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L’Italia digitale al 25° posto in Europa

Lo stato di salute digitale dell’Italia non è buono, tutt’altro. Fra i Paesi dell’Unione europea, analizzando l’indice sintetico Desi (digital economy and society index), anche per il 2015, come del resto già avvenuto l’anno passato, l’Italia è al 25° posto e precede solamente la Grecia, la Bulgaria e la Romania.

Risulta essere, però, tra i Paesi “catching up”, cioè tra quelli, con un punteggio inferiore alla media, ma con tassi di crescita maggiore, rispetto all’anno precedente, insieme a Lituania, Spagna, Croazia, Romania e Slovenia. Un buon risultato, quest’ultimo, ma che si potrebbe così commentare “e ci mancherebbe…”, considerando la situazione di partenza.

Ai primi posti Danimarca, Olanda e Svezia. Il valore medio Ue dell’indice è pari a 0,519 e il valore dell’Italia è 0,404 (la Danimarca ha un valore di 0,685).

Il Desi è appunto un indice sintetico, ottenuto considerando vari indicatori. Ed esaminando i vari indicatori, l’Italia ha valori inferiori alla media in due terzi dei casi. Ad esempio, il 76,4% dei cittadini Ue usa internet regolarmente (almeno una volta a settimana), mentre solo il 63,4% degli italiani lo fanno. Gli abbonamenti in banda larga sul totale sono in media il 30%, mentre in Italia sono il 5,4%.

Se si esamina esclusivamente il posto in classifica, per la connettività l’Italia è al 27° posto, all’ultimo posto per sottoscrizioni di abbonamenti in banda larga fissa, al 25° per quanto riguarda la percentuale di italiani che usano internet.

Il peggiore risultato dell’Italia riguarda la propensione ad usare servizi digitali, nei quali è ricompresa anche la lettura delle news, sempre all’ultimo posto. Nello studio in questione si parla, per il nostro Paese, di scarso uso o comunque di scarsa fiducia quando si tratta di fare transazioni on line, soprattutto, o interagire con gli altri.

Anche per quanto concerne l’e-shopping, il commercio elettronico, seppure in crescita, l’Italia è al 25° posto. Questi risultati non stupiscono, se si rileva, come ha fatto Riccardo Luna nel commentarli, che:

“L’ambizioso piano per la banda ultralarga, presentato esattamente un anno fa, è stato per mesi in elaborazione per valutare tra le altre cose il ruolo di Enel, e solo qualche giorno fa ha ottenuto il via libera delle Regioni; con il quasi certo ok di Bruxelles, ad aprile partiranno i primi bandi con l’obiettivo, ancora possibile, di portare la banda ultralarga a tutti gli italiani nel 2020. Da questo punto di vista il 2015 è stata una estenuante melina…

Sul fronte delle competenze digitali, il progetto della Rai di Gubitosi, di far partire una striscia quotidiana e popolare in prima serata per invogliare gli italiani ad usare la rete, è stato cancellato quando ad agosto si è insediato il nuovo vertice Rai…

Infine i servizi pubblici, il progetto Italia login, con il Pin unico del cittadino (lo Spid), l’anagrafe unica, i pagamenti digitali eccetera. Tutte cose importanti, rivoluzionarie e annunciate un anno fa e che, come per la banda larga, ci è voluto un anno per mettere a terra…”.

In conclusione, nel nostro Paese, anche in questo settore, ci si dovrà impegnare molto, con pochi annunci e numerose realizzazioni concrete, se si vorrà che l’Italia, relativamente all’indice Desi, nei prossimi anni raggiunga un valore quanto meno uguale a quello medio per i Paesi dell’Unione europea, i quali, occorre aggiungere, sono contraddistinti da risultati considerevolmente inferiori a quelli ottenuti dagli Usa, dal Giappone e dalla Corea del Sud.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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