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(In)ter(per)culturando: ’Revolutionary road’ di Richard Yates

Pubblicato per la prima volta nel 1961, Revolutionary Road di Richard Yates è diventato subito finalista al National Book Award ma - nonostante le critiche positive e, in alcuni casi, entusiaste - è finito in breve tempo nel 'dimenticatoio'.

In Italia si è ripreso a leggerlo grazie a una riedizione Minimum Fax del 2003 nella collana 'minimum classics' a cui poi è seguita l'edizione del 2009 sull'onda del successo e del neo entusiasmo dopo la 'rivisitazione cinematografica' del regista Sam Mendes sugli schermi nel 2008 con la coppia protagonista interpretata da Leonardo Di Caprio e Kate Winslet, tornati così assieme a interpretare dopo il colossal 'Titanic'.

E tornati, secondo me, a ragione in una storia piena di sfaccetature che entrambi riescono a rappresentare con intensità, realismo e pizzichi indigesti esattemente com'è nello spirito della narrazione di Yates.

Un romanzo forte, nudo e pieno da tanti 'emisferi', intrecci, sfaccetature e punti di vista. Non è soltanto lo scontro tra due persone che si sono scelte poi hanno preso strade differenti sul piano intellettuale, dei sogni e dei desideri quanto del sentire e cercare nell'orizzonte futuro; è soprattutto una panoramica sulle miserie che negli anni Cinquanta hanno gravato sulle comunità americane in cerca di fortuna, e costrette a mediare tra sogni, aspettative ed economie traballanti senza però voler rinunciare a routine piatte, scacciando guizzi per abbracciare monotonie, perbenismi rigidi e dinamiche familiari omologanti dove tutti cercavano di sentirsi a proprio agio, vincenti e 'gente perbene' finendo per rinchiudersi in personali scatole vuote tra silenzi, incomprensioni, banalità e distanze.

Alcuni personaggi sono memorabili come John Givings, dalle cui affermazioni s'intravvedono i profondi significati delle posizioni e delle scelte dei protagonisti, sebbene Givings abbia 'ufficialmente' problemi mentali conclamati e sia, dunque, considerato dal Mondo un individuo di cui prendersi cura, e da compatire, di certo non da ascoltare.

Gli stessi protagonisti April e Frank, sono in realtà spaccati fondissimi a raccontare gli universi distinti, duri, spigolosi e incolmabili tra una donna e un uomo che si sono scelti in un particolare momento della loro conoscenza ma che poi, tra routine, scelte obbligate e banalità, si sono ritrovati a desiderare cose diverse, a vedere orizzonti diversi e a scegliere futuri differenti che uno dei due definitivamente sigillerà verso la fine della narrazione.

Attorno ai due protagonisti, Yates abbozza e inspessisce una gamma di personaggi ognuno singolare, e unico a modo suo, come la coppia di amici e vicini, i Campbell (laddove sia Milly quanto Shep, pur essendo coesi rispetto all'apparente vita scelta e difesa, sono poi diversi nei sogni e nei desideri anche fisici).

Nel 1972, Yates dichiaro: «La maggior parte degli essere umani è ineluttabilmente sola e la tragedia della loro vita è nascosta in loro stessi». E - in effetti - uno dei leitmotiv più devastanti e urticanti del plot principale quanto delle sotto trame è proprio la solitudine fonda di ogni personaggio che, pur essendo circondato da famiglie, figli, colleghi, amanti, vicini e amici, finisce per ritrovarsi pesantemente solo a pensare, decidere, capire e patire. La comprensione, in 'Revolutionary road' avviene solo entro logiche preconfezionate, socialmente approvate e dettate dai rigidi standard dell'America degli anni Cinquanta che aveva codificato i sogni entro tabelle e logiche chiuse, rigide e asettiche.

Un romanzo che non può mancare tra le lettura di qualunque generazione, lontano dagli attuali standard dell'editoria italiana per lunghezza, assenza dell'happy end, punti di vista altalenanti a complicare e variare le angolazini, ma d'una potenza indiscutibile.

 

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