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(In)ter(per)culturando: ’La stracciata pazzia’ e ’Harpo coniglio e il mistero di facebook’

Un puzzle di storie, ‘La stracciata pazzia’ di Stefano Bernazzani (MobyDick, ottobre 2011, pag.270, euro 18).

Un romanzo che poggia sulla coralità dei personaggi principali che a turno s’alternano durante la narrazione. È un valzer di voci, questo narrare, a catapultare il lettore in realtà dove cambiano le angolazioni ma con punti d’intersezione a raccontare di ricerche, crescite, mestieri, fatiche, legami… Al centro di tutto quattro giovani alla ricerca di sé, d’una direzione e di sogni in un mondo – quello di una fabbrica in crisi - che più contemporanea non potrebbe essere per il momento storico che l’Italia sta vivendo in questo periodo.
Davide, Giovanni, Vincenzo e Lucia: è attraverso ciò che succede a loro, attraverso il loro modo di agire e reagire, pensare ed analizzare che il lettore entra gradualmente nelle diverse storie a comporre questo puzzle. Bernazzani non teme le complicazioni, gestisce diversi contesti, intrecci ed accadimenti in una narrazione che si prende il tempo necessario a inquadrare e mettere a fuoco.
 
La notizia di un nuovo incontro in Provincia si era sparsa fin dalla mattina, riscaldando la fabbrica più dell’impianto di condizionamento, perché avevano tutti pensato che da quella riunione sarebbe scaturita la lista inappellabile degli esuberi. Giovanni non aveva dubbi. Era il terzo incontro fra le parti dopo la firma dell’accordo preliminare, e se il primo doveva essere servito per le scaramucce e il secondo per gli affondi, il terzo doveva essere quello in cui si scrivevano nomi e cognomi al posto dei numeri. Sicuro.
(pag. 134 – Giovanni)
 
Nonostante la nascita di Davide, e la felicità che aveva portato, Lucia non poteva dire che le cose fossero migliorate troppo, tra lei e suo marito. Durante la gravidanza aveva sperato che l’arrivo di un figlio avrebbe cambiato Giuseppe una volte per tutte, caricandolo delle sue responsabilità e rilanciando il loro matrimonio come le sembrava che succedesse per le altre coppie. Come doveva sempre succedere, secondo lei. Era così naturale… Ci si fidanzava, poi ci si sposava, e dopo pochi anni, trovata la quadratura del cerchio, si andavano a prendere i figli. Semplice, no?
(pag.58 – Lucia)
 
 Quando pensava all’attentato, Vincenzo era sicuro che non avrebbe avuto problemi, se ci stava anche Davide. Probabilmente sarebbe filato tutto liscio, ma se anche fossero spuntati degli imprevisti, insieme li avrebbero risolti nel miglior modo possibile. Non era affatto una novità, anzi, sembrava che fare la cosa giusta fosse la specialità della ditta. Una volta erano rimasti a piedi di ritorno dalla discoteca, ne bel mezzo di una stradina sperduta nella nebbia. La macchina di Giovanni si era spenta di colpo perché uno stupidissimo sensore aveva deciso di bloccare la benzina. Be’, se fosse stato solamente con Davide o con Giovanni, Vincenzo si sarebbe sentito in pericolo in un caso del genere. Per la nebbia, per il buio, e perché chissà dove si trovavano. Invece, essendoci in tre, non si era preoccupato neanche un istante.
(pag.196 – Vincenzo)
 
- Cosa c’è? – le chiedo, come se non lo sapessi.
Intanto arriva la padrona con due boccali di birra. Serve prima Valentina, che mi guarda sorniona.
- E il tuo amico, come farà adesso, da solo?
E io resto a bocca aperta senza capire più niente, come un ladro colto in flagrante. Perché anche se lei non lo sa, quella è la domanda più vera che poteva farmi, quella che ho cercato di scansare fin dal primo giorno. Come farà Giovanni? Non so cosa rispondere, non riesco neanche a fingere, lascio passare il tempo finché sul volto della signora spunta l’imbarazzo per aver detto qualcosa di sbagliato, come se avesse chiesto di uno che non c’è più.
- Se la caverà – dico infine, lasciandola con chissà quale dubbio.
(pag. 163 – Davide)
 
Come si evince dagli stralci sopra riproposti, la narrazione resta in terza per tre dei quattro protagonisti: è Davide a rompere lo schema raccontando in prima persona, e facendosi decisamente più presente degli altri. La struttura permette all’autore di recuperare passati, memorie, dettagli in corso e virate sulle singole inquadrature con il narratore esterno, lasciando a Davide una propria voce identificativa a proporre dall’interno osservazioni, retroscena e dialoghi.
 
