD verso Marchionne e altri industriali sul ricatto ai lavoratori, sulla distruzione dei loro diritti essenziali, conquistati in anni di lotta, non fanno sperare niente di buono.

Per il resto in questi anni, il maggior partito dell’opposizione, quello che dovrebbe essere più vicino ai lavoratori, li ha abbandonati. 

Nella "carta degli intenti” ci sono posizioni interessanti del PD sui diritti civili, in particolare, sulla cittadinanza agli immigrati, sul riconoscimento delle coppie omosessuali, ma questo non vale a colmare l’abisso tra chi ha sostenuto Monti e chi l’ha avversato. Del tutto assenti le problematiche delle carceri, lasciate alle cure strumentali, di un uomo di destra quale Pannella, ben lieto di riempire gli spazi lasciati vuoti dalla sinistra, per rivelarne le contraddizioni e le carenze.

Quale convergenza, con un partito dove un silenzio accondiscendente, accompagna espressioni pubbliche di taluni suoi dirigenti quali: meglio Marchionne che Camusso (Gentiloni), meglio abrogare l’art 18 che tenerlo in vita (Renzi), l’accordo di Pomigliano è da votare (Fassino) e una polemica di dissenso investe la partecipazione (Fassino) a titolo personale ad una manifestazione della FIOM. I partiti sono fatti di uomini con sensibilità diverse, che liberamente si esprimono. Ma quando toccano tematiche che investono la natura e la specificità del partito di appartenenza, allora sono chiamati ad una scelta tra la fedeltà alle proprie idee o a quelle del partito. Una babele di voci dissonanti, che stravolgono uno spartito, creano solo una confusione. Una diversità di voci fedeli allo spartito, creano un‘armonia. Nel PD non c’è armonia, ma una confusione di voci, che non è fine a se stessa, ma è strumentale per mascherare sotto la voce riformismo, la realtà di un moderatismo di destra vicino all’UDC, ma lontano da SEL. 

Questa la storia di una linea politica, che oggi deve segnare una discontinuità di uomini e programmi, come condizione essenziale per l’alleanza del PD con la sinistra, per un'alternativa che non sia solo alternativa alla destra, ma qualcosa in più. Tutto ciò è solo il sogno di un vecchio uomo di sinistra. 

Il fatto è che nel PD vive e prospera una fronda che vuole fare fuori la CGIL, la sinistra nel partito e fuori, vuole trasformare il PD in partito di centro. Con l’esclusione dell’IDV e l’apertura all’UDC, con gli ex margherita e i veltroniani, spostano verso il centro il peso dell'alleanza, per cui l’alternativa alla destra, diventa alternativa di centro.

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