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In Egitto è il "venerdì della rabbia". Ancora morti e scontri nel Paese

I Fratelli Musulmani hanno chiamato alla mobilitazione e anche oggi nuovi scontri e nuovi morti. 

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Aggiornamento

I sostenitori di Morsi sono scesi in piazza anche oggi, Al Cairo e in altre città del Paese. Si parla di una trentina di morti: l'esercito infatti ha alzato il fuoco sui manifestanti. 

Intanto Khaled Dawoud, portavoce del Fronte di Salvezza Nazionale (di orientamento liberale) ha dato le dimissioni, in segno di protesta al silenzio del Fronte sulle violenze perpetrate nei confronti dei Fratelli Musulmani. 

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Dopo gli scontri di ieri tra le forze di sicurezza egiziane e i sostenitori della Fratellanza musulmana, ciò che si prepara a vivere oggi in Egitto è un lungo “venerdì di rabbia”. L'opinione internazionale guidata da Barack Obama, cerca di placare la situzione invitando entrambe le parti alla moderazione e condannando ogni forma di violenza contro i civili. 

Il bilancio ufficiale per ora racconta di oltre 600 morti e circa 4000 feriti. 

Ma esiste anche un bilancio "non ufficiale": non sono stati ancora contati i corpi conservati nelle moschee vicino alla scena dei due grandi assalti di mercoledì scorso.

Sul piano umanitario la situazione rischia di degenerare con decine di corpi in decomposizione che giacciono ancora in bare precarie fuori agli obitori, dove i parenti delle vittime stanno ricorrendo al ghiaccio per rallentarne il disfacimento. All'interno, i nomi dei morti sono stati scarabocchiati su fogli bianchi che coprono i corpi, alcuni dei quali carbonizzati, e una lista di nomi viene scritta sulle pareti. 

Nelle prime ore di oggi, dopo la preghiera di mezzogiorno secondo la Reuters, la Fratellanza ha chiesto che migliaia di persone scendano in piazza per la "marcia della rabbia'", una mobilitazione che assume carattere nazionale e che sfida il coprifuoco e lo stato di emergenza che è stato proclamato per un mese.

Al Cairo è massima allerta e si temono nuovi e violenti scontri; intanto i militari hanno chiuso il ponte 6 ottobre, che permette l’accesso al centro della città mentre il ministero dell'Interno egiziano ha autorizzato la polizia all'uso letale della forza, quindi anche a sparare, per proteggere agenti e istituzioni chiave dagli attacchi.

Foto logo: @lucag_castellin/Twitter

 

Commenti all'articolo

  • Di GeriSteve (---.---.---.234) 16 agosto 2013 22:36

    In Egitto la scena è occupata da due protagonisti, entrambi bene armati ed entrambi decisi a rendere gli scontri sempre più sanguinosi: gli islamici ed i miltari. Più gente muore, più consensi riescono ad erodere fra chi ancora non tifa per nessuno di loro due e più riescono a fidelizzare e fanatizzare i parenti e gli amici degli uccisi.
    Chi perde, purtroppo, è la società laica e civile che, stretta fra il golpe di Morsi e quello dei militari ha oggettive difficoltà a svolgere il suo ruolo.
    Dalla primavera si è passati ad una rovente estate e -purtroppo- è prevedibile un lungo inverno dittatoriale, anche se è difficile prevedere se il dittatore avrà le stellette o la mezzaluna.
    Una previsione però è facile: se dovessero prevalere gli islamici teocratici è probabile che poi Israele venga attaccato e che si inneschi la prima guerra atomica, a fronte di cui le migliaia di civili morti ammazzati in questi giorni sarebbero piccola cosa. Se anche non accadesse, si avrebbero certamente conflitti fra sunniti e sciiti, replicando a livello internazionale lle attuali follie irakena e siriana (alawiti e siiti contro sunniti) di cui ci siamo stancati di conteggiare le vittime giornaliere.
    GeriSteve

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