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Il programma del Terzo Polo: a coperture coperte

Il cartello elettorale di Calenda e Renzi punta alla produttività ma lascia all'immaginazione degli elettori il finanziamento del robusto aumento di spesa pubblica e alleggerimenti fiscali

Nelle settimane scorse ho commentato il programma elettorale della defunta alleanza tra Azione e +Europa, con particolare riferimento agli aspetti economici. Ora provo a fare lo stesso per la piattaforma dell’alleanza tra Azione e Italia Viva. Anche in questo caso, limiterò le mie osservazioni all’ambito di politica economica e fiscale. Sono 68 pagine di documento, leggetelo se interessati a tutto il contenuto. Lo metto in calce al post.

Rispetto al programma comune con +Europa, noto che è sparito il punto, invero piuttosto nebbioso, relativo alla non meglio identificata “tassazione delle attività digitali”. Forse è meglio così, visto che i conti non tornavano se non mettendo mano alla revisione di spesa pubblica, il backup e il jolly di cui i politici si servono ampiamente, almeno a livello di fiction.

ACCRESCERE LA DIMENSIONE D’IMPRESA

Il programma del Terzo Polo si innesta in larga parte sul quadro degli investimenti del PNRR, con ulteriori obiettivi strategici. Tra essi, partendo dalla constatazione della desolante non-crescita della produttività, c’è lo sviluppo dimensionale delle imprese. Da ottenere con eliminazione “dei più pesanti vincoli burocratici in materia di lavoro” (forse sarebbe meglio esplicitare per evitare maliziosi fraintendimenti), ma anche con defiscalizzazioni modulate sulla dimensione e crediti d’imposta per le piccole e medie imprese che decidono di quotarsi.

C’è poi un capitolo di entusiastici elogi per “le piccole e micro-imprese artigiane“, che “sono i luoghi dei talenti italiani, dove spesso si originano le esperienze del Made in Italy maggiormente di successo”. Quindi nel programma pare esservi una sacrosanta spinta alla crescita dimensionale d’impresa ma anche la tutela del talento creativo delle micro-imprese.

Non è chiarissimo, a dirla tutta. Almeno a me. Poi, se ci sono micro-imprese che restando tali primeggiano su scala internazionale, meglio ancora. Restando consapevoli che l’investimento in ricerca e sviluppo e la sostenibilità della relativa spesa sono legati alla dimensione. A meno di promettere contributi pubblici agevolati o a fondo perduto per sopperire al problema dimensionale.

SUPERARE DISTORSIONI FISCALI SENZA CREARNE DI NUOVE

A livello fiscale, c’è un ponte per oltrepassare il tetto alla crescita dimensionale imposto dalla flat tax sugli autonomi con ricavi sino a 65 mila euro annui:

Proponiamo di realizzare, per chi supera questa soglia, uno scivolo biennale di tassazione agevolata che accompagni gradualmente l’ingresso alla tassazione ordinaria Irpef.

Meritevole tentativo di ridurre gli ostacoli alla crescita dimensionale e le distorsioni fiscali alla medesima. Non so quanto efficace, però, visto che in un biennio l’impatto di rientro a tassazione ordinaria partendo dalla cedolare secca del 15% non è esattamente “attenuato”.

Nello stesso solco, quello di agevolare la crescita dimensionale, è proposta la detassazione completa dall’Ires, l’imposta sul reddito delle società, per gli utili non distribuiti. Attenzione, però. Se un’azienda non trova opportunità di investimento, restituire il capitale ai soci è la scelta più razionale e collettivamente efficiente. Con questa proposta, invece, si crea il rischio che l’azienda metta gli utili in titoli di stato, per abbattere la tassazione. Non un grande servizio alla efficiente allocazione del capitale nell’economia.

Le novità maggiori riguardano la tassazione delle persone fisiche (Irpef). Si propone una No Tax area pari al minimo vitale, quindi da aggiornare periodicamente. Viene creato un cashback fiscale dove alcune spese, effettuate in modo tracciabile, vengono riaccreditate sul conto dopo breve tempo anziché in sede di dichiarazione annuale dei redditi. Qui mi pare che la primogenitura sia grillina.

Resta il punto di fondo: non sarebbe meglio disboscare le tax expenditures e ridurre le aliquote nominali grazie al recupero di gettito così indotto? Lo so, sono un patetico sognatore: le tax expenditures sono un “diritto acquisito”.

Purtroppo, sempre riguardo all’Irpef, pare che Carlo Calenda si sia portato dietro la bislacca proposta di esenzione totale sino al compimento dei 25 anni e dimezzata sino al trentesimo compleanno. Circostanza che renderebbe piuttosto tristi queste due ricorrenze. Vabbè.

SALARIO MINIMO E IMPOSTA NEGATIVA

Interessante, all’incrocio tra lavoro e fisco, il trattamento salariale minimo. Che diviene quello dei contratti maggiormente rappresentativi ma senza un minimo orario erga omnes. Per contrastare le situazioni di povertà lavorativa, viene proposta l’imposta negativa sul reddito per quanti guadagnano meno del minimo vitale. Che, tra le altre cose, sono anche incapienti strutturali, e in tal modo si risolve questo problema e quello dei cosiddetti in-work benefit.

Sempre riguardo al fisco, ci sono due proposte non male. In primo luogo, per il risparmio previdenziale integrativo, limitare la tassazione al momento di erogazione della prestazione finale, sia essa rendita o capitale, in linea con quanto accade in altri paesi e con l’ovvio obiettivo di sfruttare la “magia” della capitalizzazione composta. Quindi niente tassazione dei proventi incassati dal fondo previdenziale né dei risultati di gestione annuali. Commento da guastafeste: misura assai auspicabile che tuttavia avrebbe costo rilevante. Le coperture?

