L’Ospedale Piemonte di Messina rischia di chiudere
Quando si parla troppo di malasanità, si finisce col pestarsi i piedi - l'Ospedale Piemonte di Messina è indicato come una struttura da "dover" chiudere. No comment.
Altro che malasanità. Troppo spesso, negli ultimi tempi, abbiamo visto associare agli ospedali della nostra città la parola “malasanità”. E' probabilmente il risultato di un diffuso malessere, tipico della società odierna, verso tutto e tutti.
La Sicilia, da sempre, ha sfornato menti e braccia che hanno dato frutti in ogni dove si siano insediate. In molti casi, però, i nostri professionisti dopo aver maturato esperienza in Italia ed all'estero, hanno ritenuto opportuno tornare alle proprie radici mettendo il proprio bagaglio a disposizione di giovani che, se pur volenterosi ed ambiziosi, non potevano fare a meno di trarre profitto da queste autorevoli presenze.
Uno di questi esempi l'ho vissuto durante un breve periodo di ricovero presso il reparto di chirurgia dell'ospedale Piemonte – ospedale che è già da tempo al centro dell'attenzione per via della sua probabile chiusura disposta a seguito dei tagli al servizio sanitario nella regione siciliana.
Lo staff medico – infiermeristico, diretto dal Prof. Diego Celi, ha dimostrato di essere sempre presente ed efficace, con una dose di professionalità che permette al paziente di sentirsi fiducioso e ben accolto. Ho potuto toccare con mano dal mio letto – in quanto da poco uscito dalla sala operatoria – l'assistenza prestata (in piena notte) tra l'1,30 e le 6,30 ad un uomo, che avendo subito un serio intervento di laparocele, ha accusato dei seri disturbi respiratori e circolatori.
Il medico di guardia, gli infermieri in stretto contatto telefonico con il Primario, hanno posto in essere tutto ciò che tecnicamente ha aiutato il paziente al recupero, predisponendolo anche all'eventuale ritorno in sala operatoria. E' facile osservare che questo rientra nelle loro mansioni, ma vi assicuro che viverlo in prima persona non è stata cosa semplice: erano tutti intorno al paziente ed ognuno sapeva a menadito cosa fare, sempre serenamente e senza perdersi d'animo, anche all'apparente aggravio della circostanza.
Lo spirito di abnegazione, il senso del dovere, ma principalmente il senso del servizio verso il prossimo, hanno avuto il sopravvento centrando il bersaglio e salvando la vita al paziente. Tutto questo grazie ai medici e agli infermieri, a coloro i quali mettono la loro sapienza a disposizione degli ammalati e dei più deboli e, quindi, scusate se mi permetto: a che serve progettare di chiudere una struttura che funziona e che potrebbe invece attendere soltanto di essere migliorata?
A cosa vale denigrare il nostro prodotto preferendo sempre “l'erba del vicino”? Quanto è importante riconoscere ed ammettere apertamente che quando dobbiamo complimentarci per qualcosa o qualcuno siamo sempre restii a farlo? (come se ciò comportasse una responsabilità talmente grande da essere posta sulle nostre spalle ).
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