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Immigrati in Lombardia: "grana padana"

A sfogliare gli elenchi telefonici del cremonese, si scopre che il cognome più diffuso è ormai Singh, che non è propriamente padano. È da tempo, infatti, almeno da una ventina d'anni, che gli immigrati provenienti dalla regione indiana del Punjab si sono stabiliti in quell'area della Lombardia per lavorare nei caseifici. E se oggi, improvvisamente, questi decidessero di scioperare, i produttori dell'ottimo e rinomato Grana Padano sarebbero costretti a sospendere le attività.

Gli indiani, come testimonia pure Coldiretti, sono ormai divenuti indispensabili all'agricoltura e all'allevamento dell'intero Nord. E proprio nella provincia di Cremona è possibile continuare a produrre circa un milione di tonnellate all'anno di latte (un decimo di tutto il latte prodotto in Italia), grazie ai lavoranti stranieri.

Fra questi, molti sono Sikh. Giunti in Italia quando la generazione di operai caseari autoctoni si accingeva alla pensione senza prospettive di ricambio, hanno salvato un’economia altrimenti condannata alla rovina. Perché nel nostro Paese - e il Nord non fa certo eccezione - sono pochissimi i giovani disposti ancora a lavorare nei settori legati all'industria agricola e alimentare. Ci si sporca le mani, vanno sopportati duri turni e il tempo libero è davvero scarso. In più, aspetto probabilmente decisivo, a differenza degli immigrati noi italiani non sappiamo più come si manda avanti una fattoria.

Statistiche ufficiali sul numero degli indiani impiegati nella nostra agricoltura e nei caseifici non esistono, ma molti osservatori locali dicono che ogni tremila operai immigrati c'è un terzo originario dell'India. Lo sanno bene anche gli amministratori della Lega, che malgrado gli slogan devono riconoscenza a questa mole di lavoratori. Un segno della loro presenza rilevante è stata la recente inaugurazione del tempio Sikh lombardo di Pessima Cremonese, il più grande d'Europa, progettato per contenere fino a 600 fedeli.

L’iter che ha portato alla realizzazione della struttura religiosa non è stato per niente semplice, tra permessi edilizi prima concessi e poi revocati sull'onda delle polemiche politiche, fino all'individuazione del sito definitivo. Mentre il Sindaco ne appoggiava attivamente la costruzione (la comunità indiana è stata capace di raccogliere per lo scopo ben due milioni di euro e, come probabilmente si dice anche nelle valli padane, "Pecunia, si uti scis, ancilla est; si nescis, domina". Che letteralmenente suona più o meno così: "se sai usarli, i soldi ti servono; se non sai usarli, ti rendono schiavo"), gli esponenti locali della Lega Nord hanno fatto ricorso a ogni forma di ostruzionismo.

Manuel Gelmini, leghista di ferro e consigliere provinciale a Cremona, ha provato vanamente a fermare la costruzione del tempio col pretesto del Kirpan, la spada cerimoniale portata dai Sikh ortodossi durante le funzioni religiose. Tuttavia, è significativo che la Lega non abbia fatto aperta propaganda contro i lavoratori indiani del latte.

Ormai il partito di Bossi ha perso la sua antica spinta rivoluzionaria e intransigente, e quando attacca lo fa solo per nascondere l'assuefazione a quelle pratiche del potere mal digerite dalla sua base. Un po' quello che avviene in Parlamento, quando si tratta di votare i provvedimenti ad personam cari al premier o di esprimersi sull'autorizzazione all'arresto di questo o di quell'esponente della maggioranza: prevale solo e sempre la convenienza tattica del momento. Al di là delle urla di circostanza contro i corrotti, i parassiti e (per fortuna) gli immigrati stessi.

Del resto, come volere l'allontanamento di una mano d'opera che costa appena 2-4 euro l'ora e fatica per mezza giornata quanto lavorerebbero tre italiani? Patrizia Santangeli ha realizzato l'interessante documentario "Visit India", nelle sale dal prossimo ottobre, nel quale spiega appunto che i circa 16 mila stagionali indiani presenti in Italia fanno la fortuna degli imprenditori e in fondo vanno bene alla stessa politica: costano poco e vivono in accampamenti modesti, non si segnalano per episodi di violenza, passano quasi inosservati agli occhi delle comunità locali. Il film approfondisce soprattutto la condizione degli indiani del Lazio e della provincia di Latina, la loro meta preferita.

Dai dati Istat emerge che molti di loro sono diventati cittadini italiani, hanno acquistato casa e si sono insediati senza difficoltà di integrazione con le rispettive famiglie. Perfino nel cremonese, dove l'atteggiamento ambivalente della Lega ha suscitato a volte l'indignazione dei verdi barbudos dagli elmi cornuti, si è evitata l'emarginazione degli indiani ricorrendo a vari programmi istituzionali, come le lezioni di lingua italiana e i piani di formazione culturale e inserimento professionale.

I loro figli, in maggioranza nati qui in Italia, sono bravissimi a scuola e dimostrano un senso civico perfino superiore a quello dei nostri ragazzi. E se a sostenerlo è un allevatore lombardo che vive e opera nel cuore pulsante della Padania in camicia verde, non c'è che da credergli. Domandando a uno dei suoi dipendenti arrivati dall'India negli anni '90 se ha voglia di tornare in patria, la risposta che si sentirà è la seguente: "i miei figli si sentono più italiani che indiani, qui abbiamo messo radici: ormai è questa la nostra Patria".

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