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L’Italia non è un Paese (così) cattolico

Analfabetismo religioso in Italia: tanti cattolici per tradizione ma scarsa cultura e partecipazione. 

L’I­ta­lia vie­ne so­li­ta­men­te di­pin­ta come un pae­se re­li­gio­so, at­tac­ca­to alle tra­di­zio­ni cri­stia­ne. La fede è dif­fu­sa e tan­ti si di­chia­ra­no aper­ta­men­te cat­to­li­ci, so­prat­tut­to per sen­so di iden­ti­tà. Ma è an­che vero che que­sti stes­si cre­den­ti han­no di so­li­to una scar­sa co­no­scen­za dei fon­da­men­ti del­la pro­pria re­li­gio­ne e par­te­ci­pa­no poco alle mes­se, pre­fe­ren­do la pre­ghie­ra in­di­vi­dua­le. Inol­tre, i non cre­den­ti rap­pre­sen­ta­no or­mai una mi­no­ran­za tut­t’al­tro che tra­scu­ra­bi­le e l’I­ta­lia si fa, sep­pu­re len­ta­men­te e in ma­nie­ra con­trad­dit­to­ria, più plu­ra­le e se­co­la­riz­za­ta. È quan­to emer­ge da un son­dag­gio Gfk Eu­ri­sko com­mis­sio­na­to dal­la Chie­sa val­de­se.

I dati

Se­con­do la re­cen­te ri­cer­ca, cir­ca il 76% si di­chia­ra “cre­den­te”; “atei” e “non cre­den­ti” ar­ri­va­no al 15%, gli “agno­sti­ci” al 4% e quel­li “in ri­cer­ca” il 5%. Tra i cre­den­ti, cir­ca il 5% se­gue al­tre con­fes­sio­ni re­li­gio­se, ma il dato si ri­tie­ne sot­to­sti­ma­to per­ché non tie­ne ade­gua­ta­men­te con­to de­gli stra­nie­ri. Co­lo­ro che si di­chia­ra­no cat­to­li­ci sono il 79%, se­gno di una pro­cla­ma­ta ap­par­te­nen­za cul­tu­ra­le che di­pen­de spes­so da fa­mi­glia e con­for­mi­smo ma che può non cor­ri­spon­de­re a una vera cre­den­za. In­fat­ti solo il 44% si di­chia­ra cat­to­li­co “pra­ti­can­te”, a fron­te di un re­stan­te 35% che non lo è.

chiesavuota

La fre­quen­za alle fun­zio­ni è bas­sa: solo l’11% (“fe­de­lis­si­mi”) ci va tut­ti i gior­ni o più vol­te a set­ti­ma­na, men­tre i fre­quen­ta­to­ri set­ti­ma­na­li (“fe­de­li”) ar­ri­va­no al 24%. “Oc­ca­sio­na­li”, che si re­ca­no po­che vol­te l’an­no, il 18% e “di­stac­ca­ti”, che en­tra­no in chie­sa solo per even­ti come ma­tri­mo­ni, fu­ne­ra­li o bat­te­si­mi, ar­ri­va­no al 27%. An­che quel­li che leg­go­no da soli la Bib­bia non sono tan­tis­si­mi, cir­ca il 29%. Dati più alti per la pre­ghie­ra in­di­vi­dua­le: il 74% pre­ga (di cui il 38 tut­ti i gior­ni e il 12% più vol­te a set­ti­ma­na).

