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Intervista a Dario Brunori, il cantore dei "poveri cristi"

Ho incontrato Dario Brunori, irriverente e promettente cantautore cosentino, vincitore del Premio Ciampi 2009 per il miglior debutto discografico e del Premio Tenco 2010 come miglior autore emergente, in occasione di una delle date del "Poveri Cristi in tour", all'interno del RocKontiKi Night, rassegna nata dalla collaborazione tra la Cooperativa OperO e il locale del lungomare di San Benedetto del Tronto, sulla riviera adriatica. C'è elettricità nell'aria, il locale è gremito, fuori infuria il temporale, i lampi illuminano a tratti il mare d'inverno aldilà delle vetrate.

Dopo l'esibizione dei Coniugi Orsini sale sul palco la Brunori Sas al completo: Dario Brunori, baffo d'ordinanza, camicia rosa e cravatta bordeaux, chitarra tra le dita, Simona Marrazzo ai cori, Mirko Onofrio al sax, Massimo Palermo alla batteria, Dario Della Rossa alle tastiere e Stefano Amato al violoncello. Due ore circa di concerto, 18 brani coi quali ripercorrere entrambi i capitoli della produzione discografica della piccola impresa musicale, il Vol. 1 e il Vol. 2. Si parte con "Come stai" che del resto è "la frase d'esordio nel mondo", "Tra milioni di stelle", "Italian dandy" per arrivare al gran finale con l'acclamatissima "Guardia '82" e "Stella d'argento" che, ricorda Brunori, il padre lo obbligava a cantare insieme a lui per dedicarla alla madre Stella. Dopo aver infiammato quello che sarebbe altrimenti stato un malinconico lunedì temporalesco Brunori trova anche il tempo di "assumere tutti con un contratto a tempo indeterminato" e risollevare così "le sorti di San Benedetto", senza bisogno di un colloquio, di un curriculum o di un corso d'inglese De Agostini. Ce ne fossero, di imprenditori come lui.

Ti hanno definito un "imprenditore mancato e neo-urlatore italiano", ma chi è realmente Dario Brunori?

B - Semplicemente una persona che in un determinato periodo della sua vita ha avuto bisogno, come chiunque faccia questo mestiere, di scrivere delle cose senza nessuna pretesa particolare. Queste sono piaciute a un po' di persone e adesso si trova suo malgrado, perché è un pigrone Dario Brunori, un pantofolaio, a girare per l'Italia e a dover fare una vita on the road, dissennata, fatta di acqua tonica e ricerca costante di un albergo per andare a dormire il più presto possibile. Questa diciamo è la mia vita da "dannato" nel senso che mi sto dannando perché non sono rock'n'roll nell'animo purtroppo.

Tu sei il maggiore azionista di questa piccola impresa musicale, la Brunori Sas, dedita alla commercializzazione di "canzoni autentiche", trovata ironica e vincente, ma ormai siete diventati una vera e propria band. Eri partito con un progetto solista..

B - Diciamo che rimane un progetto solista ma con una band resident che è quella dei ragazzi che da subito dopo l'uscita del primo disco mi hanno accompagnato; per cui rimane solista perché io sono autoritario, narcisista ed egocentrico, però effettivamente bisogna riconoscere che sta diventando sempre di più, anche nel modo in cui lavoriamo, un lavoro di gruppo ed io ne sono ben contento - aldilà delle fesserie - perché uno dei miei obiettivi era quello di ampliare il discorso musicale e contemporaneamente di creare una squadra anche a livello tecnico, di collaboratori con cui realizzare le cose, poiché sono convinto che ci sia sempre bisogno di avere un bel gruppo di lavoro con cui non hai bisogno di molte parole, se conosci le persone con cui lavori tutto è più facile.

Chi entra un po' in contatto con voi avverte quasi un clima familiare, tanto è vero che c'è anche la presenza della tua fidanzata, Simona Marrazzo, unica figura femminile all'interno della band. Si è adattata alla vita on the road, visto che da qualche anno girate ormai in lungo e in largo la penisola?

B - Assolutamente sì, anche contro la mia volontà, ma lei ovviamente viene anche per funzioni di controllo, diciamo che più che essere stata inserita nel progetto si è autoinserita..

Quindi le orde delle aspiranti groupies vengono tenute a bada?

B - Vengono tenute a bada, in silenzio, anche se lei con sguardo da mastino napoletano ringhia a chiunque tenti di avvicinarsi. No, in realtà, mi piace mantenere un clima molto easy. Non fa parte della mia natura creare asimmetria con le persone, mi piace che il palco sia un modo per comunicare ed entrare in contatto col pubblico e non un modo per stare più su, in cima ad un piedistallo..in questo senso c'è da dire che nulla è premeditato, tutto viene naturale, ci divertiamo sul palco e con la gente, mi piace che ci sia un clima naturale e non scioccamente vanesio in quello che facciamo. Sicuramente c'è l'idea di fare quel che si fa con serietà ma anche prendendo in giro quella parte di te che comunque c'è, cioè quella di mettersi su un palco, cantare, fare spettacolo..per cui facciamo spettacolo e nello stesso tempo ci prendiamo in giro nel fare spettacolo e questa cosa pare funzioni. 

