Intervista al conduttore Alessandro Greco
Da Furore a Gran Concerto due straordinari successi televisivi del noto conduttore Alessandro Greco. Buona parte della mia carriera televisiva e strettamente legata, professionalmente e umanamente, a Raffaella Carrà e Sergio Japino.
Alessandro Greco, una travolgente carica di energia e simpatia, definirlo conduttore è riduttivo, è un artista della parola e del sorriso, la sua spontaneità coinvolge con naturalezza il pubblico che diventa parte dello spettacolo, come il “Gran Concerto” in onda su Rai Tre dal sette settembre 2008.
In “Gran Concerto”, un programma educativo a carattere musicale, in onda la domenica mattina su Rai Tre, lei è riuscito a coinvolgere con entusiasmo i bambini nell’ascolto della musica classica, è questa la formula per divulgare la cultura tramite la televisione?
Il termine cultura ha un valore molto alto, un significato molto ampio, diciamo che la mia grande soddisfazione è stata di aver condotto un programma nato da un progetto assolutamente innovativo: quello di rendere accessibile, popolare la musica classica - che incute sempre un pò di soggezione, un pò di timore reverenziale - accompagnato dall’Orchestra Nazionale della Rai che di solito è utilizzata poco per programmi educativi. Semplificare il linguaggio della musica classica, attraverso coreografie e scenografie che fanno divertire un pubblico di ragazzi, mostra quanto in realtà sia accessibile a tutti. Il nostro target di riferimento erano i bambini ed i ragazzi, ma come poi si è visto, il programma ha interessato, appassionato anche gli adulti curiosi di scoprire cosa c’è dietro ad un compositore, ad una musica che magari ha sentito tante volte, ma non ha avuto la possibilità di approfondire.
Lei presenta con assoluta padronanza il programma “Gran Concerto", come ci si trova tra i bambini e i maestri dell’Orchestra della Rai?
La mia preoccupazione principale era, non tanto l’interazione con questo pubblico di “scatenati” cioè farli sognare, farli viaggiare con la fantasia, ma rendere il tutto funzionale, il linea con l’esigenza del programma, quindi oltre alle prove in Auditorium, ho dovuto lavorare molto sui contenuti studiando anche il modo con il quale rendere la musica classica accessibile e semplice.
Visto il successo di “Gran Concerto” è in programma una nuova edizione? L’ultima puntata è andata in onda il 7 dicembre e con questa nostra chiacchierata possiamo fare anche un bilancio. Un bilancio di un piccolo fenomeno che ci ha fatto rendere conto che tutta l’Italia, pubblico e addetti ai lavori, hanno espresso nei confronti di questo progetto. Sono state dette parole davvero speciali e lusinghiere, che ci hanno riempito di grande soddisfazione perché era, come ripeto, un prodotto assolutamente innovativo. Credo poi, che ci sarà una replica della trasmissione nel periodo di maggio giugno 2009, con una variante le dodici puntate andranno in onda una dietro l’altra quindi per due settimane, questo può rappresentare un buon traino per una nuova edizione.
Sergio Japino, Raffaella Carrà, quanto sono importanti nella sua carriera artistica?
Più che entusiasmo, è una sensazione di assoluto benessere, provo molto piacere nel fare il mio lavoro che lo considero una profonda forma di espressione in grado di andare oltre e d’interagire con il pubblico. Ogni volta che conduco una serata vi è un interscambio di energia di contenuti, è veramente una sensazione piacevole che mi fa stare bene.
Cosa le ha insegnato, fino ad oggi, la sua esperienza televisiva?
Il pubblico diventa sempre più preparato, più bravo, più selettivo, ha tanta voglia di vedere programmi di qualità, ma a volte non le viene fornita questa opportunità, e non tutti possono permettersi, forme di palinsesto alternativo, come può essere l’abbonamento al digitale terreste o ad altre realtà a pagamento. E poi, a volte. è difficile riuscire a reperire degli spazi per potere offrire al pubblico una giusta qualità culturale. Spazi in cui programmi come il “Gran Concerto” risultano anche consoni alle tue caratteristiche, alle tue corde. Quando ho capito che mi avevano scelto per questo programma, ho avuto un sobbalzo perché dal primo momento ho capito che avrei lavorato su una cosa di ampio respiro e di ottimo contenuto e francamente da qualche anno questo manca in televisione.
A suo avviso, cosa ritiene ingiusto nel panorama televisivo?
Proporre delle trasmissioni che in qualche modo non incontrano il gusto e il gradimento del pubblico, quando invece il pubblico da chiari messaggi. E’ una televisione che tenta un po’ a cantarsela e suonarsela da sola, invece bisogna andare incontro al gusto del pubblico sia con i programmi che con i loro protagonisti.
Rifarebbe il suo percorso artistico, cosa cambierebbe?
Rifarei tutto. Mi rendo conto che a volte ho dovuto fare delle cose che non mi facevano sentire molto a mio agio, ma ho dovuto farle per restare in un certo sistema. Anche perché questo è il mio lavoro e nel lavoro a volte devi anche accettare delle situazioni che non rientrano pienamente nelle tue ambizioni, nelle tue aspirazioni, nei tuoi ideali.
La sua partecipazione al programma “La Talpa”?
Sotto l’aspetto dell’esperienza è irrepetibile perché ho provato, visto, sentito delle cose in Kenia che non dimenticherò mai. Era un “Reality game” che aveva le sue regole, non vi era assolutamente la mancanza di rispetto della persona. Certamente, se in quel periodo avessi avuto delle alternative più vicine alle mie attitudine, al mio modo di lavorare, che non prescinde dall’aspetto artistico, magari mi sarei sentito più rilassato nel prendere una decisione diversa. C’è da considerare che dietro alla partecipazione a quel programma, c’era un contratto quadro con Mediaset dalla durata di quindici mesi, tre mesi con la a Talpa più un anno di contratto. Purtroppo questo contratto quadro, sul quale io confidavo moltissimo, per vari motivi non ha avuto ulteriori sviluppi.
Alessandro Greco è, come lo si vede in Televisione?
Dovrebbero dirlo gli altri. Io posso dire che è una delle frase che mi hanno ripetuto più spesso. La mia natura mi porta ad essere me stesso sul palcoscenico, le persone lo riconoscono e lo apprezzano.
Cos’è che fa paura ad Alessandro Greco?
Sono una persona che ha fede, ho un certa spiritualità, credo ci sia qualcuno sopra di noi, dietro le nostre spalle che ci protegge. Non ho grande paure, se non quelle che legittimamente abbiamo tutti.
Ama la pittura ? Quale sono i suoi artisti preferiti?
La pittura è un genere che seguo poco. Rimango molto colpito dall’immagine, al di là del suo autore, quello che mi rimane dentro è l’emozione dell’immagine, alcune di esse quando le vedo penso che stiamo bene a casa mia, indipendentemente dal fatto che siano opere appartenenti alla grande storia dell’Arte.
Il domani di Alessandro Greco?
Del domani non vi è certezza. Siamo qui, pensiamo al presente, predisponendoci nel migliore dei modi al futuro.
Lasciare un commento
Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina
Se non sei registrato puoi farlo qui
Sostieni la Fondazione AgoraVox