No­no­stan­te la fede con­cla­ma­ta, re­gna una dif­fu­sa igno­ran­za sul­la re­li­gio­ne, come emer­ge da do­man­de mi­ra­te su temi come la Bib­bia e i Van­ge­li. I cat­to­li­ci pra­ti­can­ti san­no ci­ta­re al­me­no uno dei die­ci co­man­da­men­ti (il 43,2%): van­no me­glio dei non pra­ti­can­ti (34,90%) ma peg­gio dei fe­de­li di al­tri cul­ti (60,70%). Scar­sa la co­no­scen­za del Ca­te­chi­smo: il 24,70% dei pra­ti­can­ti sa ci­ta­re le vir­tù teo­lo­ga­li, per­cen­tua­le più alta del­la me­dia (17,20%). Gli ita­lia­ni non sono pre­pa­ra­ti nean­che sul­le re­li­gio­ni di­ver­se da quel­la cat­to­li­ca: solo il 41% iden­ti­fi­ca Mar­tin Lu­te­ro qua­le ini­zia­to­re del­la Ri­for­ma pro­te­stan­te, an­co­ra meno chi sa che la re­gi­na Eli­sa­bet­ta è an­gli­ca­na e che lo scrit­to­re Pri­mo Levi era di ori­gi­ne ebrai­ca. Tut­to que­sto in un pae­se dove il 91% ha ri­ce­vu­to una edu­ca­zio­ne con­fes­sio­na­le e l’88% ha fre­quen­ta­to l’in­se­gna­men­to re­li­gio­so a scuo­la.

La par­te­ci­pa­zio­ne non è alta, la cul­tu­ra re­li­gio­sa è scar­sa­men­te dif­fu­sa, ma tan­ti si pro­cla­ma­no cat­to­li­ci e i più si con­for­ma­no, con­ser­van­do un’al­ta con­si­de­ra­zio­ne del­la re­li­gio­ne e di­chia­ran­do­si fa­vo­re­vo­li al­l’in­se­gna­men­to del­la dot­tri­na. Per il 37% la re­li­gio­ne con­ta “mol­to”, per un al­tro 35% “ab­ba­stan­za”. L’87% è a fa­vo­re del­l’e­du­ca­zio­ne re­li­gio­sa a scuo­la o per­ché ci cre­de (46%) o per ri­spet­to alla “tra­di­zio­ne” (37%), men­tre solo l’11% vor­reb­be l’al­ter­na­ti­va: sap­pia­mo quan­to in que­sti ri­sul­ta­ti gio­chi la dif­fi­col­tà nel­l’ot­te­ne­re un in­se­gna­men­to di­ver­so da quel­lo re­li­gio­so e lo stig­ma so­cia­le. In­fat­ti, più del­la metà è d’ac­cor­do sul­l’op­por­tu­nità di in­se­gna­re an­che al­tre re­li­gio­ni e due ter­zi non ve­dreb­be male an­che in­se­gnan­ti di re­li­gio­ne non cat­to­li­ci, pur­ché ov­via­men­te pre­pa­ra­ti.

Ma scuo­la e uni­ver­si­tà for­ni­sco­no una for­ma­zio­ne re­li­gio­sa sod­di­sfa­cen­te solo al 25%, poco di più gior­na­li e tv (30%). In un pae­se dove le scuo­le e i me­dia sono for­te­men­te cle­ri­ca­liz­za­ti e l’in­for­ma­zio­ne re­li­gio­sa, spes­so ce­le­bra­ti­va, tro­va am­pio spa­zio, è an­co­ra la par­roc­chia a ri­spon­de­re me­glio a cer­te esi­gen­ze (per il 43%).

Non­stan­te il dif­fu­so con­for­mi­smo, sui temi eti­ci la po­po­la­zio­ne as­su­me at­teg­gia­men­ti più lai­ci e se­co­la­riz­za­ti. Il 63% è a fa­vo­re del ri­co­no­sci­men­to del­le cop­pie gay, il 65% am­met­te la fe­con­da­zio­ne ete­ro­lo­ga, vie­ta­ta dal­l’at­tua­le leg­ge 40 sul­la pro­crea­zio­ne as­si­sti­ta, il 74% vuo­le il te­sta­men­to bio­lo­gi­co. Cade l’im­ma­gi­ne di un pae­se mo­no­li­ti­co e fe­de­le alla li­nea cat­to­li­ca: ba­sti ag­giun­ge­re che il 63% si di­chia­ra a fa­vo­re del­l’a­per­tu­ra del­le mo­schee.