Spesso vieni paragonato a mostri sacri della canzone italiana, Rino Gaetano e Lucio Battisti, che effetto ti fa, non senti il peso della responsabilità che ciò comporta?

B - No, responsabilità addosso no, anche perché è normale, io faccio comunque canzoni che sono nel solco della tradizione, non sono certo uno sperimentatore benché nel corso del tempo, man mano che lavori ed hai anche a che fare con diversi musicisti, cerchi di sviluppare un percorso che ti faccia esplorare nuovi territori, quelli esplorati e battuti fino ad ora sono territori che rientrano nella tradizione della musica italiana, non solo d'autore ma anche leggera e quindi, non essendo un innovatore, è ovvio che ci siano dei paragoni. Non sento la pressione, sento piuttosto l'esigenza di comunicare e la necessità di migliorare nella personalizzazione di quello che faccio, sono paragoni decisamente lusinghieri ma cerco anche di trovare sempre di più in quello che faccio - ed è questo il bello - Dario Brunori.

In quello che tu definisci il tuo Canzoniere, dopo Vol. 1 è arrivato Vol. 2 - Poveri Cristi. Sei passato da una visione nostalgica, autobiografica ed introspettiva ad una invece in cui canti le storie e i drammi di questi vinti, di questi antieroi, poveri cristi appunto. Come è avvenuta questa evoluzione?

B - Molto naturalmente, dopo il primo disco, che per me è stato inaspettatamente fortunato, poiché raccontando storie tue puoi immaginare tutto ma non che possano interessare a qualcun altro, quindi le racconti perché semplicemente ne hai bisogno. In Vol. 1  è come se io avessi richiamato a me determinate memorie a scopo terapeutico, invece in Poveri Cristi volevo in qualche modo svincolarmi dall'idea di canzoni che parlassero di me a tutti i costi, prima di tutto perché io non ho una vita così divertente o formidabile da raccontare e poi perché mi piace molto in quello che leggo, ascolto musicalmente, vedo nei film o di cui fruisco come spettatore, un autore che si pone nella posizione del cronista; quindi, quando racconto delle storie, soprattutto terze, non essendo vincolato dal sentimento e dal coinvolgimento personale ed emotivo, riesco a far emergere meglio la verità, la realtà delle cose, in questo senso il disco andava in quella direzione e mi sono ritrovato a scrivere delle cose che non pensavo neppure di avere dentro per cui addirittura nel parlare degli altri ho scoperto delle cose sorprendenti di me stesso. Di recente invece ho lavorato ad una colonna sonora ed è tornato di nuovo lo sguardo "dentro"; per cui fortunatamente non c'è una regola, quel che mi viene faccio, nel bene o nel male.

Il titolo di questo secondo album, Poveri Cristi, ha un evidente richiamo al sacro e alla religiosità. Immagino non sia stata una scelta casuale.

B - Sì, era perfetto come titolo perché raccontava le storie con un'attitudine e una vicinanza ad un discorso religioso e contemporaneamente con uno sguardo anche un po' cinico, poiché quando dici a qualcuno che è "un povero Cristo" lo stai sia compatendo ma anche un po' guardando con uno sguardo sornione rispetto a quello che gli sta accadendo. E questo c'è molto nelle mie canzoni: raccontare un dramma e nello stesso tempo sdrammatizzarlo, questo mi piace fare e il titolo era perfetto.

Oltre al titolo ho trovato emblematica dell'immaginario da te cantato la foto di copertina di Poveri Cristi, in cui compare una squadra di calcio un po' strampalata, che fa riferimento a simboli nazionalpopolari, ci sono i calciatori, il prete, la sposa. Come è nata l'idea?

B - L'idea è venuta fuori dal fatto che siccome il disco per me era corale, volevo fare una cover corale che ricordasse alcune copertine che mi sono sempre piaciute, soprattutto quella di Sgt. Pepper dei Beatles in un modo ovviamente sfigato, con questi giocatori improbabili di pallone che erano dei poveri cristi con qualche simbolo, l'operaio, la sposa, che richiamasse invece le canzoni e poi, aldilà delle premeditazioni, mi piaceva l'idea di questa foto tipo il poster del Guerin Sportivo, un poster che noi maschietti attaccavamo sugli armadi con le squadre di pallone.

