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Italia: la locomotiva immaginaria

Lo sapevate? Sapevate che le esportazioni italiane di merci sono al quarto posto in Europa e non al secondo, dietro GermaniaFrancia ed Olanda, e che se aggiungiamo i servizi scendiamo al quinto posto? E sapevate che questo fantomatico secondo posto continentale nell’export, anche visto in termini di variazione percentuale, continua a non esistere?

Si, perché pare che nel 2010 le nostre esportazioni totali siano cresciute dell’8,7 per cento, mentre quelle francesi del 10,1 per cento, quelle belghe del 10,2, quelle tedesche del 14 per cento. Ma anche paesi nei guai con i loro conti pubblici, e che quindi devono fare leva sull’export per compensare la stretta sulla domanda domestica, si sono comportate bene. Il Portogallo, ad esempio, ha visto le esportazioni crescere nel 2010 dell’8,7 per cento, e la Spagna addirittura del 10,3 per cento. Ovviamente l’export da solo non basta a determinare la crescita, visto che il saldo del commercio estero nettosi ottiene aggiungendo le importazioni, e con esse il nostro paese ha un vistoso deficit, non solo petrolifero e non solo verso i paesi extra Ue, per motivi che abbiamo già tentato di identificare su questi pixel.

Sapete anche che la nostra produzione industriale dista ancora ben il 18 per cento dal precedente picco ciclico, come ci ha ricordato l’ultimo Bollettino statistico della Banca d’Italia, malgrado i media continuino a baloccarsi con le variazioni tendenziali ed a gridare al record, dimenticandosi che, a causa della crisi, abbiamo perso cento trimestri di produzione industriale. Non male per un paese che, a differenza di altri, non aveva una “finanza malata” che ne drogasse la crescita.

Altra cosa che forse sapete è che il tasso di risparmio italiano è in costante flessione da tempo, a causa della debolezza del mercato del lavoro, che da oltre un decennio spinge al ribasso il Pil pro-capite e le famiglie ad attingere ai risparmi per tentare di mantenere il proprio stile di vita; che detto così fa molto alta società ma spesso si risolve nella possibilità di visitare il supermercato non solo nella prima parte del mese.

Se sapete tutte queste cose, forse non avreste neppure bisogno di leggere l’editoriale di quel comunistaccio di Bill Emmott, ex direttore dell’Economist, comparso domenica su la Stampa. Ma se lo leggerete scoprirete che in Italia vi sono molti, tra gli esponenti della cosiddetta classe dirigente, che ripetono a pappagallo le leggende metropolitane propalate dal regimedall’esecutivo, e soprattutto scoprirete che nel nostro paese vi sono alti dirigenti ministeriali che pensano che dei tassi di crescita basti fare la media aritmetica, e non quella ponderata, per inforcare gli occhiali rosa. Una antica tradizione di metodi quantitativi, pare.

La somiglianza con la propaganda sull’ubiqua flotta aerea mussoliniana è rimarchevole. Ma oggi non stiamo parlando di una dittatura, bensì solo di un paese guidato da una banda di magliari e di parassiti. E’ meno inquietante come immagine, forse.

(Qui i bollettini mensili Eurostat del commercio estero, per chi fosse interessato)

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