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’Il mondo cambia’ a cominciare da Obama

Considerazioni dall’Italia sulla nuova leadership mondiale.

La vittoria di Obama è realtà. Il risultato delle presidenziali americane ha già scatenato euforia in tutto il mondo. Anche in Italia la febbre comincia a farsi sentire. E si registrano le prime corse sotto l’ombrello del leader afroamericano. A Roma ieri sono apparsi alcuni manifesti del PD nostrano con la foto di Obama e lo slogan ‘Il mondo cambia’, colorandosi di ‘democratico’ si intende. E da parte degli esponenti del partito di Veltroni si muovono anche i primi distinguo.

Da una parte i veltroniani che sembrano volersi tirare addosso la vittoria di Obama, quasi rivendicando con essa la limpidezza della loro scelta originaria. Dall’altra dalemiani e rutelliani che invitano alla prudenza, raccomandando calma e sangue freddo. Qualcuno ha cominciato anche a tirare fuori sondaggi che darebbero in calo il consenso registrato dal governo Berlusconi. Una reazione che infastidisce, almeno me personalmente.

Due considerazioni sembrano necessarie in proposito. Con un cappello generale. Questo tipo di argomenti dimostra l’inconsistenza del dibattito culturale attualmente in corso all’interno del Partito Democratico italiano. Non sono i sondaggi o l’onda lunga delle vittoria statunitense i vettori che possono far uscire dalla ‘palude’ il partito di Veltroni. Nello stesso tempo nel nuovo partito di centro-sinistra il dibattito stenta a decollare, fin tanto da mettere a dura prova l’idea di ‘nuovo’ che su di esso saremmo portati a formulare.

La storia di Obama racconta di un catalizzarsi di forze attorno alla sua figura, perfetta icona del ‘yes we can’ americano. Dietro di lui c’è tutta la forza e tutta la spinta del grande sogno americano. C’è anche ovviamente tutte una simbologia non trascurabile in grado di farne veramente l’uomo del cambiamento. E’ questa la principale chiave del successo di Barack. Ha saputo utilizzare i mezzi di comunicazione di ultima generazione raccontando con essi una storia che comunque parla da sola.

Salire sul carro del vincitore assumendone virtù e capacità è fin troppo facile, ma è ben altra cosa ciò che serve al paese. Dall’inizio dell’estate in Italia si registra una paurosa assenza di contenuti nei discorsi del partito di opposizione. La genesi del partito è ancora in corso ma procrastinare eccessivamente a lungo questa fase costituente rischia di svuotarne la pancia di contenuti. E’ invece nel confronto dialettico l’unica soluzione per uscire da questa fase di difficoltà del nuovo soggetto politico.

Assumere la partita americana come banco di prova. Allacciare con il partito democratico di oltreoceano un dialogo serrato. Queste possono rivelarsi due buone pratiche per ricostruire la fibra del maggior partito di centro-sinistra della politica italiana. Penso sia veramente solo questa l’unica cosa da fare guardando alla vittoria di Obama. Con umiltà riconoscerne lo spessore culturale e carismatico, cominciando a costruire percorsi che portino anche il nostro PD a darsi un’identità su cui gli elettori saranno chiamati a pronunciarsi.

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