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 Home page > Tribuna Libera > Immigrazione o invasione, accoglienza o respingimento?

Immigrazione o invasione, accoglienza o respingimento?

A fronte dei continui sbarchi di immigrati sulle nostre coste quale posizione assumere e quali decisioni prendere? Siamo in presenza di un’emergenza umanitaria che richiede da parte nostra un’accoglienza generosa o siamo in presenza di una vera e propria invasione, visti i numeri e le proporzioni, che dobbiamo arginare, se non addirittura respingere? La questione è complessa e il dilemma è morale, prima che politico.

Immigrazione-accoglienza

C’è un punto fermo, se si vuole approcciare il problema da una prospettiva morale, e queste sono le persone realmente coinvolte, con il carico della loro umanità dolente.

Profughi da terre insanguinate, migranti economici sfuggenti alla fame, trattati come bestie in Libia, vittime di un razzismo senza remore, spesso oggetto di stupri, violenze e abusi di ogni sorta. Lavorano come schiavi per guadagnarsi la traversata che li porterà dall’altra parte: 7mila dollari per avere documenti falsi, 3mila per il ricongiungimento con parenti all’estero, 800-1000 per il trasporto marittimo e nessuna garanzia di arrivare vivi.

Famelico il mare, che ne ha già inghiottito a decine di migliaia. Famelico il giro d’affari degli scafisti, fra brutale cinismo e totale disprezzo della vita umana. Dal 2000 al 2013 sono morti (http://speciali.espresso.repubblica.it/interattivi-2014/migranti/) più di 23 mila migranti nel tentativo di raggiungere l’Europa via mare o via terra. La rotta più pericolosa? proprio quella tra l’Africa e Lampedusa (quasi il 4% di morti e dispersi sul totale di avvistati nel 2012). Barche di morte, stive stracolme di umanità alla deriva, mare che inghiotte sogni e attese, tombe senza nome e senza fiore. Sollevata la botola delle stive trasformate in fosse comuni, si scopre l’orrore.

E’ un attentato alla vita lasciar morire i nostri fratelli sui barconi nel canale di Sicilia” – ha gridato Papa Francesco al convegno di Scienza & Vita del 30-05-15. Le stragi di migranti interpellano la nostra coscienza. Interpellano l’Italia, interpellano l’Europa, perché un popolo civile non manda alla deriva dei bambini, salva quei bambini” (così José Manuel Barroso all’indomani del naufragio di Lampedusa del 3 ottobre 2013: 366 morti accertati, 20 dispersi).

Ci sono regole sottoscritte a livello internazionale a rendere doverosa l’accoglienza verso chi fugge dalla guerra, nonché valori di umanità e solidarietà che fanno parte della nostra tradizione e cultura. Né si possono respingere in alto mare persone non ancora identificate, alle quali non è stato permesso di inoltrare domanda di asilo, dacché la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo con sentenza del 23 febbraio 2012 ha sanzionato questa pratica. 

Ne va della “credibilità dell'Italia in Europa", come hanno sostenuto mons. Guerino Di Tora e mons. Gian Carlo Perego, rispettivamente presidente e direttore generale della Fondazione Migrantes, pensando anche ai migranti economici, ai migranti della fame. Del resto: “Quali sono le cause delle immigrazioni e le cause dei rifugiati? Per le migrazioni, la povertà; per i rifugiati, le guerre. Finché ci saranno povertà e guerre nulla cambierà” (così mons. Vegliò, presidente del Pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti).

Siamo di fronte ad un evento epocale, che coinvolge interi popoli, uomini, donne, bambini. La crisi dei governi africani, le guerre in Medio oriente, la paura dell’Isis e l’aumento delle frange terroristiche, ne sono la causa. Da parte dell’Europa occorrerebbe una risposta ampia, pianificata, e, quindi, prima di tutto, “trovare un accordo sull’atteggiamento di fondo", invece di limitarsi a “rattoppare le urgenze”, come ha affermato Mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Cei. Ma in un’Europa ripiegata sul proprio egoismo, con gli interessi nazionali dei singoli Paesi alle prese con le loro crisi politiche interne, è proprio quello che manca.

 

Invasione-respingimento

C’è un punto critico che va affrontato, pena lo scadimento anche di nobili affermazioni a livello di chiacchiere ideologiche. Se si aprissero indiscriminatamente le frontiere agli immigrati illegali, se, nella fattispecie, lo facesse l’Europa, l’emergenza, non solo non si risolverebbe, ma assumerebbe proporzioni ancora maggiori.

