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L’Era Alemanna 07: brufolosi sovversivi

L’Era Alemanna è contagiosa, travolge, coinvolge, appassiona. Il nostro uomo né alto né basso non sa come gestire l’onda che sta sommergendo l’intero Paese. Tutti vogliono superare il capostipite di questa Era, ne imitano linguaggi e gesta. Ognuno vuole mostrare il muscolo, dare di sé un’immagine forte, volitiva, maschia, fascistissima che più fascista non si può.

Lo fa anche il grande capo dal suo tavolo con rialzo e, alle spalle, affresco cartonato plastico e censurato per difendere il decreto ammazzascuolapubblica, e soprattutto la sua ministra improvvisata ceamuffata da casalinga anni Cinquanta: minaccia smanganellamenti su quindicenni, sgomberi cileni, cellulari pieni di adolescenti e celle stracolme di fannulloni professorali.

«Eh no, non vale!», ha esclamato il nostro uomo né alto né basso, e indossata una giacchetta stropicciata da bravo sindaco capitolino un po’ sessantottino (e gli è costato, lo sa il cielo quanto gli è costato) è andato in tivvù a perorare la causa di quei cripto comunisti brufolosi di sedici anni che gli occupano il liceo sotto casa, dichiarando, benevolo, che avevano tutto il diritto di manifestare il proprio dissenso al decreto (decreto presidenzialministerial e non legge del parlamento, perché oggi usa così) come se non fosse già previsto da una leggina da niente, chiamata Costituzione della Repubblica italiana. Il grande capo, sbollita la furia senile e l’intossicazione da vernice e stucco similnaturale che si spalma ogni mattina sulla cute del capoccione, il giorno dopo si è dovuto rimangiare tutto. Niente celere contro i bidelli, niente manganelli contro i prof di religione e i brufolosi mangia bambini. Avete capito male. Smentita da Pechino. Si usa così, nell’Era Alemanna.

Perfino il ministro alla Difesa e al Bilionaire, dopo aver organizzato probabilmente le truppe per l’assalto al Mamiani (noto liceo classico romano covo e fucina di comunisti), ha dovuto fermare i reparti di assalto e andare in tivvù rigidino e ghignante a dichiarare che si era davanti al solito complotto della stampa comunista. L’unico che non ha capito niente è stato il varesotto ministro della sicurezza governativa interiore, che da bravo ex extraparlamentare di sinistra convertito al verbo bossiano (e ricordiamoci che Roberto Maroni era un dirigente di Dp, e ricordiamolo) già aveva convocato una riunione al Viminale per scegliere le tattiche d’assalto per il ripristino dell’ordine gelminiale. Ma si sa, la nebbia padana rende un po’ sordi e un po’ lenti. E pare anche la brezza di Gallipoli, visto che il suo sottosegretario Alfredo Mantovano dava del “noto agitatore” a un dirigente sindacale in tv mentre con il pallottoliere contava i possibili posti liberi nelle patrie galere durante un dibattito televisivo. Strano personaggio, il Mantovano. Sempre gentile e pacato mentre toglie scorte e protezione ai testimoni di giustizia come Pino Masciari, Ulisse, Rosa, Maria, etc etc (testimoni e non collaboratori, ovvero cittadini che per senso del dovere hanno deciso di testimoniare contro la mafia e non mafiosi che per interesse si “pentono”), e così feroce quando c’è da minacciare cariche della celere.



Il nostro uomo né alto né basso ha deciso, questa settimana, di volare basso. A portare nel mondo il verbo della nuova Era per ora ci pensa il capo, il sottocapo, il sotto sotto capo, e il sotto sotto sotto capo. Un po’ di riposo ci vuole, per rinfrancare le virilissime membra.

Ultim’ora: pare che il nostro stuccato presidente del consiglio pare che abbia smentito la smentita e che quindi i reparti di ritorno dall’Afghanistan andranno a bombardare il Giulio Cesare.

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