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Inquinamento e Pandemia: primo passo per cambiare il mondo

 

L’ipotesi di una possibile correlazione fra inquinamento e pandemia si è fatta finalmente strada al di fuori della cerchia di quanti venivano definiti amanti dei bei tempi antichi, ed è oggi oggetto di seria attenzione da parte delle più qualificate istituzioni scientifiche. In attesa di conclusioni definitive in proposito, possiamo ignorare il problema, ma forse merita immaginare fin d’ora quali sconvolgenti conseguenze potrebbero verificarsi nei nostri stili di vita e nello stesso assetto del pianeta qualora venisse accertato se non un diretto rapporto di causa-effetto, una più o meno acerba recrudescenza del Corona Virus in rapporto alle condizioni ambientali.

Alla luce di queste considerazioni vien fatto di chiedersi come mai il discorso sull’inquinamento non giochi alcun ruolo nelle decisioni sulla ripartenza, mentre il minimo buonsenso suggerirebbe di far partire il rallentamento delle misure restrittive dando la precedenza agli interessi delle piccole realtà territoriali, quelle a maggiore intensità di lavoro manuale e modesto consumo di energia fossile. Molte ciminiere rimarrebbero per un po’ ancora spente, gli aerei aspetterebbero a terra, ma il piccolo artigiano che abita a pochi passi dal laboratorio, la parrucchiera che serve le signore del vicinato, chi vende biancheria al mercato, il pizzaiolo riprenderebbero a tessere un’economia di vicinato a lungo sopita e forse assisteremmo al risveglio di produzioni soppiantate dalla concorrenza globale e molti troverebbero il modo di sbarcare il lunario rispettando i noti vincoli prudenziali, ma anche quelli imposti dall’inquinamento.

Lo schema predisposto dal governo per la ripartenza è basato sull’idea che poco a poco, nel bene e nel male, tutto dovrà tornare come prima, mentre lo scenario qui adombrato suggerisce che molte cose dovranno cambiare e indica succintamente le prime mosse per farlo. Fra queste, una semplice ricognizione delle modalità individuali adottate negli spostamenti casa-lavoro permetterebbe ad ogni lavoratore di migliorare il profilo ecologico del gruppo di appartenenza, passando ad esempio dall’uso dell’automobile privata al ricorso a mezzi di trasporto alternativi. Su questa falsariga, alcune amministrazioni si sono fatte avanti offrendo contributi per l’acquisto di una bicicletta. E’ una buona idea, ma si può fare meglio, i contributi vanno bene, ma si possono perdere nel mare dei bisogni ritenuti più urgenti; le due ruote dovrebbero essere donate a quanti ancora esitano ad acquistarle pur essendo perfettamente in grado di servirsene. Quelle comode, facili da usare e provviste di capaci contenitori per la spesa settimanale. Qualcuno oggi pensa che in questo modo potremmo compiere il primo passo per cambiare il mondo. Potrebbe non funzionare, ma per ora non si vedono altre strade.

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