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Jabeur Mejri: finire in carcere per una parola o un’idea

Finire in carcere per una parola o un’idea. Il racconto di Lina Ben Mhenni, autrice del blog A Tunisian Girl sui rischi che corrono i tunisini a esprimere liberamente il proprio pensiero.

Esprimere liberamente le sue opinioni sul web è costato molto caro al blogger tunisino Jabeur Mejri che per le sue idee, considerate offensive per l’Islam, ha perso la libertà. Nel 2012 è stato arrestato e condannato a 7 anni di carcere per “aver attaccato i valori sacri mediante azioni o parole” e per aver “attentato alla morale pubblica”. Lina Ben Mhenni, autrice del blog "A Tunisian Girl", ha raccontato a Wire quanto sia rimasta sconvolta per la condanna di Jabeur e quali rischi corrono i tunisini a esprimere liberamente il proprio pensiero.

“L’arresto e la condanna di Jabeur sono stati un vero e proprio shock. È incredibile. Si parla tanto del successo della transizione democratica in Tunisia, ma si può davvero parlare di democrazia in un Paese dove si può finire in carcere con una condanna così pesante solamente per aver espresso liberamente le proprie convinzioni?”.

“Prima della deposizione dell’ex presidente Ben Ali, i blogger dovevano subire la censura e rischiavano l’arresto e il carcere. Dopo abbiamo vissuto alcuni mesi di euforia rivoluzionaria durante i quali i tunisini potevano esprimersi liberamente (in seguito alle prime rivolte in Medio Oriente e Nord Africa nel gennaio 2011). Ma non è durata a lungo. Oggi ufficialmente non c’è censura, ci si può esprimere liberamente, ma bisogna essere pronti a pagarne il prezzo. Si inizia con campagne diffamatorie online o sulla carta stampata, attacchi verbali o fisici per strada o sul web e vere minacce per la vita. Poi vengono il tribunale, gli arresti, il carcere e si finisce con le minacce di morte e la morte stessa”.

Processi di opinione. “Basta una parola o un’idea, e finisci in prigione. I ‘processi d’opinione’ sono entrati a far parte delle nostre vite: Jabeur è il nostro primo prigioniero d’opinione. I rapper Weld el 15 e Clay BBJ sono stati condannati a un anno e nove mesi di carcere per una canzone. Un altro ragazzo è stato condannato a due mesi di carcere, poi sospesi, per aver ascoltato una canzone rap”.

“Come in molti altri Paesi, gli argomenti tabù in Tunisia sono la religione e la politica. Non si può criticare il governo in generale e gli islamisti in particolare. Mi sento minacciata solo perché ho un blog nel quale ho criticato il governo e la drammatica situazione della Tunisia. Mi hanno inserito in una lista di individui da assassinare e ora vivo sotto scorta della polizia. Mi sembra di aver perso la mia libertà proprio mentre lottavo per la libertà del mio Paese e del mio popolo. Se non reagiamo a quanto sta accadendo, ogni argomento diventerà presto tabù”.

Ci rubano il diritto a essere diversi. “Le autorità hanno condannato Jabeur per intimidire gli altri, per evitare che si esprimano liberamente, per rubar loro il diritto a essere diversi. Volevano annunciare che per vivere in Tunisia dobbiamo sottostare alle loro leggi e a ciò in cui credono. La nostra libertà d’espressione è in serio pericolo. Temo che stiamo perdendo i preziosi frutti della rivoluzione: la scomparsa della paura e la libertà d’espressione. Dobbiamo continuare a lottare per proteggere e preservare questo diritto. Dobbiamo fermare gli attacchi contro la libertà d’espressione e riformare il nostro sistema giudiziario. I giudici devono rifiutarsi di lavorare in base agli ordini dettati dai leader politici o dai partiti. Non dobbiamo avere paura delle intimidazioni. Ai tunisini voglio dire: dobbiamo essere uniti e dire no alla censura e ai processi d’opinione”.

 

Scritto da Daniela Riva

Traduzione di Daniela Riva per segnali di Fumo - il magazine sui Diritti Umani

Fonte: Magazine WIRE di Amnesty International – Novembre/Dicembre (pag. 10)

 

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