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Iran, baci e Rivoluzione

Sono in tanti ad applaudire, twittare, tifare, specie a Occidente, per il bacio dei due giovani di Shiraz. Bello, ardente, giusto. Solo la riproposizione a mo’ di ‘spot pubblicitario’ diventa quasi una posa. Ma lì dove la censura chiude gli spazi, ogni gesto di rottura con la norma diventa trasgressione. Persino “sturbantare” i mullah, gesto che somiglia a certe goliardate anticlericali del fine Ottocento italiano…

Forse molti non sanno che a Shiraz i baci sono di casa, in sintonìa con l’antica tradizione del mistico e vate locale, Mohammad Hafez. Innamorato della città: “Quant’è bella Shiraz, al mondo non ha pari! Preservala mio Dio, da tutte le sciagure!...” ma soprattutto della vita e dell’amore: E se pur mi disprezzi, non conta, lietissimo sono: risposta amara fa ancora più dolce un bel labbro di dolce rubino...” I suoi ghazal - componimenti poetici di tradizione araba, persiana e turca - che descrivono e sognano scenari amorosi ed erotici e bacchici, esaltano ciò che le fedi istituzionalizzate solitamente demonizzano, additandolo a peccato. Nell’oasi di profumi e colori che è l’attuale tomba di Hafez, costruita ai margini settentrionali della città persiana nel Novecento da un archeologo francese, lì dove nei secoli precedenti già si commemorava il poeta, gioia e baci sono frequenti. Fra scolaresche festanti e coppie d’innamorati che se e quando si scambiano effusioni non vengono redarguiti, ma approvati da sguardi sorridenti d’insegnanti e accompagnatori, e finanche di guardiani. Forse il luogo è un’enclave di libertà in ossequio alla sacralità del lirismo e della tradizione che accompagna da secoli il maestro del ghazal. Forse lo spirito che può salvare dal bagno di sangue due modelli di vita e almeno due generazioni d’iraniani che non vogliono capirsi e sono tornati a scontrarsi, passa nel bacio. Quando i basij baceranno le loro donne per via, il loro credo non sarà più un’arma da usare per vietare e schiacciare. Quando i fedeli dell’Islam (e pure di altre religioni) accetteranno le tante sessualità, la Rivoluzione con la maiuscola camminerà per via: “C’è un turco, a Shiraz: mi dicesse di sì, a Samarcanda rinuncio, a Bukhara, per l'indico nero nonnulla che ha in volto. L’eternità sta nel vino, coppiere, a me versane l’ultima goccia: lassù non fiorita è radura, non quale a Shiraz riva d’acque…”

Enrico Campofreda

 

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