Spesso nei testi c'è un'ironia che cela delle storie tragiche, dei fallimenti... in molti dei brani sembra quasi che il destino si prenda gioco dei protagonisti, Il giovane Mario ad esempio "non fece i conti col solaio e con la corda appesa al collo si tirò addosso il lampadario"..

B - E' ovvio che questo aspetto è spinto al limite, infatti un'altra intenzione era quella di andare oltre la realtà, raccontare una storia verosimile ma spingerla al punto in cui l'ironia sta proprio nel fatto di essere surreale e di rendere questa storia così spinta verso il dramma da suscitare poi un sorriso. Come nel teatro, il cui simbolo è proprio la maschera del comico e del tragico che sono facce di una stessa medaglia.

In questo secondo album canti le miserie umane, i drammi sociali ed economici, le fobie e le sconfitte di anti-eroi. C'è qualcosa che accomuna questi poveri cristi? C'è una speranza, una possibilità di riscatto per loro? 

B - In realtà c'è sempre in quello che scrivo un'attitudine all'ottimismo, ma più che all'ottimismo a concepire che l'aspetto drammatico nella vita non solo è necessario ma a volte plausibile nel senso che la felicità è l'idea di una vita monocolore, l'andare solo da un lato. In questo senso l'ottimismo c'è, ma è più un rassegnarsi di fronte all'idea che il dramma è necessario e che la morte è necessaria quanto la vita, in questo senso mi interessava raccontare delle storie che contenessero tutti e due gli elementi.

A questo proposito non so se posso farti una domanda piuttosto intima. Il primo album lo hai dedicato a tuo padre che è mancato e nel secondo c'è una canzone che gli rende omaggio, Bruno mio dove sei.

B - Penso che i genitori siano fondamentali nella formazione dei figli e lascino una traccia indelebile nella vita di ognuno di noi. Con mio padre avevo un rapporto ottimo, anche se un po' all'antica perché c'era un tipo di legame affettivo basato sui gesti più che sulle parole, sugli abbracci; essendo il più piccolo ero naturalmente il privilegiato, stava invecchiando e quindi con me era diventato più tenero rispetto che con gli altri figli. La sua mancanza è stata traumatica sicuramente perché nella mia testa era una persona che non avrebbe potuto morire mai, mi ha dato sempre l'idea di essere invincibile, quindi è crollato qualcosa dentro di me e allo stesso tempo è stato uno shock che mi ha fatto mettere a posto la gerarchia delle cose nella mia vita. Non è casuale che Brunori Sas sia arrivato dopo la morte di mio padre perché probabilmente è stato come uno schiaffo che mi ha fatto capire quali siano le cose fondamentali e mi ha fatto pensare che fosse giunto il momento di realizzare i miei sogni e da lì è partito tutto.

Nel disco compaiono i nomi di Dente e Di Martino, il primo ha duettato con te in Il suo sorriso, il secondo in Animal colletti. Come sono nate queste collaborazioni? Oltretutto è nata anche la Picicca Dischi, ormai vera e propria realtà discografica.

B - Le collaborazioni sono nate in modo molto semplice, ho chiamato delle persone che non solo mi piacevano umanamente ma che mi sembrava potessero dare un contributo sul piano artistico, quindi non un discorso di amicizia fine a se stessa. Dente per un verso e Antonio per un altro secondo me erano perfetti per quelle canzoni e hanno dato un contributo sostanziale. Per quanto riguarda la casa discografica adesso la mia idea è collaborare poiché secondo me la possibilità di lavorare con un altro artista contemporaneo è un'opportunità di crescita per entrambi. Quindi l'intenzione è cercare di creare qualcosa che un tempo c'era perché le persone stavano fisicamente in uno stesso posto, come la scuola di Genova o la scuola romana, oggi non può esserci una scuola perché siamo in giro per l'Italia accomunati da questo luogo virtuale che è Internet. L'etichetta nasce perché giù al Sud avevo desiderio da tempo di creare una realtà che si muovesse sulle cose che mi piacciono, quindi roba più pop, d'autore, di qualità. Abbiamo prodotto Maria Antonietta, adesso con Antonio Di Martino sto lavorando al suo nuovo disco che è bellissimo; mi inorgoglisce sia per il fatto di averci lavorato sia per il fatto che esca con l'etichetta in cui sono protagonista; quindi sono contento poiché con Brunori Sas pare si stiano aprendo per me anche altre strade che non sono solo legate a quello che è appunto Brunori Sas.

Guardia '82 è diventata un po' un emblema, un tormentone. In questo nuovo album c'è una canzone che ti sembra svolga la stessa funzione?

B - Dipende, non c'è secondo me una Guardia '82 perché Guardia è un pezzo che per struttura, per testo, per modo in cui è interpretata magari è più il sing along da cantare a squarciagola. In questo disco non ce ne sono, però sono più contento perché mi sembra che non ci sia un pezzo che emerga sugli altri ma l'ensamble delle canzoni vedo che più o meno piace. Magari Rosa, probabilmente trainata dal fatto che c'è il video e ha un ritmo più andante rispetto alla mosceria degli altri brani.