La scrittura di Bernazzani è omogenea, e lineare nonostante le virate e i diversi punti di vista. Si tratta di un narrare che si segue facilmente, dominato da parole che sono una ‘via di mezzo’ tra le semplicità delle gergalità e la ricerca pressante di termini più articolati e complessi. L’approccio, nel complesso, manca probabilmente di originalità, pur rimanendo sempre coerente e – lo ribadisco – ben fruibile e funzionale. Il ritmo risente a tratti della lunghezza, della scelta dell’autore di approfondire i diversi filoni, personaggi e intrecci, probabilmente l’intero narrare ne avrebbe giovato lavorando un po’ in riduzione, con lucidità.
 
Un libro in cui scorrono tante vite, tante scelte, fatiche, crudeltà, relazioni e sbagli. E che può proporre riflessioni anche sull’oggi del lettore.
 
 
***
 
Luca Martello con ‘Harpo coniglio e il mistero di facebook’ (Piano B, gennaio 2012, pag.140, euro 13,50) propone una storia tutta giocata sul surrealismo di situazioni con contesti reali che vanno a braccetto con altri palesemente di fantasia, in un qualche modo provenienti dall’isola che non c’è o dal mondo di Alice.
 
Il coniglio Harpo è costretto a occuparsi di un mistero fitto e denso: la sua padrona scompare e l’animale è costretto ad addentrarsi nelle complesse dinamiche dei social network dove suppone sia finita. Ma Harpo non è solo: l’indagine è maldestramente portata avanti assieme al noto sociologo Bauman in un susseguirsi di accadimenti bizzarri, ilari quanto intensi.
 
Bauman dovette inserirsi nella disputa: “La prego buon uomo, non faccia tutto questo chiasso. Non si lamenti poi seg li homeless vengono trattati come rifiuti della società liquida postmoderna. Individui gettati ai confini della società perché incapaci di adeguarsi alle regole del consumismo, scaraventati in quartieri dormitori dove non c’è spazio per gente cosiddetta perbene, schiava della propria vena spendacciona, uomini donne bambini che vivono per comprare, spendere, consumare senza neppure rendersi conto di essere merce loro stessi!”
“Dammi la tua gallina.”
“Non se ne parla neppure, è mia e non la cedo a nessuno.”
“Zygmunt, non ti permettere di chiamarmi gallina.”
“Hoppo, non capisci? E’ una strategia per toglierci di mezzo questo zotico.”
Ma quello non se ne andava. Anzi, abbandonò la fila alla cassa per far sapere a tutti che nel bar c’era un vecchio con una gallina. Dalla stanza a fianco, una donna inferocita strillo: “Un vecchio con una bambina? Dov’è che lo accoppo!”.
Da lì in poi la tragedia. La frase, passata di bocca in bocca, assunse ogni volta contorni sempre più cupi.
(pag.104-105)
 
Martello sceglie di alternare un narratore esterno con la voce diretta di Harpo che subentra in alcuni capitoli a raccontare ciò che sta succedendo, ciò che pensa e considera di quest’avventura dai contorni strampalati su sfumature verosimili. Indubbiamente si tratta di una lingua sciolta, che punta dritta ad arrivare tra ironie, tratteggi semplici, dialoghi con punte comiche spudorate e la voce d’un personaggio che ragiona e agisce come un umano ma non dimentica le proprie sembianze.
 
È un viaggio oltre ogni aspettativa, dove i luoghi, gli intrecci, gli incontri e gli scenari si spostano, decostruiscono, sciolgono e riappargono proprio come accade nella nota favola del reverendo Lewis Carroll.
 
Ammetto che un’esperienza simile mi mancava. Attraversare Bagan, nel cuore della Birmania, era come cancellare di colpo qualsiasi ricordo del mondo occidentale e delle relazioni à la Facebook. In un’area che conta più di cinquemila templi, tacere e ammirare la bellezza artistica di cotanta spiritualità è pressoché d’obbligo.
Chiaramente non eravamo lì per fare i turisti. Anche se, sperduti nel mercato Nyaung Oo, ci sentivamo decisamente pellegrini.
 
“Che belle quelle infradito.”
“Per carità Zygmunt, lasciamo le infradito ai buzzurri occidentali.”
“Ma sono comode.”
“E brutte.”
“Tu odi le infradito perché sei un coniglio e non puoi usarle.”
“Oh insomma, è mai possibile che pure in Birmania troviamo un motivo per litigare! Lasciati cullare da quest’aria di libertà.”
“Hoppo, che libertà e libertà, qui c’è la dittatura.”
“Intendevo qui al mercato. Guarda che carina quella lampada.”
“Veramente quella è una lepre scuoiata.”
“Va bene, sto zitto.”
(pag.119)
 
Una storia dove abbandonare certezze e aspettative perché il reale sta nel capovolgimento. Godibile, si legge con estrema facilità, divertente ma per nulla privo di ragioni.
 
 
Link
La scheda di 'La stracciata pazzia' sul sito dell'editore.
La scheda di 'Harpo coniglio e il mistero di facebook' sul sito dell'editore.
 
 
 
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Immagine scattata da Barbara gozzi, 5 febbraio 2012.

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