Il cristianesimo: più lo imponi, meno lo conoscono

I dati rac­col­ti sono in li­nea con quan­to già ri­le­va­to da Fran­co Ga­rel­li nel 2011. L’I­ta­lia è un pae­se dove il cat­to­li­ce­si­mo si fa piut­to­sto tra­di­zio­ne iden­ti­ta­ria e meno fede vis­su­ta e col­ti­va­ta, come era nei de­cen­ni pas­sa­ti. Il qua­dro che ne esce non è in­co­rag­gian­te per la Chie­sa, come ri­le­va in­fat­ti Av­ve­ni­re, com­men­tan­do la ri­cer­ca e la re­cen­te usci­ta del Rap­por­to sul­l’a­nal­fa­be­ti­smo re­li­gio­so in Ita­lia cu­ra­to da Al­ber­to Mel­lo­ni. Tra le so­lu­zio­ni pro­po­ste, si par­la an­che del­la ne­ces­si­tà di do­tar­si di in­tel­let­tua­li con pre­pa­ra­zio­ne teo­lo­gi­ca e si la­men­ta la scar­sa edu­ca­zio­ne re­li­gio­sa a scuo­la. Ma quel­lo che scon­ta l’I­ta­lia è an­che il fat­to che una quo­ta con­si­sten­te di in­tel­let­tua­li, an­che lai­ci, si in­te­res­si fin trop­po di spe­cu­la­zio­ne teo­lo­gi­ca.

Chec­ché se ne dica, la re­li­gio­ne vie­ne tut­to­ra te­nu­ta in gran­de con­si­de­ra­zio­ne nel no­stro (de­so­la­to) pa­no­ra­ma cul­tu­ra­le, nel­la so­cie­tà e nel­la scuo­la, ma i frut­ti sono scar­si. Ver­reb­be da chie­de­re a cosa ser­va quin­di l’ora di re­li­gio­ne cat­to­li­ca, con la sua cor­sia pre­fe­ren­zia­le. Par­lia­mo di un in­se­gna­men­to ge­sti­to da do­cen­ti scel­ti da­gli edi­to­ri di Av­ve­ni­re, con pro­gram­mi sta­bi­li­ti da­gli edi­to­ri di Av­ve­ni­re. Una ma­te­ria che se­gue cir­ca il 90% de­gli stu­den­ti ita­lia­ni, an­che se il dato è in calo ed emer­go­no sem­pre più fa­mi­glie che cer­ca­no di ot­te­ne­re, no­no­stan­te il boi­cot­tag­gio de­gli isti­tu­ti, una qual­che al­ter­na­ti­va. No­no­stan­te ciò, que­sti i ri­sul­ta­ti. E nes­su­na au­to­cri­ti­ca.

Il cri­stia­ne­si­mo — e in par­ti­co­la­re il cat­to­li­ce­si­mo — per pa­rec­chi sem­bra or­mai in­te­so come la stes­sa Cor­te eu­ro­pea dei di­rit­ti del­l’uo­mo e in ge­ne­ra­le i giu­ri­sti in­ten­do­no il cro­ci­fis­so. Seb­be­ne la sen­ten­za di Stra­sbur­go sul caso Lau­tsi sia sta­ta ac­col­ta trion­fa­li­sti­ca­men­te dai più in­te­gra­li­sti, or­mai il cro­ci­fis­so è sta­to ri­dot­to a un ar­re­do cui nes­su­no pre­sta mol­ta at­ten­zio­ne (sim­bo­lo “pas­si­vo”, meno cul­tu­ra­le o di fede), ma che si vuo­le co­mun­que im­por­re a tut­ti i co­sti. La re­li­gio­ne cri­stia­na sta di­ven­tan­do sem­pre di più uno sfon­do ano­ni­mo a cui si pre­sta sem­pre meno at­ten­zio­ne.

 

Foto: Riccardo Palazzani/Flickr

 

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