Altra proposta relativa alla tassazione del risparmio è quella dell’unificazione delle categorie di “redditi di capitale” e “redditi diversi di natura finanziaria”, per agevolare le compensazioni. Esempio che alcuni tra voi capiranno al volo: poter compensare le minusvalenze realizzate su azioni e obbligazioni con plusvalenze realizzate su Etf. Oggi non si può. Misura di civiltà fiscale contro le prassi da stato treccartaro ma, anche qui, con un costo non lieve. E coperture non indicate, mi sembra.

REDDITO DI CITTADINANZA RIFORMATO

Sulla vexata quaestio del reddito di cittadinanza, se ne propone la revoca al primo rifiuto di offerta congrua (che tuttavia andrà ridefinita, viste le criticità), si coinvolgono le agenzie private di collocamento e si mette un limite temporale di due anni per trovare lavoro, dopo di che il soggetto viene preso in carico dai servizi sociali comunali, con assegno tagliato di “almeno un terzo”.

Presumo che questo passaggio certifichi la inoccupabilità del beneficiario, che deve quindi essere assistito per altre vie. È positivo, ma non serviva grande intuito, che il programma prenda atto della commistione fallita tra politiche attive del lavoro e politiche sociali. Lo sappiamo da sempre e da subito.

Più naïf, mi pare, che si denuncino le “iniquità” della struttura del sussidio “a danno delle famiglie numerose e a coloro che vivono nelle grandi aree urbane”. Perché naïf? Perché per rimuovere le iniquità della scala parametrale familiare sappiamo da sempre che servono soldi, molti soldi. Quanto al costo della vita, non riguarda in primo luogo “le grandi aree urbane” ma Nord e Sud. Coraggio, non è difficile, anche se bisogna evitare di irritare il proprio elettorato meridionale.

LE GRANDI SPESE

Veniamo ai grandi capitoli di spesa. Qui, come potete immaginare, è un crescendo rossiniano. Medicina territoriale, servizi sociali, assistenza primaria, prevenzione, piano straordinario per le liste d’attesa, sono alcuni dei punti del capitolo salute. Tempo pieno per tutti, bisogni educativi speciali, piano straordinario decennale di riqualificazione edilizia scolastica, supporto ai fuori sede, aumento delle spese di ricerca sono quelle per scuola e università. In entrambi i grandi capitoli di spesa, l’estensione dell’area di intervento è prevista attraverso integrazione con offerta privata e standard pubblici.

Per le università, per schivare accuse di essere sostenitori della bieca “privatizzazione” ma al contempo per certificare che gli atenei sono “realtà di mercato” e quindi operano in regime di concorrenza e devono quindi essere liberate dalla “asfissiante burocrazia”, ne viene proposta la trasformazione in fondazioni di diritto privato e capitale “orgogliosamente pubblico”.

Ho sempre qualche dubbio sulle mitologiche creature chiamate centauri, ma posso sbagliarmi. Vorrei solo fare una domanda: che accadrebbe agli atenei che perdono la “sfida competitiva” ed entrano in una sorta di spirale mortale fatta di caduta di introiti e stigma negativo? Il ripianamento pubblico del capitale “orgogliosamente” tale? Il licenziamento del corpo docente? Altro? Parlare di regime privatistico per aggirare le “pastoie burocratiche”, che tuttavia hanno anche funzione “garantista” dell’imparzialità dell’entità pubblica, è un discorso; se invece parliamo di regime privatistico a fini competitivi, allora dovremmo essere consapevoli che non esiste competizione senza sanzione: quella del mercato.

A parte ciò, per le spese sanitarie e di istruzione e ricerca, oltre a quelle per lo sviluppo del Mezzogiorno, ecco che torna la formula magica dell’adeguamento alla “media europea”, analogamente a quanto visto per il programma del Partito democratico. Ok.

CARINO, QUANTO COSTA?

Giunti sin qui, che dire? Per quanto mi riguarda, che ci sono alcuni spunti interessanti (imposta negativa sul reddito da raccordare con gli in-work benefit), altri bislacchi e distorsivi (beneficio fiscale anagrafico che causa stratosferiche aliquote marginali effettive) ma, soprattutto, che dietro le proposte c’è un ovvio e imponente aumento di spesa pubblica, e che non sono indicate neppure per vaghezza le relative coperture. A meno di non credere che verranno tutte dalla digitalizzazione dei controlli fiscali. O dalla crescita che partoriranno.

Ma forse questa omissione è un po’ come i finali aperti e alternativi di alcuni film. Ognuno può farsi il proprio.

P.S. Mi vien fatto notare che l’ultima pagina del programma conterrebbe le coperture. Sotto forma di “recupero di evasione fiscale” e l’altro grande topos della politica, i costi standard sugli acquisti di beni intermedi. Forse sarebbe stato più serio lasciare la prima riga del preambolo a quella pagina: “Nessun programma elettorale contiene mai le coperture”.

  • Aggiornamento: Luigi Marattin spiega che non c’è rischio elusivo sull’Ires, e che il vincolo di destinazione del recupero del tax gap alla riduzione della pressione fiscale è reale e non solo auspicato, essendo misurato ex post, cioè su dati effettivamente conseguiti. Non metto in dubbio le buone intenzioni ma l’eventuale riduzione “obbligata” di imposte, di grandezza aleatoria, non serve comunque a coprire la mole di programmi di spesa previsti.
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