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Il vento che uccide le montagne

Non è la giornata migliore, per addentrarsi nei boschi e scalare i pendii di Monte dei Cucchi, nel Comune di San Benedetto Val di Sambro. C’è nebbia, a tratti una pioggerella sottile che gela le dita. Eppure, arrancando dietro la mia guida, mi sento fortunata perché tra un anno o due questi alberi non esisteranno più.

Al loro posto, un mega impianto eolico, delicatamente promosso come “parco”, composto da 24 pale per oltre 20 megawatt complessivi di potenza, attualmente, ma non per molto, il più grande del nord Italia. Siamo a oltre 1100 metri di altezza, e Alberto Cuppini, membro del Comitato Monte dei Cucchi e mio accompagnatore, assicura che nelle belle giornate il panorama è davvero suggestivo.

Nonostante le nuvole che avvolgono il crinale, aguzzando la vista si scorge l'impianto di Monte Galletto, primo esperimento realizzato nel 1999 che conta dieci torri monopala da 350kw l'una. Definito finanche dalla Provincia un fallimento, in quanto “inefficiente e rumoroso”, l'impianto ha comunque spianato la strada a una serie di progetti sempre più imponenti, di cui quello di Monte dei Cucchi non è l'ultimo né il più ambizioso. É infatti in corso di progettazione un “parco” nel vicino comune di Monghidoro, sempre in provincia di Bologna, della potenza complessiva di 36 megawatt.

Le principali critiche alla tecnologia eolica applicata ai nostri monti riguardano da un lato il paesaggio e l'ecosistema, dall'altro l'efficienza. “A Monte Galletto l'anno scorso le pale hanno funzionato in modo utile per sole 848 ore su 8760 complessive. È evidente – spiega Cuppini - che una resa del genere è tanto bassa da non giustificare investimenti economici di grande portata, come quelli necessari per installare le torri eoliche”. Ma allora dove sta il guadagno? “La parola magica è 'certificato verde'. Con questi incentivi statali, tra i più alti d'Europa, il mercato è totalmente falsato e investire sul vento conviene sempre, anche quando gli impianti rendono pochissimo”.

Mentre arranchiamo nel fango, stretti nelle giacche a vento, Alberto mi mostra grazie a un dispositivo satellitare la posizione esatta delle torri che verranno: molte sorgeranno dove ora vi sono boschi fittissimi di alberi pregiati, come conifere o faggi. Le conifere, mi fa notare, sono specie alloctone, piantate all'inizio degli anni Cinquanta dopo la gigantesca frana che nel 1951 ha creato il lago di Castel dell'Alpi. Da qui possiamo vederlo, grande specchio d'acqua circondato da alberi, che non porta memoria del cataclisma che lo ha generato. I sempreverdi che ora danno un tocco di colore al bruno della montagna autunnale dovevano servire a contrastare le frane, tipiche di questa zona geologicamente instabile. Durante il nostro giro ne incontriamo diverse, alcune delle quali hanno bloccato le strade ormai da mesi.pala

Disboscare completamente la montagna per realizzare le infrastrutture necessarie alla costruzione dell'impianto (grandi strade per il trasporto dei materiali, piazzole per i lavori) comporterà quindi un rischio idrogeologico concreto e grave, mettendo in pericolo anche la sicurezza dei centri abitati.

E allora, di nuovo, dove sta il guadagno? Perché i sindaci acconsentono di buon grado ad ospitare impianti non solo inefficienti ma addirittura pericolosi? Qui entrano in gioco i cosiddetti “sviluppatori”. Questa figura intermediaria si occupa di preparare il terreno per le grandi aziende dell'eolico: individua i siti compatibili, compra la disponibilità dei sindaci con le royalties concesse per ogni torre installata e poi passa il pacchetto completo all'azienda di turno, che non deve far altro che presentare il progetto.

Progetto che con buone probabilità verrà approvato dalla VIA (valutazione di impatto ambientale), poiché prima di essere presentato è sottoposto ad uno studio di impatto ambientale per prevenire ogni possibile obiezione.

Nonostante questo, il progetto presentato dall'AGSM di Verona (azienda che ha costruito anche l'impianto di Casoni di Romagna, altro colosso del vento nel Nord Italia) è stato bloccato in sede di VIA con la richiesta di ben 31 integrazioni. In altre, parole, va rivisto quasi per intero. Normalmente un progetto tanto inadeguato sarebbe stato semplicemente respinto. 

 

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Il fatto che non lo sia stato, naturalmente, va a vantaggio dell'azienda, che nel periodo finestra in cui dovrà presentare le integrazioni sarà protetta dalla concorrenza che potrebbe eventualmente fare proposte alternative. Il che non è poco, considerato che il progetto è fermo da più di un anno. La storia d'amore tra AGSM e Provincia di Bologna non conosce ostacoli, tanto che i nostri amministratori scelgono di collaborare con l'azienda nonostante questa operi in posizione irregolare: nel gennaio di quest'anno è stata multata dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (antitrust) in quanto posseduta al 100% dal comune di Verona e dunque legittimata ad operare solo in ambito territoriale. Per uscire dai suoi confini in modo legale, l'AGSM avrebbe dovuto operare una scissione creando una società gemella di cui non possedesse la maggioranza assoluta. 

Nonostante questo non sia avvenuto, la Provincia continua ad agire in suo favore giocando l'insolito ruolo di sviluppatore, e facilitando l'azienda veneta al punto di costituirsi in giudizio contro il Comune di San Benedetto Val di Sambro che si è opposto all'installazione degli areogeneratori.

Che ci sia qualcosa di strano, nella politica della Provincia di Bologna in ambito di energie eoliche, non lo dice solo questa storia, o l'ambiente minacciato. Lo dicono anche i numeri dell'ANEV, l'Associazione Nazionale Energia del Vento. Il suo documento sulle potenzialità dell'eolico in Italia stima in 16.200 megawatt di potenza installabile l'obiettivo da raggiungere entro il 2020. L'ANEV sottolinea anche come questi numeri siano frutto di un'attenta selezione rispetto ai siti non idonei perché di alto valore ambientale. In Emilia-Romagna, le stime sono di 200 megawatt installabili, sempre al 2020. Il problema è che nella sola provincia bolognese i progetti già realizzati o in via di presentazione coprono una cifra quasi pari a quella indicata per l'intera regione. E siamo solo nel 2010. É dunque l'ANEV che fornisce stime inadeguate, oppure la Provincia che favorisce lo sfruttamento selvaggio dei nostri territori? Interrogativi che gireremo agli amministratori interessati nelle prossime settimane.

[Il rendering della pala eolica è stato realizzato dall'architetto Bassi per il comitato Monte dei Cucchi]

Commenti all'articolo

  • Di marco (---.---.---.18) 5 dicembre 2010 15:37

    Storia emblematica.
    La produzione di questa centrale eolica è come uno sputo nel mare se la paragoniamo alle necessità energetiche anche solo della provincia di Bologna. I costi sono enormemente superiori ai benefici.
    Ma la si vuole costruire lo stesso perchè lo sfruttamento industriale dell’energia eolica è oggigiorno il modo più facile (e spesso spregevole) per guadagnare molti soldi sulle spalle dei cittadini (che pagheranno il costo dei cerificati verdi con aumenti in bolletta) e dell’ambiente.
    Putroppo le autorità che dovrebbero vigilare su un corretto utilizzo del denaro pubblico e tutelare l’ambiente spesso sono conniventi.
    Come alcune (ormai cosiddette) associazioni ambientalistiche.

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