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Khan Younis, tre fratelli

Piangono, laceri e sporchi, ma solo leggermente feriti, seduti su un lettino del Nasser Hospital di Khan Younis, Striscia di Gaza. Salvi, per ora. I più piccoli abbracciano il fratello maggiore, bambino anche lui, che comunque a dieci anni ha già conosciuto altre guerre, altre devastanti bombe. 

A osservarli, senza nulla sapere di loro, potrebbero essere orfani o magari no. Certo il giorno, i loro giorni s’inanellano bui e terrificanti senza un senso per il domani. In quella manciata d’anni che sommano in tre dovrebbero avere un presente e un futuro, proprio perché l’infanzia fa rima con vita. Non è così. Per loro non è così e già lo sanno. Lo vedono quotidianamente, non solo quando cadono le bombe sulle case di gente comune, non solo dei capi di Hamas, ma in quell’anormalità di un’esistenza ostacolata, bloccata, impedita. Così se questi bambini, e a ogni altro minore contro la sua volontà affogato nello strazio del conflitto israelo-palestinese, si ammalano e muoiono per morbi virali talune statistiche non li conteggeranno fra le vittime della guerra. E’ già accaduto nella Striscia, in Afghanistan, in Iraq, in Siria. I signori delle guerre lo proporranno altrove. Mentre i signori delle statistiche enumerano i corpicini dilaniati da esplosioni, e magari crolli, colpi di artiglieri e mitraglia, non contano chi muore per tifo e difterite, curabili ma non senza medicinali. Di solito non elencano chi muore per fame e sete, né per la paura che tutto quello che gli occhi infantili vedono provoca nelle loro piccole anime. 341 erano i minori vittime di Piombo fuso, 35 di Colonna di nuvole, 532 di Margine di protezione, 66 nel conflitto del 2021, oltre 2000 in questi sedici giorni mentre Israele, che ha il copyright delle citate morti, attende di scagliare un’offensiva ancora più piena di terrore da imprimere su quei volti e quei cuori. Questi se riusciranno a esistere, a resistere non potranno che diventare combattenti, guerriglieri, miliziani portatori essi stessi di morte. E’ la logica impressa dallo Stato sionista dalla sua nascita, e anche nei tragici giorni in cui Israele conosce una diffusa violenza subìta dai suoi figli pure bambini, sceglie di seminare altra morte. L’unica via che sembra appagarlo. 

Enrico Campofreda

Foto Marius Arnesen/Flickr

 

 

 

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