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Il piano Juncker: si volta pagina in Europa?

Il presidente della Commissione Europea presenta al Parlamento europeo un piano di 315 miliardi di investimenti, che mira ad incrementare la crescita economica europea dell’1% ogni anno per i prossimi tre anni e a creare un milione di posti di lavoro, senza aggiungere debito pubblico. Un piano, assicura Juncker, che coniuga rigore e crescita, congegnato nel rispetto delle regole di bilancio europee.

E una questione di credibilità, dice Juncker. Appunto, è una questione di credibilità, quella che investe l’iniziativa della Commissione.

E’ un piano non credibile, prodotto da un'Europa non credibile, governata da soggetti non credibili. Un'Europa che tollera e favorisce la presenza su proprio territorio di diversi paradisi fiscali e mantiene al loro posto soggetti indagati per evasione. In questo contesto Juncker, presidente della Commissione Europea presenta al Parlamento Europeo un piano di 315 miliardi di investimenti per i prossimi tre anni e assicura che si volta pagina. Ma non si volta pagina, si recupera un ritardo, si cerca di scongiurare la stagnazione o la deflazione che incombe sull’Europa. Il nostro continente ha un ritardo negli investimenti risalente alla crisi finanziaria del 2008. Si tratta di un mini piano, perché 315 miliardi attivati sono una goccia nel mare dell’economia europea. E’ un piano senza sicurezze, che fa troppo affidamento sull’effetto leva. I miliardi disponibili sono 21. Si tratta di una garanzia UE cash per 8 miliardi, a cui si aggiunge un impegno per altri 8 e un contributo BEI (Banca Europea degli Investimenti) di 5 miliardi. Un euro pubblico, dovrebbe generare 15 euro di investimenti privati. Per questo la ripresa è un ‘incognita, anche se fondi pubblici fanno da cuscinetto, contro eventuali perdite iniziali degli investimenti privati.

Saranno privilegiati progetti infrastrutturali, reti energetiche, telecomunicazioni e trasporti. Ma in quale politica economica europea si collocano, in quale processo di unificazione dei mercati?

In conclusione, un piano senza credibilità, inadeguato rispetto alle necessità, pieno di incognite, che sposta il rischio dell’investimento dai privati ai contribuenti europei.

Foto: Wikimedia.

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