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Il programma delle sardine, capitolo quinto: l’ambiente

Viviamo in una società attraversata da un processo di globalizzazione, dove il mondo è la casa di tutti, la terra è casa nostra, l’umanità intera è la nostra famiglia. Il principio che regola il nostro vivere è quello dell’interdipendenza, che intreccia problematiche ambientali, securitarie economiche, migratorie di paesi e gente lontana.


Nessun muro, può fermare il contagio epidemico o climatico tra paesi diversi, nessuna barriera nazionalistica, può frenare l’intreccio della diffusione dei loro effetti, che coinvolgono tutti.

In questo scenario si colloca l'azione delle sardine contro l’inquinamento, il riscaldamento della terra, la desertificazione, il degrado ambientale del pianeta, che non sono una disgrazia discesa dal cielo, colpa del destino cinico e baro, ma disgrazie coscientemente volute, per alleggerire i bilanci dai costi ecologici, in nome del dio profitto. Una divinità crudele e implacabile, che non si ferma di fronte a niente, che giustifica tutto, la violazione colposa delle norme ambientali, ma anche quella dolosa, la morte di esseri umani innocenti, oltre quella di un intero pianeta. Le sardine devono con la loro lotta con le manifestazioni di piazza, con interventi sui media, creare le condizioni politiche perche i partiti adottino i provvedimenti necessari ed urgenti contro l’inquinamento, la desertificazione, il degrado ambientale le cui problematiche si ripercuotono su tutti i paesi, in termini economici e di sicurezza. Sono calamità che danneggiano tutti, ma soprattutto i più poveri, costretti, per sopravvivere, all’emigrazione, anomalie che da anni, procedono incessanti, veloci, progressive, devastanti, e colpiscono non solo la salute ma anche l’economia dei paesi, e coinvolgono sempre più persone e diritti sempre più importanti. Non solo il diritto alla vita, ma anche diritti sociali e politici, con responsabilità sempre più gravi, ieri colpose, oggi anche dolose.

Si allarga il divario tra paesi e persone ricche e paesi e persone povere.

 Ci sono colpevoli, ci sono vittime, ci sono carnefici, ma tutto viene scaricato, attraverso mass-media compiacenti e nel silenzio colpevole delle forze democratiche, sulle spalle dei cittadini. Al punto che il degrado ambientale non appare come il prodotto della violazione dolosa degli industriali, della superficialità dei controlli politici, ma della testardaggine di qualche amientalista che si ostina a chiedere interventi e cooperazione tra gli stati.

 Possono le istituzioni politiche italiane ed europee, garantire l’abbattimento integrale del tasso di mortalità e di morbilità, le divaricazioni socio economiche ad esse connesse? Perché questo è il nocciolo del problema, la salute e i diritti di tutti e non prescrizioni normative per più bassi tassi di diossina, giacché a nulla vale un minor tasso di inquinamento, se esso non scongiura morti e malattie, e divaricazioni socio economiche.

In questa situazione così intrecciata, interconnessa e fragile, contrassegnata da risorse insufficienti, dall'assenza di un piano di bonifica, da nuovi criteri di controllo, esistono poche cose certe: la violazione reiterata delle norme ambientali e i fatti corruttivi connessi, un investimento degli stati minimo rispetto ai bisogni, l’inesistenza di un piano europeo di risanamento ambientale, accompagnata dall indisponibilità politica e societaria a cambiare rotta. 

E’ mancata ieri la volontà di coniugare ambiente salute, lavoro, economia uguaglianza, solidarietà e manca ancora oggi.

E allora la risposta ai cambiamenti climatici, al degrado ambientale, non può essere il nazionalismo che genera divisioni, ma neppure la globalizzazione liberista incontrollata e non regolata. E’ necessaria un’azione politica per orientare il sistema mondiale, verso un’economia globale sostenibile ed equa.

La risposta sta nel rafforzamento della cooperazione internazionale, e non nel rafforzamento delle divisioni nazionalistiche. Perché il modello di sviluppo sostenibile o è ‘global’ o non lo è.

 

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