Non può essere, quindi, considerato “secondario il numero degli immigrati” (come invece ha sostenuto mons. Galantino). Nella misura in cui le proporzioni si ingigantiscono, si moltiplicano problemi economici, sociali, di ordine pubblico, di convivenza e, non ultimo, di civiltà. Sorvolare su questo è non tanto semplicistico, quanto irresponsabile, come sa esserlo un moralismo farisaico che ha il duplice difetto di perdere il contatto con la realtà e di atteggiarsi a fastidiosamente supponente. E’ poi ingeneroso nei confronti della popolazione accogliente che, già provata dalla crisi, è chiamata a sobbarcarsi enormi sacrifici. Ed è, infine, miope ed imprudente, in quanto non considera il versante della legalità, nonché il pericolo del terrorismo, che si infiltra agevolmente, viste carenze o assenze di controlli. "Sicurezza e legalità sono un dovere preciso di uno stato democratico e civile – ha riconosciuto anche mons. Bagnasco, presidente della Ce (aggiungendo però che “questo dovere non può essere chiusura e non accoglienza verso chi è disperato").

In Italia nel 2014 sono sbarcati tra i 170 e i 180mila immigrati. Di questi 64.886 hanno avanzato richiesta di asilo. Ma nei centri di prima accoglienza ne erano censiti nello stesso periodo 80.150. Pertanto, secondo fonti del ministero dell’Interno, almeno 50/60 mila immigrati sarebbero scappati senza lasciar traccia (solo per il 2014): immigrati senza nome e cognome e, quindi, senza fedina penale. E gli sbarchi continuano (a fine giugno il numero si avvia a superare la soglia dei 60000!).

Scrive Giovanni Sartori: “i clandestini sono persone che vivono in un paese illegalmente, senza titolo né per entrare né per restare. Dal che dovrebbe conseguire che è non soltanto diritto ma anche dovere di uno Stato impedire l'immigrazione clandestina (…) ed espellere chi risiede in un paese senza averne il diritto. Questo, sottolineo, è anche un dovere dello Stato. Se i cittadini sono tenuti a sottostare alle leggi del loro Stato, alla stessa stregua lo Stato li deve tutelare da persone che sfuggono alle leggi e che sono legalmente inesistenti”. E ci sarebbe da richiamare quanti allegramente misconoscono il problema alle loro responsabilità anche penali, nel momento in cui dei clandestini commettono reati contro dei residenti italiani. Né si dovrebbero tollerare l’abusività e la piccola criminalità diffuse, che finiscono per alimentare la grande criminalità, italiana e straniera.

Il problema è, in tal caso, quello di uno stato che ha derogato alla prima regola fondamentale di uno stato di diritto: la certezza della pena. Provvedimenti indultivi, sanatorie, ipergarantismo dei giudici finiscono, quindi, per proteggere chi delinque, più che per tutelare i cittadini. Nelle zone d’ombra del nostro sistema giuridico si annida forse il problema più grave, un cancro che sta ampiamente metastatizzando. Nel frattempo un intero sottobosco politico è pronto a trasformare l’emergenza in business dell’assistenza, con distruzione di ingenti risorse pubbliche, sottratte ai milioni di italiani disoccupati o in condizione di povertà ("mafia-capitale", per intenderci).

Due grosse questioni vanno affrontate. Innanzitutto, bisogna valutare le garanzie reali di accoglienza dignitosa, a fronte di numeri esorbitanti e crescenti. Inoltre, bisogna non forzare l’accoglienza oltre ogni limite ragionevole, sottovalutandone le conseguenze sociali a carico delle "popolazioni accoglienti". Detto in modo brutale: cosa offre e cosa vuole farne l'Italia di tutti i profughi e i clandestini? Soldi, casa, lavoro? Si dà ospitalità limitata nel tempo o incondizionata e illimitata? E poi quante migliaia, se non milioni, di persone il nostro sistema potrà sopportare?

L’Italia corre, di fatto, il rischio di accogliere chiunque paghi il pizzo a trafficanti e schiavisti in un’escalation che vede diminuire il prezzo del “biglietto” per la traversata e aumentare gli incassi dei trafficanti, nonostante i prezzi in saldo. Intanto sale l’intolleranza. In soli 5 anni l’opinione degli italiani è cambiata radicalmente. L’idea che si devono accogliere tutti era condivisa nel 2010 dalla maggioranza (52%) dei cittadini. Oggi, invece, solo il 17% è d'accordo. Cresce la percentuale di chi pensa che “gli immigrati sono la principale causa della delinquenza” ed è sempre più seriamente sentito il pericolo che un’immigrazione così massiccia ci privi delle radici culturali, ci snaturi, specie di fronte ad un Islam intollerante, aggressivo e percepito (a torto o a ragione) come violento (fonte Renato Mannheimer, Il Giornale del 27).

 

Foto: noborder network/Flickr

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