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L’Aquila, la protesta delle mille chiavi

Domenica, a L’Aquila, è andata in scena la "protesta delle mille chiavi ovvero, i cittadini (circa un migliaio), dopo aver invaso la zona rossa, chiusa dal giorno del terremoto, hanno appeso le chiavi dei loro appartamenti che, dopo 10 mesi, sono ancora in attesa di poter essere ristrutturati. 

L'Aquila, la protesta delle mille chiavi

La protesta, che mette a nudo la realtà della ricostruzione a L’Aquila e che è ben descritta nel servizio di Presa diretta, era rivolta al governo e all’amministrazione locale che, a detta dei dimostranti, non ha saputo essere abbastanza forte nei confronti del governo.

E’ stato contestato anche il TG1 che, a detta dei dimostranti e a ragione, ha diffuso un’immagine falsata della situazione a L’Aquila.

Questa manifestazione dà la misura della scontentezza degli aquilani e dei paesi limitrofi sulle misure adottate dal governo che, fin dall’inizio, ha cercato, riuscendoci, di monopolizzare l’emergenza preparando il terreno ad una ricostruzione che va al di là e che non soddifa le esigenze degli aquilani che, comunque, rimangono i primi interessati.

Quella di domenica non era la prima, e non sarà l’ultima, manifestazione di protesta perché, al di là dell’apparenza, le popolazioni non sono e non vogliono essere oggetti di propaganda fatta di promesse, ma vogliono fatti concreti (le casette dei puffi sono, per loro, delle sistemazioni temporanee) che mirino a riportare L’Aquila ad essere la città che era.

Certo, sicuramente qualcosa cambierà nella struttura architettonica ma, ciò che conta è la struttura culturale di una città.

Domenica scorsa, alla prima protesta, erano meno di trecento. Stavolta sono quasi mille. "Domenica prossima dobbiamo essere 30 mila..." speriamo che sia cosi, una bella scossa alla politica italiana non farebbe male.

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