Spesso durante i tuoi live ci sono dei momenti che sfiorano quasi il cabaret, quanto è importante per te il rapporto con il pubblico?

B - Mi piace smorzare un po' i toni, sia perché è funzionale allo spettacolo ma anche al mio divertimento, smorzare l'aspetto eccessivamente serio che è insito in un progetto cantautorale; le persone legano giustamente le proprie emozioni a delle canzoni e non mi va ovviamente di svilire quell'aspetto però voglio anche prendere un po' in giro quella parte poetica, poiché se tra un pezzo e l'altro ti metti a fare anche il poeta può essere un po' stucchevole, quindi prendo in giro me stesso e il pubblico, infatti credo che nessuno voglia più mettersi in prima fila, ormai è certo perché li faccio martiri, però è bello perché secondo me quei momenti rendono il clima meno serioso e si crea anche una certa dicotomia che mi piace; c'è un attrito tra una canzone magari drammatica e un siparietto subito dopo. A qualcuno può sembrare spiazzante ma mi piace anche quello, che possa essere spiazzante.

Inevitabile la domanda su Sanremo che si è concluso da poco. Umberto Palazzo ha dichiarato che "Sanremo è la cartina al tornasole del gusto e della cultura musicale dell'italiano medio e va letto al contrario poiché non serve a determinare la migliore canzone italiana ma quanto capiscano gli italiani di musica." Sei d'accordo? Lui ritiene che sia lo specchio del cattivo gusto dell'italiano medio.

B - Comprendo quello che dice Umberto e so anche che lui sta facendo una serie di dichiarazioni che sono corrette nel senso che devono smuovere e devono fare riflettere; chi fa questo mestiere e lo vuole fare in un certo modo si ritrova a vedere una situazione che non certo rappresenta quello che è il desiderabile. La mia opinione è che sia uno spettacolo televisivo e risponda a tutti i canoni di uno spettacolo televisivo moderno, creato per intrattenere, fare costume e creare audience rispetto a dei finanziatori che sono degli inserzionisti, pertanto delle persone e dei soggetti giuridici che devono vendere dei prodotti; quindi non mi fa specie che Sanremo abbia quel tipo di attitudine. Mi dispiace ovviamente e me ne dolgo perché penso che ci sia anche una presunzione da parte di chi fa questo lavoro rispetto al pubblico, si presume forse che sia più fesso di quello che è, quando probabilmente una proposta di maggiore qualità sarebbe gradita. Molto spesso mi viene chiesto se ci andrei, in un'ottica di mestiere è ovvio che Sanremo ti da una visibilità che non ti da nessuno. Se dovessi dirlo sulla base di quello che vedo e quindi del contenitore e del contenuto che spesso viene proposto è ovvio che la priorità non è la musica quindi se ci vai devi farlo con la disillusione e la consapevolezza che non è più un festival della canzone da tantissimo tempo. Sono anche convinto che le cose oggi stiano andando abbastanza bene anche aldilà di Sanremo, noi suoniamo, facciamo tanti concerti, c'è gente e tutto si muove nella completa ignoranza da parte dei grandi media, quindi vuol dire che c'è qualcos'altro, probabilmente la rete, che sta veicolando il messaggio aldilà del sistema classico. Per cui non so se ci andrei, dipende da come funzionano le cose, non mi astengo, non mi tiro indietro, ti dico che se ci vai sai che stai partecipando ad uno spettacolo televisivo con tutte le dinamiche di uno spettacolo televisivo.

Hai un rito scaramantico che ti accompagna prima dei concerti?

B - Mai avuto un rito scaramantico.

Però queste camicie così particolari, dall'evidente gusto retrò..

B - Quella non è scaramanzia, ma cattivo gusto! Se tu pensi che il cattivo gusto sia scaramantico allora sono sempre scaramantico. Non ho mai avuto un culto dell'immagine e adesso che mi trovo a farlo lo faccio ridendo di me stesso e anche del fatto che spesso vengo preso sul serio, sono uscito persino su Style come icona di stile, una cosa vergognosa..però finché la gente ci crede io ci gioco.

Il calendario delle prossime RocKontiki Night: il 15 marzo Fast Animal and Slow Kids; il 17 lo speciale “Saint Patrick’s Day”; l’8 aprile i Pan del Diavolo presenteranno il nuovo album; il 17 aprile Mangement del Dolore Post Operatorio; 24 Aprile Elettro-RocKontiki con IoSonoUnCane+Boxeur de Coeur+Everybody Tesla e il 3 maggio Maria Antonietta, la cantautrice con attitudine punk.

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