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L’addio di Veltroni

“Devo dire di non avercela fatta a fare il partito che sognavo io e che sognavano tre milioni di elettori. Sento di non aver corrisposto alla spinta d’innovazione che c’era”

Veltroni lascia la segreteria. E’ una persona onesta, coerente, limpida, ma in una Italia berlusconiana non ha scampo. Di seguito riporto alcuni brani del suo discorso di commiato, con relativo commento.

Vero, ma non è tutta colpa di Veltroni. Buona parte della colpa è anche del gruppo dirigente.

“Si può fare opposizione urlando, ma chi è al potere lo preferisce. Mentre nella storia sono stati i riformisti, quelli che possono cambiare il corso delle cose, il bersaglio di chi è al potere. La nostra dev’essere un’opposizione che si sforza di cambiare le regole del gioco”

“Berlusconi ha vinto la sua battaglia per l’egemonia, ma oggi l’Italia è più povera e più chiusa”, ha detto Veltroni. Berlusconi “ha stravolto i valori e costruito un sistema di disvalori contro i quali bisogna combattere con coraggio, va fatto un lavoro profondo nella società. Dire queste cose non è anti-berlusconismo, ma è esercizio della critica - ha concluso Veltroni - che in democrazia è un valore”.

Veltroni non ha ancora capito che in Italia serve una politica urlata. Certamente è fondamentale il progetto, sono necessarie le proposte ma serve una politica urlata per sottolineare gli errori altrui e per porsi come alternativa valida. Di Pietro, che non ha un chiaro disegno politico, ha supplito tale deficit con una forte presenza mediatica frutto di “attacchi continui” a Berlusconi. E questo gli ha giovato.

Un buon politico dovrebbe avere l’intelligenza di “capire” il paese in cui si trova. Noi non siamo in Gran Bretagna, in Germania, in Spagna, dove ci sono leader “civili” da ambo le parti e dove un uomo come Veltroni avrebbe “vita facile”. Noi siamo in Italia, il paese dei guelfi e dei ghibellini, il paese di Berlusconi, l’uomo che fa della polemica la sua ragion d’essere. Questo dato di fatto Veltroni non lo ha “voluto capire” e questa è una delle ragioni della sua sconfitta.

Veltroni ringrazia tutti tranne gruppo dirigente Pd

In conclusione del suo discorso Veltroni ha fatto una lunga serie di ringraziamenti che vanno dal presidente Giorgio Napolitano a Dario Franceschini per “la sua lealtà che è una virtù rara in un politico”. Veltroni ha ringraziato poi i capigruppo del Pd, ed ancora Goffredo Bettini, Walter Verini, tutti i suoi più stretti collaboratori sia quelli dell’ufficio stampa che addetti alla sicurezza. Ha infine ringraziato Gianfranco Fini, Renato Schifani e Gianni Letta che “sono stati interlocutori civili in questi mesi”. Da tutta la schiera di ringraziamenti manca però gran parte della ‘nomenklatura’ del Pd. Il segretario dimissionario non cita gran parte del gruppo dirigente del Pd.

Che molti abbiano remato contro il leader del PD non è una novità. Da D’Alema a Rutelli passando per Parisi, Bindi etc, ognuno per uno scopo diverso, ma si sa ..a Sinistra non ci sono Padroni. Sta di fatto che c’è bisogno di facce nuove, a me sembra invece di vedere sempre le stesse di facce.

Ad un certo punto del suo discorso riferendosi alla manifestazione del Circo Massimo del 25 ottobre Veltroni ha detto di essersi commosso nel vedere, in quella occasione, solo bandiere del PD, non piu vecchie sigle, ma un qualcosa di nuovo.

Caro Walter, le bandiere non fanno un partito. Un partito si basa su idee, valori, principi… per ora il PD, di condiviso, ha solo la bandiera e questo, credimi, è troppo poco.

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